Un anno di mandato amministrativo è troppo poco per tracciare un bilancio dell’esperienza di un sindaco e di una giunta. Nell’intervista che riportiamo su questo numero a Cristiano Devecchi ci siamo limitati a segnalare alcuni dei problemi aperti - chiedendo al primo cittadino come intende risolverli - e a fare il punto relativamente alle promesse della campagna elettorale che, come sempre accade, non trovano mai pieno compimento nell’attività amministrativa che segue al voto. Questo perché in campagna elettorale si tende a essere sempre generosi negli annunci per accaparrarsi i voti e perché, una volta eletti, tutti, ma proprio tutti, si trovano a dover fare i conti con una macchina amministrativa che richiede tempi lunghi per l’esecuzione di talune opere e di interventi. È l’effetto della burocrazia, che certamente fa infuriare perché non ci permette di avere risposte fulminee a problemi reali, ma al tempo stesso protegge il cittadino dall’arbitrarietà di chi lo amministra ponendo regole e paletti di condotta.
Proprio in ragione di questa premessa, un vero bilancio dell’amministrazione Devecchi potrà essere redatto più avanti. Per ora, ci limitiamo a due aspetti che crediamo siano meritevoli di attenzione e di condivisione.
Il primo riguarda il degrado e il senso di insicurezza e di impunità che si percepiscono a Sant’Angelo, soprattutto in alcune zone. Tutti i candidati sindaci nella primavera avevano garantito impegno su questo fronte, ognuno con proprie ricette. Devecchi aveva portato a Sant’Angelo Nicola Molteni, il sottosegretario agli Interni, compagno di partito, lasciando intendere che un cambio di passo sarebbe stato possibile con un più stretto rapporto con le istituzioni preposte a tutelare i cittadini. In quest’ultimo anno è sostanzialmente cambiato qualcosa? No, il contesto resta il medesimo, purtroppo per tutti assai critico. Devecchi nell’intervista giustamente rivendica i primi passi - pensiamo ai controlli sulle abitazioni e sulle ospitalità (ci chiediamo però perché prima non siano stati fatti o quantomeno pubblicizzati, perché sono un deterrente efficace) - ma è lampante che il Comune da solo non è in grado di intervenire su una situazione, pensiamo solo al contesto di illegalità diffuso delle case Gescal - che è stata da troppo tempo trascurata dalle autorità preposte alla pubblica sicurezza. Altro discorso riguarda il decoro urbano e il degrado: in questo caso la competenza primaria è dell’amministrazione comunale, chiamata a fare di più nei prossimi quattro anni e se necessario a essere inflessibile, attraverso la polizia locale, nell’interesse dei santangiolini onesti e corretti.
Nei prossimi due anni poi - e arriviamo al secondo punto della nostra riflessione - l’amministrazione comunale dovrà mettere mano al Piano di governo del territorio per adeguarlo al nuovo Piano territoriale di coordinamento provinciale. Sarà l’occasione per disegnare il futuro sviluppo urbanistico e sociale di Sant’Angelo che certamente, pensiamo alla costruzione del nuovo asilo nido, si candida a essere polo attrattivo. Speriamo si riesca a invertire quella pericolosa tendenza che ha visto molte giovani famiglie santangioline con figli emigrare verso paesi del circondario per svariate ragioni. La popolazione di Sant’Angelo negli anni è cresciuta, ma prevalentemente per effetto dell’arrivo di cittadini extracomunitari, il cui percorso di integrazione in molti casi è ancora di là dal dirsi completato.
Nei prossimi anni la nostra città crescerà verso Sud, cioè verso la zona dell’ospedale, della Pedrinetta, della piscina, del cimitero e della Ranera, con interventi urbanistici già sulla carta che porteranno nuove abitazioni certamente a prezzi non calmierati e nuovi insediamenti commerciali. Già oggi questo sta avvenendo e in questa porzione di città si stanno concentrando quasi esclusivamente italiani, per effetto anche dei costi del mattone. Il rischio, se non si interverrà seriamente con il Pgt, sarà quello di avere una città sempre più lunga, da San Rocco alla Ranera, ma sempre più divisa, con un centro storico che si spopola e che rischia di essere sempre più esposto al degrado. La sfida invece è quella di riuscire a tenere unito il contesto urbano, evitando di esacerbare fratture. E dunque sarà necessario spingere sul recupero degli immobili dismessi o di quelli più vetusti, ad esempio con incentivi che le amministrazioni comunali possono mettere in campo. In questo caso si otterranno due benefici: uno immobiliare, perché alcune zone che rischiano di degradarsi acquisteranno nuovo valore e nuova vitalità, e uno sociale, perché una città estesa e spaccata a metà, con tante sacche di degrado, è una città da cui i cittadini tendono a scappare e non certo una realtà attrattiva.