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                    guerra Sembrava che la guerra stesse ormai perdendo, 
                    nella civiltà occidentale del terzo millennio dopo Cristo, 
                    il ruolo di strumento di confronto atto a far prevalere una 
                    parte, una nazione, un sistema di interessi su altri.       
                    Ma la società occidentale (che è altra cosa rispetto alla civiltà) 
                    non è, evidentemente, tutta di questo parere. Mai come questa volta, anche gli Italiani, che 
                    la guerra non l'hanno mai vissuta (e sono ormai 
                    moltissimi), l'hanno sentita vicina.
 Su questo foglio non pretendiamo di condurre 
                    analisi, trarre conclusioni e pronunciare giudizi, ma vogliamo 
                    testimoniare lo sgomento che la guerra, questa guerra, insinua 
                    in tutti gli esseri umani di tutto il mondo. Non vi è nazione 
                    europea, americana, asiatica o africana che non si trovi 
                    nelle condizioni di dover prendere una posizione nei suoi 
                    confronti. Ed accade di leggere, 
                    sulla stampa nazionale ed internazionale, che parti considerevoli 
                    e, a volte, maggioritarie dei popoli di numerose nazioni sono 
                    in chiaro e manifesto contrasto con la volontà e con le azioni 
                    dei loro governi.
 Questa non è una guerra tra nazioni o tra civiltà. 
                    E' una guerra tra due modelli di società con i relativi interessi.
 Stati Uniti d'America e Inghilterra non sembrano aver dichiarato la guerra per mire espansionistiche 
                    (almeno nel senso tradizionale di estensione del territorio 
                    sottoposto al governo di uno stato) e, tanto meno, per difendersi 
                    da un'effettiva aggressione da parte dell'Iraq.
 L'attentato dell'11 
                    settembre alle torri gemelle di New York è stato un atto terroristico. 
                    O, se si vuole, un nuovo modo di aggredire una nazione da parte di 
                    un'organizzazione terroristica trasversale, non collegata 
                    ad uno o a pochi stati islamici ben identificabili. 
                    Né sembra sostenibile che la sconfitta 
                    dell'Iraq possa indebolire più di tanto il terrorismo islamico. 
                    Ed allora la cosiddetta "guerra preventiva" contro un solo 
                    stato rischia di "dover essere" estesa a tutti gli altri stati 
                    arabi cui possano attribuirsi responsabilità nel sostegno dato al terrorismo 
                    islamico.
 Si è anche letto che la guerra sarebbe stata 
                    dichiarata per abbattere il regime di Saddam 
                    Hussein, un tiranno accusato di genocidio nei confronti di altre nazioni ed etnie e di oppressione e crudeltà nei confronti 
                    del suo stesso popolo. Forse però, per annientare un tiranno 
                    (quanti i casi nella storia del passato recente o remoto) 
                    non era necessario bombardare le popolazioni inermi di 
                    intere città.
 Gli effetti della guerra dureranno a lungo, 
                    non solo tra orientali ed occidentali, ma anche tra gli stessi 
                    stati occidentali ed al loro interno, mentre in tutti i paesi 
                    islamici rischierà di crescere la tensione delle popolazioni..
 Ben presto anche noi percepiremo gli effetti 
                    della guerra, a cominciare dall'aspetto economico. Ci hanno 
                    già fatto sapere che un aumento del prezzo del petrolio di 
                    10 dollari al barile, produrrà in Italia un incremento del 
                    38% dei costi energetici (riscaldamento, elettricità). In 
                    Francia (guarda caso) gli stessi costi cresceranno solo del 
                    2% ed in Germania del 10%.
 Mentre "Il Ponte" sta per essere stampato, le 
                    forze anglo-americane hanno occupato 
                    la città di Bagdad, ma i combattimenti proseguono in altre zone del Paese. 
                    C'è da sperare che la guerra finisca presto e che altrettanto 
                    presto si metta mano alla ricostruzione, per ciò che è possibile, 
                    di quanto è stato distrutto. La vita ai morti, purtroppo, 
                    nessuno potrà restituirla.
 Ma, alla fine di questo conflitto, tutti dovremo interrogarci sulle vere cause che lo hanno scatenato. 
                    E qualcuno, a tutti, queste risposte sincere 
                    le dovrà dare.
 Solo così, in futuro potranno essere rimosse 
                    in anticipo le cause di nuovi scontri, di nuovi conflitti 
                    e di tante immense sofferenze.
 Se questa volta la ragione di guerra può essere stato il controllo dei pozzi di petrolio, non vorremmo 
                    che nel prossimo futuro si debba combattere per la disponibilità 
                    di un bene ancora più importante.
 L'acqua, che un tempo era 
                    considerata un bene non economico, mentre già oggi 
                    è un bene scarso per un terzo della popolazione mondiale, 
                    dovrebbe essere dichiarata un bene sovraeconomico, un patrimonio dell'umanità ed il suo uso un 
                    diritto per ogni vivente.     
                    Facciamo in modo che non ci debba mai essere una guerra 
                    per l'acqua. Facciamo anche in modo che tutte le risorse e 
                    le energie dei cittadini del mondo siano rivolte a costruire 
                    la pace e non ad imporre la pace con la guerra.
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