Vogliamo sempre più alberi

di Cristoforo Vecchietti


C’è un argomento che inesorabilmente ad ogni stagione torna a riproporsi agli ambientalisti. Il taglio di filari di alberi, o di singoli esemplari, collocati nei nostri paesi del Lodigiano. So per segnalazioni dirette o attraverso la stampa locale che questo fenomeno si ripropone pressoché identico in tutti i comuni.
L’ultimo episodio santangiolino è stato il taglio del filare di aceri di via Diaz. Come al solito si è arrivati alle estreme conseguenze per svariati motivi: malattie degli alberi (motivazione frequente) e radici che finivano per danneggiare le infrastrutture sotterranee. La prima esperienza giovanile che ricordo fu il taglio degli alberi di via Morzenti contro cui mi schierai senza successo, poi ne seguirono tante altre. L’esperienza è sempre stata, a Sant’Angelo o altrove, quella della frustrazione di non ottenere alcun risultato. Quando gli alberi sono pubblici gli enti sono sempre in grado di mostrare documenti che provino la pericolosità della situazione.
Qui si aprono molteplici discorsi perché da un lato abbiamo la necessità di preservare, conservare e moltiplicare gli alberi (Stefano Mancuso il 10 agosto 2021 su La Repubblica ha parlato della necessità di mille miliardi di alberi in più nel mondo per salvare la terra dalla catastrofe dei cambiamenti climatici), dall’altro abbiamo il problema di fare convivere alberi e struttura urbana. Capisco e condivido quindi l’emozione di chi raccoglie firme e organizza proteste, ma forse, con un po’ di razionalità, si potrebbe evitare tutto questo e potremmo avere più alberi. Così in questo articolo farò lo sforzo di proporre un approccio alternativo.
A Milano, ma in tutta la Lombardia, esiste un censimento dei grandi alberi. Stranamente e curiosamente non vi è indicato un albero in tutto il Lodigiano ( è un’anomalia che andrebbe approfondita). È già un modo per fare ordine e catalogare l’esistente. Questo documento mi ha dato un suggerimento.
Ogni comune potrebbe stilare una lista degli alberi intoccabili, alberi da preservare e curare nel tempo. Non sto parlando dei patriarchi, dei vecchi alberi nazionali, ma di alberi che per un qualche motivo la comunità vuol far diventare tali (naturalmente potrebbero essere anche parchi o parchetti o filari). Non spetta a me fare questo elenco a Sant’Angelo Lodigiano. Forse i lettori stessi potranno contribuire. A me vengono in mente alcuni alberi del boschetto Wwf, ma certamente ce ne saranno altri. Non so cosa sia rimasto nel parco di villa Cortese dove vi erano splendidi esemplari di ippocastano ed un bellissimo cedro del Libano. Ed in ogni caso si potrebbero individuare ed anche piantare esemplari ancora giovani da preservare, per avviarli ad un lungo futuro. Questi diventerebbero aree verdi simbolo, in paese, da curare con ogni mezzo e garantendogli lo spazio per crescere.
Poi potremmo avere una seconda categoria di verde, certo da tutelare e curare in ogni modo, ma sapendo che, essendo inserito nel tessuto urbano potrà essere tagliato, spostato, sostituito. Ad esempio un filare di tigli posto in una via di Sant’Angelo non potrà andare (per le dimensioni stesse che raggiungeranno le piante) oltre un certo numero di anni. Perché non dire allora: “questo filare potrà durare 50 anni, poi si dovrà intervenire”.
Sarebbe già un passo avanti. Elimineremmo tanti scontri e definiremmo in ogni caso gli alberi che non vorremmo mai tagliare e che quindi saranno da curare con perizia.
Questo eviterebbe anche di portare a pensare a tutto il verde come pericoloso eliminandolo integralmente.
Ancor più indispensabile sarebbe definire aree di rimboschimento per allargare il più possibile il patrimonio verde della nostra terra. Questo è urgente. Aree comunali, in prossimità del paese, da lasciare a bosco.
La cosa certa è che se vogliamo fare del bene al pianeta la strada è quella di piantare e non certo quella di tagliare.


 

IL PONTE - foglio dinformazione locale di SantAngelo Lodigiano