Il Covid rivoluziona l’ospedale Delmati
Dopo mesi difficili ora è tempo di guardare al futuro, non senza timori
L’emergenza è arrivata pochi giorni dopo il primo focolaio nella Bassa Lodigiana

di Lorenzo Rinaldi

C’è un prima e un dopo nella sanità del nostro territorio e anche l’ospedale Delmati ha vissuto, da febbraio a oggi, una rivoluzione totale, per fronteggiare la più grave emergenza che il Paese ha conosciuto dalla Seconda guerra mondiale. Ora, con il passare dei mesi, sono tanti i santangiolini che si interrogano sul futuro del loro presidio ospedaliero, che già prima del Covid aveva registrato nel corso degli anni una continua riduzione dei servizi e una minor capacità di intervento sul fronte del trattamento dei casi acuti: basta ricordare in epoche diverse la chiusura della Maternità e la progressiva perdita di importanza del Pronto soccorso, declassato a primo intervento e poi chiuso, fino alla realizzazione delle nuove sale operatorie per la chirurgia veloce, costate milioni di euro e inutilizzate.
Il Covid è stato però uno spartiacque, un evento che va al di là dei singoli piani strategici dei direttori generali e delle pressioni del mondo della politica e dei medici che possono decretare la fortuna o la sfortuna di un ospedale. Per questo abbiamo chiesto ai vertici della Asst, Azienda socio sanitaria territoriale di Lodi, di raccontare come è cambiato l’ospedale Delmati nei mesi più caldi della pandemia, quale è la situazione odierna e cosa è possibile ipotizzare per il futuro. A rispondere la dottoressa Sara Forlani, Direttore POT (Presidio Ospedaliero Territoriale) di Sant’Angelo Lodigiano. “L’ospedale di Sant’Angelo - spiega - è stato interessato dall’emergenza Covid pochi giorni dopo l’esordio del primo focolaio nel Basso Lodigiano. Già alla fine della prima settimana di marzo le “aree colore” hanno sostituito l’organizzazione dei reparti presenti nel presidio. L’organizzazione interna ha condotto ad individuare aree Covid, gialla e arancione, ben separate da aree, verdi, riservate a pazienti Covid negativi. Infettivologi, pneumologi e geriatri si sono uniti in un’unica equipe a disposizione dei malati Covid positivi, di cui tanti assistiti in ossigeno e ventilazione, coprendo le esigenze di cura dalla fase acuta di malattia alla guarigione e purtroppo in qualche caso alla terminalità. I fisiatri si sono dedicati invece alla cura dei pazienti negativi garantendone i percorsi di riabilitazione. Infermieri e fisioterapisti si sono prestati a coprire le esigenze dell’intero presidio, indipendentemente dal reparto o servizio di provenienza originaria. Dalla collaborazione tra il servizio di Radiologia dell’ospedale, gli pneumologi e gli infettivologi è scaturita l’attività dell’ambulatorio di diagnosi precoce Covid che per mesi ha visitato pazienti inviati dal medico di medicina generale, dando un contributo alla diagnosi e alla cura sul territorio. Il centro servizi cronicità si è in parte convertito a centrale di monitoraggio Covid, controllando a domicilio centinaia di pazienti grazie alla forte esperienza di telecontrollo e allo strumento tecnologico Telecovid ZCare prodotto in collaborazione con Zucchetti SPA. Il personale sanitario e amministrativo non direttamente coinvolto nelle attività di assistenza ai malati ha garantito attività di supporto: dalla cura delle richieste di terapie sperimentali per i pazienti gravi di tutta l’Asst di Lodi, affidata alle specialiste dermatologhe, alle procedure di sorveglianza sanitaria del personale, svolte dagli infermieri degli ambulatori, al monitoraggio di nuove delibere ed indicazioni, svolto dal personale amministrativo. Durante tutta la primavera e l’inizio dell’estate queste attività hanno assorbito la maggior parte delle risorse dell’ospedale”.
Oggi il quadro all’ospedale Delmati è radicalmente cambiato. “Oggi - precisa la dottoressa Forlani - l’organizzazione è tornata per circa il 70% alla condizione pre epidemica, l’ospedale è libero da Covid. Rimangono pochi pazienti non ancora guariti dopo mesi di lotta contro il virus SARSCov2, ormai negativi ma ancora clinicamente impegnati. I reparti di geriatria, cure subacute, riabilitazione respiratoria, riabilitazione specialistica, riabilitazione generale geriatrica sono tornati alle loro attività riabilitative, di cura dei pazienti subacuti e fragili. Il reparto di Malattie Infettive accoglie pazienti con infezioni da varie cause che seguono l’andamento stagionale tipico, come la legionella o l’infezione da virus di West Nile e infezioni tipiche per il reparto come la tubercolosi. Quasi tutti gli ambulatori hanno ripreso le regolari attività, dalle vaccinazioni alle malattie infettive alla dermatologia al controllo post Covid. I percorsi sono organizzati secondo le norme di distanziamento, il personale lavora secondo regole di sicurezza condivise. L’atteggiamento generale è di attento monitoraggio dell’andamento epidemiologico. Non si esclude un coinvolgimento dell’ospedale di Sant’Angelo nell’attività di sorveglianza di pazienti Covid positivi impossibilitati a rimanere presso le proprie abitazioni o presso istituti di cura”.
Cosa accadrà nel futuro? Difficile a dirsi, anche perché l’intera sanità lombarda, dunque in un orizzonte che va ben oltre i confini lodigiani, sarà interessata da un radicale piano di trasformazione. “In un futuro più lontano - osserva la dottoressa Forlani - si prevede per l’ospedale di Sant’Angelo un percorso di ulteriore specializzazione ed incremento dell’offerta in termini di reparti dedicati di cura subacuta e riabilitativa rivolta a pazienti con temporanea o più duratura perdita delle abilità”.

IL PONTE - foglio dinformazione locale di SantAngelo Lodigiano



Dottoressa Sara Forlani, Direttore POT
(Presidio Ospedaliero Territoriale) di Sant’Angelo Lodigiano.