Santangiolini nei campi di lavoro di Hitler
Il dramma degli internati militari italiani e i riconoscimenti alla memoria per Antonio Belloni ed Emilio Pietro Rizzi

di Lorenzo Rinaldi

Dopo l’8 settembre 1943, data dell’armistizio, i militari italiani, abbandonati dai loro vertici, si trovarono di fronte a una scelta: aderire alla Repubblica di Salò, continuando dunque a combattere per il regime nazista oppure rifiutarsi, diventando a quel punto prigionieri di guerra. Numerosi militari italiani optarono per la seconda scelta e pertanto, nei giorni immediatamente successivi all’armistizio, le formazioni militari tedesche iniziarono a rastrellare i soldati italiani, destinandoli ai campi di lavoro (lager) in Germania. Non mancò poi chi decise, tra i militari italiani, di darsi alla macchia, aderendo alle formazioni partigiane che si stavano costituendo nel Nord Italia.
Inizialmente i militari italiani catturati e inviati in Germania dovevano essere considerati prigionieri di guerra; successivamente però i nazisti li considerarono internati militari, probabilmente per non doversi attenere alla convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra.
Si calcola che furono almeno 600mila gli internati militari italiani condotti nei lager tedeschi e destinati al lavoro coatto, in condizioni durissime, fino all’arrivo delle truppe alleate e sovietiche che, avanzando da ovest e da est occuparono e liberarono la Germania dal giogo nazista.
Gli internati militari italiani vennero utilizzati nell’industria bellica, nell’industria pesante, nell’industria mineraria, nell’edilizia, nel settore alimentare e come personale antincendio nelle città tedesche, sottoposte negli ultimi anni della seconda guerra mondiale a massicci bombardamenti.
Se molti internati militari italiani fortunatamente tornarono a casa dopo la fine della guerra, riportando però cicatrici che mai si rimargineranno, non mancano quanti sono morti nei lager. Le ragioni principali furono la pericolosità e la durezza del lavoro coatto, malattie e malnutrizione, esecuzioni capitali, bombe alleate sganciate sulle installazioni presso cui lavoravano gli internati.
Il lavoro coatto degli internati militari italiani fu particolarmente significativo per il regime nazista, perché prestato, in condizioni di schiavitù, a costo zero e in settori strategici per lo sforzo bellico e la vita civile. Nonostante questo, la Germania non ha riconosciuto in termini economici il sacrificio degli internati militari italiani. Da qualche anno a questa parte la storia degli internati e le loro sofferenze stanno facendo breccia nell’opinione pubblica. E anche lo Stato italiano sembra essersene accorto. Anno dopo anno infatti, in occasione delle cerimonie del 2 Giugno, Festa della Repubblica, vengono consegnate onorificenze agli internati o, in misura sempre maggiore, ai loro eredi.
A Lodi, lo scorso 2 giugno, il prefetto Giuseppe Montella ha consegnato due medaglie d’onore ai parenti di due internati militari italiani originari di Sant’Angelo, ormai scomparsi. Era presente anche il sindaco di Sant’Angelo, Maurizio Villa.
La prima medaglia alla memoria è stata consegnata ai parenti di Antonio Belloni. “Richiamato alle armi nel 1939 - si legge nella motivazione - combattè sul fronte francese, jugoslavo e russo. Divenne prigioniero a Bolzano nel 1943 ed internato ad Amburgo in Germania. Liberato e rimpatriato nel 1945. Nel 1942 ricevette un encomio solenne sul fronte russo per avere dimostrato bravura e infaticabile attività e contribuiva con perizia e sprezzo del pericolo alla riuscita del ripiegamento”.
La seconda medaglia alla memoria è stata consegnata ai parenti di Emilio Pietro Rizzi. “Autiere del 132esimo reggimento di Marina. Dopo vari trasferimenti nei paesi dell’Europa Nord Orientale fu assegnato al lager Reinowitz di Gablonz nella Repubblica Ceca - recita la motivazione -. Al termine della guerra, nel 1945, tornò a piedi in Italia dopo diversi mesi con una grave malattia ai polmoni. Fu riconosciuto dalla mamma solo per un neo sulla schiena”.

IL PONTE - foglio dinformazione locale di SantAngelo Lodigiano