Un disegno cinquecentesco sulle fortificazioni del nostro borgo e il castello
Il castello e il ricetto cinto dalle mura spagnole, in una carta militare attribuita al Duca d’Urbino

di Antonio Saletta

Sulla Battaglia di Pavia, combattuta il 24 febbraio 1525 tra l’esercito francese e l’ar-mata imperiale costituita da spagnoli e tedeschi, “Il Ponte” - nel numero del settembre 2011 - ha pubblicato un approfondito saggio di Veronica Paolini, cui rimandiamo i lettori.
Quella Battaglia ha scritto un’importante pagina storica nella quale anche il nostro castello, sotto l’aspetto militare, ha avuto un ruolo strategicamente importante: ne è prova la lunga contesa tra francesi e spagnoli per la sua conquista.
Nelle vicende che portarono alla Battaglia di Pavia, la roccaforte santangiolina diventa, infatti, passaggio obbligato per l’esercito spagnolo che vuole raggiungere e sottomettere Pavia: il castello di Sant’Angelo, collocato a metà del tragitto fra Milano, Pavia e Lodi, alla confluenza dei due rami del Lambro, si trova, infatti, in una posizione rilevante all’interno del Ducato di Milano.
In un recente volume a firma di Fabrizio Guerrini e Roberto Lodigiani, dal titolo ”Vincitori e Vinti. Storia delle battaglie pavesi dall’antica Roma al XX secolo” (Primiceri Editore), è evidenziata l’importanza di Sant’Angelo nella preparazione dell’assalto. Guerrini, autore del capitolo “Francia e Impero”, cattura l’attenzione del lettore con un resoconto che affonda le radici in fatti realmente accaduti, redatto con una prosa frizzante e accattivante.

Purtroppo non ci sono mappe o documenti che illustrino l’assetto del nostro maniero negli anni in cui avvenne la Battaglia di Pavia, eccezion fatta per un disegno del castello di Sant’Angelo conservato nell’Archivio di Stato di Milano (Fondo autografi-Piazzeforti, cart. 229 - Fascicolo 20 = S. Angelo Lodigiano. Non datato, post 1525) .
Il disegno si riferisce al periodo storico di cui ci stiamo occupando. Si evince dalle due note a margine dello schizzo che citano Fernando Francesco d’Avalos, marchese di Pescara, che nella battaglia di Pavia fece prigioniero Francesco I° Re di Francia, e il Duca d’Urbino Francesco Maria I° Della Rovere, alleato del Re di Francia.
Nel gennaio 1525, nelle fasi che precedettero la battaglia finale, il Marchese di Pescara attaccò e conquistò il castello di Sant’Angelo difeso invece da Pirro Gonzaga, marchese di Gazzuolo e signore di Sabbioneta, al servizio del Re di Francia. Lo storico Paolo Giovio scrisse che l’attacco iniziò col bombardamento delle artiglierie alla torre quadra.
Conquistata la roccaforte santangiolina, ultimo baluardo, lanzichenecchi tedeschi e spagnoli passarono per Villanterio raggiungendo e conquistando la città di Pavia ormai allo stremo delle forze per il lungo assedio.

Il castello e le mura fortificate del borgo

Nel disegno il castello appare come un quadrato; all’angolo di sud-est è disegnato il punto in cui si trova la torre mastra inserita all’interno del castello (ora la torre si trova all’esterno). Negli altri tre angoli si evidenziano torri più piccole.
Il castello è posto sulla riva del fiume Lambro, attraversato da due ponti, uno più a monte, sull’angolo occidentale del castello, l’altro, il principale, più a valle, oltre l’angolo orientale, pressappoco nella stessa posizione in cui si trova oggi.
A proposito dell’angolo occidentale del ponte, è interessante ricordare le osservazioni dell’architetto Giovanni Campus, a margine di un’indagine storica sul castello: «Un’indicazione, quella dello schizzo, che potrebbe dare un senso a un fatto mai chiarito. La torre dell’angolo nord occidentale non risulta oggi parallela ai lati del castello ma ruotata in modo tale da tenere un lato in asse col guado citato. Su questo lato vi sono ancora le tracce di un ponte levatoio collocato all’altezza della corte. La distanza della torre dal guado è tale da lasciar supporre l’esistenza di un terrapieno, che potesse essere utilizzato come un percorso secondario, allestito per accedere alla rocca».
Storicamente, le prime mura di Sant’Angelo risalgono alla seconda metà del 1300, in pieno periodo visconteo. Nel XVI secolo, durante la dominazione spagnola, le stesse furono ricostruite e adattate alle nuove armi da fuoco; sono queste le fortificazioni del nostro borgo di cui il Duca d’Urbino traccia il percorso.
Nel disegno, adiacente al lato meridionale del castello si trova un grande spazio rettangolare completamente recintato che si estende verso levante con i lati più lunghi per una lunghezza pari a circa una volta e mezzo quella del castello; la strada che saliva dal ponte non seguiva un percorso rettilineo, come ora, ma deviava verso levante, lungo le mura del ricetto.
Lungo il perimetro di questo recinto si trovano, partendo dal castello in senso orario, una porta, detta “porta aperta”, posta sul lato settentrionale, presso l’ingresso del castello; una fortificazione, all’angolo di nord-est, detta “bastione novo”, all’esterno della quale una scritta recita: fue preso per il signor Duca de Urbino; una torretta a metà del lato orientale; una torre grande, all’angolo sud-orientale, dove sta scritto: torre da fare uno cavalliero; una porta, a metà del lato meridionale, detta “porta serata”; una costruzione all’esterno dell’angolo sud-occidentale, detta “casa matta”, all’esterno della quale una scritta dice fue preso per il quondam signor Marchese Pescara; una costruzione a metà del lato occidentale detta “casa de Corsino”.
La difficile lettura di questo documento è stata resa più agevole dalle note, condivise sulla rete, di un professionista lodigiano. La curiosità storica ci ha spinto a illustrare fotograficamente quanto è rimasto delle mura spagnole.
Abbiamo appreso che l’amministrazione comunale è orientata a riqualificare uno spazio adiacente al palazzo comunale, aderendo al bando regionale di rigenerazione urbana; tale progetto permetterebbe anche il consolidamento delle mura spagnole. Ci auguriamo che il progetto vada in porto, e ne saremmo lieti.

 

 






In alto, la torre grande all’angolo sud-orientale (chiamata “Girona”), nello schizzo citata come “torre da fare uno cavalliero” dizione di difficile interpretazione, si notano una parte delle mura. Sopra, sul lato meridionale, la torretta non indicata nel disegno, probabilmente in seguito aggiunta; al centro del lato meridionale è indicata la “porta serata” che immetteva nel ricetto (“la porta” dizione rimasta ancora oggi); nell’angolo sud-occidentale (angolo di piazza Caduti con piazza Vittorio Veneto) la “casa matta” un locale munito di cannoniere a difesa della località, la foto d’epoca evidenzia la scarpata della torre prima della demolizione. Dalla “casa matta” si prosegue sul lato occidentale con una costruzione detta “casa del Corsino”, è il lato chiamato “terraggio” terrapieno che sosteneva le mura. Nelle due foto sotto, la prima è la torretta posta a metà del lato orientale (oggi via Fratelli Cairoli), e la fortificazione all’angolo di nord-est detta “bastione novo” posta tra via Tonolli e via Fratelli Cairoli.