Il doveroso omaggio dei santangiolini all’arcivescovo monsignor Giuseppe Amici
Nella festa della Madonna Addolorata in borgo San Martino

di Giancarlo Cordoni*


Giovedì 17 settembre, nella chiesa di San Bartolomeo, in occasione della festa della Madonna Addolorata, Antonio Saletta ha offerto un toccante ricordo del vescovo monsignor Giuseppe Amici. Il parroco don Ermanno introducendo l’incontro ha ricordato come, nella settimana dedicata alla festa dell’Addolorata, è diventata consuetudine fare memoria delle personalità che hanno lasciato un segno nel rione di San Martino e San Bartolomeo.
Lo scorso anno l’attenzione fu posta sulla figura di don Ferruccio Ferrari, mentre quest’anno si è pensato a monsignor Giuseppe Amici nato il 7 febbraio 1901 a poche decine di metri dalla chiesa di San Bartolomeo, dove ancora oggi vivono le famiglie Arati, suoi nipoti.
Monsignor Giuseppe Amici entra in seminario all’età di 12 anni per essere ordinato sacerdote nel 1926. Inizia subito la sua attività di insegnante presso il Seminario di Lodi ma ben presto la sua fine intelligenza viene notata, e inviato presso il seminario di Fano dove divenne rettore e dove rimase sino alla ordinazione episcopale.


Mons. Giuseppe Amici, nella chiesa di San Bartolomeo, il 26 settembre 1976 nella festa della Madonna Addolorata, ritratto con il parroco mons. Antonio Gaboardi,
don Gianni Bergamaschi, il maestro Giovanni Bracchi e Gaetano Rusconi,
festeggiato dai componenti della scuola di canto parrocchiale.

Nelle slides proiettate, gli intervenuti hanno avuto modo di apprezzare interessanti immagini della vita di monsignor Amici, dalla sua ordinazione nella basilica di Sant’Angelo all’ingresso a cavallo nella diocesi di Troia, istantanee con i famigliari e quelle dell’ordinazione episcopale nel giugno 1951 che consacrò il passaggio di don Giuseppe in monsignor vescovo Giuseppe Amici. Fra le altre storiche immagini proiettate, quella della festa dell’Addolorata nel 1976, in cui monsignor Amici è ritratto con il gruppo di cantori famosi per il canto dello Stabat Mater.
L’appassionata e documentata esposizione di Antonio Saletta ha catalizzato l’attenzione di tutti i presenti; alcuni hanno dovuto assistere in piedi al ricordo. Saletta ha ripercorso i tratti salienti della vita di monsignor Amici che nella sua vita pastorale ha attraversato l’intera penisola. Il suo primo incarico come vescovo si svolse presso la diocesi di Troia nel 1951 cui si aggiunse subito dopo anche la carica di vescovo della diocesi di Foggia sino al 1954. In questa terra di Puglia così colpita dalla disoccupazione, ebbe fama di saper trovare lavoro ai disoccupati e, come lui stesso diceva sorridendo, era l’ottava opera di misericordia “dar lavoro ai disoccupati“.
Dopo l’esperienza di Foggia gli toccò la diocesi di Cesena, che resse per poco più di 20 mesi. Purtroppo l’ingresso in Cesena fu segnato da un tragico evento.
Come raccontato da Giancarlo Cordoni, di ritorno dalla funzione l’auto con a bordo alcuni famigliari ebbe un grave incidente dove perse la vita il marito della sorella Maria, Salvino Salvinelli.
Questo evento segnò molto monsignor Amici e solo la vicinanza e il prezioso aiuto della sorella Rachele, che gli rimase al fianco sino alla morte, poté essere di conforto.
Il 30 gennaio 1957 monsignor Amici diventa arcivescovo di Modena e Abate di Nonantola dove vi rimase sino al 1976.
Rimase a Modena per vent’anni e durante quel periodo partecipò anche al Conciglio Vaticano II intervenendo nella seduta del 22 settembre 1965.
Il clero modenese amò molto questo vescovo. Il motto del suo stemma “Vos autem dixi amicos” (Vi ho chiamati amici), che forse giocava con il suo cognome, non era solo un pezzo araldico felicemente ricavato dal Vangelo, ma un programma dove i preti della diocesi poterono riconoscersi.
Morì a Modena, dove ancora oggi è ricordato con affetto, dopo due anni di malattia il 21 marzo 1977, ed un anno dopo il suo corpo fu sepolto nella cripta della cattedrale di Modena.
Sul finire della presentazione, oltre a chi scrive, l’emozionata Rosetta Amici, figlia di Mario fratello dell’arcivescovo, ha portato ricordi di vita famigliare rimasti indelebili nella memoria.
Soffermandomi sul sagrato dopo la cerimonia ho avuto modo di cogliere l’apprezzamento dei presenti sull’iniziativa proposta dal parroco don Ermanno e curata da Antonio Saletta e anche l’auspicio che questa cura della memoria possa essere riproposta anche in futuro.

*Cugino del vescovo, essendo la nonna materna, Domenica Sali, sorella della mamma di monsignor Amici


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