Il soldato santangiolino
La guerra, la lotta per l’indipendenza e la libertà.
Mio nonno Giovanni artigliere sul fronte greco-albanese e la poesia del soldato santangiolino

di Emanuele Maestri


La storia è testimonianza del passato, luce di verità, vita della memoria, maestra di vita e annunciatrice (come diceva Cicerone); la storia è fondamentale, perché senza una conoscenza di ciò che eravamo è difficile capire chi siamo e dove vogliamo andare; la storia è memoria, continuità del tempo, che permette alla conoscenza di proseguire.
Il presente è evoluzione della storia. Evoluzione intesa come azione di srotolamento di un papiro a testimonianza dello scorrere del tempo. Evoluzione intesa come evoluto, aggettivo che si attaglia all’oggi, alla nostra Italia: uno Stato maturo, attivo, responsabile e depositario del ricordo del passato. Passato che deve legare fedelmente generazioni diverse. Passato che deve essere sprone per il futuro.
Per questi motivi – ma non solo - ho pubblicato, durante la prima ondata di coronavirus, con il Centro di Addestramento di Aosta, in formato e-book e in formato cartaceo con tiratura limitata per il Museo Storico della Guardia di Finanza, il volume dal titolo L’evoluzione del Corpo: dalla Legione Truppe Leggere alla Guardia di Finanza, polizia economico finanziaria*. Un lavoro di sintesi storica sulla Guardia di Finanza, per delineare i passaggi essenziali attraverso i quali il Corpo delle Fiamme Gialle ha assunto la sua attuale fisionomia. Pubblicazione integrata da un focus sui fatti d’arme accaduti in Valle d’Aosta e da una precisa descrizione dei simboli distintivi della Guardia di Finanza.
Un viaggio che parte dalla Legione Truppe Leggere (con essa nasce, nel 1774, la Guardia di Finanza) per arrivare ai giorni nostri, passando per le valorose tradizioni militari del Corpo, ancorate al sacrificio profuso dai finanzieri, anche con il dono della vita: dalla guerra franco-piemontese, passando per le quattro guerre d’indipendenza, per l’impegno coloniale e per il secondo conflitto mondiale. Viaggio storico in cui i soldati con le fiamme gialle hanno dato prova di grande eroismo e stoico attaccamento ai valori della Patria, dell’indipendenza e della libertà.
Questo mi dà spunto per pormi una domanda: quanti santangiolini hanno profuso impegno, anche con il dono della propria vita per amore per l’Italia, per la sua prosperità, per la sua libertà?
Sono tanti. E qui, senza nominarli uno a uno, voglio ricordarli. Ricordarli nella preghiera - che non guasta mai - accompagnata da un grazie immenso, perché se oggi siamo un Paese a democrazia matura, un Paese libero, lo dobbiamo anche e soprattutto a loro. Tanti sono periti nelle guerre d’indipendenza, altri nell’ultimo conflitto mondiale. La maggior parte è tornata a casa, dopo anni al fronte, ma con non pochi traumi che si sono portati sino alla tomba.
Sì, perché la guerra è una brutta cosa, anche se a volte necessaria. Ti cambia per sempre. Cambia chi ha un ruolo attivo; cambia chi la subisce.
Nel mio ufficio di Aosta ho la foto di mio nonno Giovanni, vestito da artigliere, in Albania. È così bello mio nonno nella foto, che inviò a casa, alla famiglia, dal fronte. Guardando il volto si nota un velo di malinconia, ma nel complesso mi pare sereno. Serenità accompagnata alla spensieratezza dell’età; spensieratezza accompagnata all’inconsapevolezza di affrontar un campo di battaglia. Ne sono orgoglioso, perché so che nonno ha fatto la sua parte: ha servito l’Italia; ha riposto con consapevolezza al dovere del servizio militare. Nonno Giovanni volò in cielo quando avevo sette anni, ma ricordo come fosse ieri che all’apparire, in televisione, di immagini di guerra piangeva come un bambino e a tavola tra noi calava un silenzio tombale. Vedere un anziano piangere rimane impresso e fa pensare. E io ancora oggi, servendo in armi l’Italia, penso con grande commozione al mio caro nonno che ha sacrificato anni della sua giovinezza al fronte (dal suo foglio matricolare sappiamo che ha servito il Regio Esercito per più di un lustro). Sono ricordi di un passato non troppo lontano, a volte dimenticato.
Quando sono stanco o in difficoltà guardo mio nonno e mi dico: “Ma che è il mio lavoro rispetto ai tuoi anni in armi, in guerra sul fronte greco-albanese? Nulla, proprio nulla. Io servo il mio Paese in un comodo ufficio, seduto, scrivo al computer. Sono semplicemente fortunato”.
E la mia, la nostra fortuna è data dai tanti sacrifici che i vari nonni Giovanni d’Italia hanno fatto. Il presente è figlio del passato. Allora, insieme al ricordo di mio nonno, mi piace pensare a tutti quei soldati santangiolini che durante il secondo conflitto mondiale, al fronte, avevano nostalgia della nativa terra santangiolina, di un abbraccio della propria mamma, di un bacio dell’amata.
Per loro il grande don Ferruccio Ferrari scrisse La preghiera a Gesù Bambino del soldato santangiolino che Mons. Nicola De Martino, successivamente, inviò a tutti i soldati al fronte dietro l’immaginetta di Gesù, nel santo Natale del 1942.
Essa ha fatto pianger di nostalgia il soldato santangiolino che immaginiamo in Africa, in Grecia, in Russia. Lì l’ha letta, lì l’ha tradotta anche ai propri commilitoni; lì si è commosso; lì è salito il magone; lì si è sentita la nostalgia del campanén.
Sì, perché per un santangiolino Sant’Angelo è il borgo più bello d’Italia; il castello è il più bello del mondo; la basilica la chiesa più vicina a Dio. Sì, perché per il santangiolino Sant’Angelo è tutto. Semplicemente: Sant’Angel e po pü!
Molti di quei soldati non sono tornati, per alcuni di loro quello è stato l’ultimo ricordo dell’amata Sant’Angelo. Ricordo che hanno recato con sé sotto le sabbie del deserto o le gelide nevi dell’ansa del Don.
In ricordo loro, per loro, per la nostra forza di ricordare chi oggi è dimenticato, ecco la bella preghiera-poesia, che è anche il mio augurio di buon Natale:

La preghiera a Gesù Bambino
del soldato santangiolino


Ol me car e bel Bambén
ve dumandi un regalén
da gni a ca un mumentén
a rivède el campanén;
e se queste l’è un po’ distante
deme forsa de sufrì
el magòn che provi chi.
Ol me car e bel Bambén
feghe vé un bel basén.
Tegnè quete la me mama
e ogni volta cla me ciama,
ol me car e bel Bambén
feghe vé un me basén.
Dème forsa (cume speri)
da fa ben i me duéri,
da ves semper un bon cristiàn
anca ben che son luntan.
Quante el reste, Gesü el sive,
feme vence e gni a ca vive.


* Il volume può essere richiesto all’autore all’indirizzo mail
maestri.emanuele@gmail.com
La pubblicazione verrà inviata gratuitamente via mail, in formato e-book.


IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano

Giovanni Maestri


Militari della Guardia di Finanza della Legione di Milano dopo aver liberato la città di Milano dalle truppe nazifasciste, 1945.

L’immagine di Madre Cabrini,
inviata dal Comitato santangiolino di assistenza spirituale ai soldati