Sant’Angelo sotto l’occupazione tedesca
Il controllo del nostro paese da parte della Wehrmacht, dopo l’8 settembre. 1943Soldati tedeschi che s’impadroniscono delle case, l’assoluta obbedienza alle ordinanze, la proibizione di riunirsi in locali pubblici, i danneggiamenti alla linea telefonica tedesca, il vicino campo di avvistamento aereo alla cascina Porchirola, l’amicizia con i militari tedeschi che prosegue dopo la guerra.

di Marco Danelli

Immediatamente dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 scattò il piano di occupazione tedesca del suolo italiano, che inviò fino a ventisette divisioni della Wehrmacht, incaricate di proseguire con l’insediamento in tutto il territorio italiano e di continuare il conflitto contro le forze angloamericane. Divisioni e reparti andarono a costituire l’esercito territoriale in ogni provincia, con presidi in molti paesi. Già nel pomeriggio del 9 settembre i tedeschi presero possesso di Lodi insediandosi all’interno dell’istituto “Bassi” e in seguito occuparono gli altri centri del Lodigiano.
Purtroppo, non è stato possibile trovare alcuna documentazione scritta nell’archivio comunale sulla presenza dei tedeschi a Sant’Angelo, presumendo che i documenti siano andati persi o distrutti unitamente alle notizie sul fascio locale.
Tuttavia, nonostante tali difficoltà, per recuperare notizie attendibili è stato utile e necessario intervistare le persone che hanno vissuto quei tristi giorni.

La Wehrmacht in paese
e la paura di pene severe


Si può presupporre che i tedeschi entrarono in Sant’Angelo nel mese di ottobre del 1943, la notizia giunge da un articolo di don Ferruccio Ferrari pubblicato nel 45° anniversario della morte di monsignor Enrico Rizzi, in cui si documenta che, durante il suo funerale, svoltosi il 28 ottobre 1943, in centro del paese (precisamente al quadrivio verso piazza Caduti) era presente una colonna tedesca e il corteo funebre, non potendo procedere, fu costretto a modificare il tragitto verso il cimitero scendendo lungo la via Cesare Battisti.
Il contingente della Wehrmacht al suo arrivo si preoccupò prima di ogni altra cosa di assumere il controllo dell’intero paese con i tedeschi che s’impadronirono di alloggi in cui vi fossero delle stanze libere. Attraverso la testimonianza del parroco si apprende che gli ufficiali tedeschi presero come sede del comando la villa della signora Gaetana Bianchi, in via Mazzini. Inoltre, molti cittadini ricordano che i tedeschi s’insediarono anche all’interno della casa del fascio, notati mentre si recavano in quel luogo per la richiesta di vari permessi di circolazione e di lasciapassare. Di tutto ciò però, non c’è traccia nell’archivio comunale, né di domande d’indennizzi né di alcuna spesa per l’alloggio delle truppe tedesche.
Il comando di Sant’Angelo dipendeva da Monza, il territorio lodigiano era sottoposto al diritto di guerra tedesco e il prefetto invitò la popolazione a continuare a lavorare tranquillamente con i cittadini tenuti all’assoluta obbedienza. Furono emesse ordinanze restrittive verso la libertà di circolazione, ma anche disposizioni molto dure che minacciavano pene severissime fino alla condanna a morte verso qualsiasi attività che fosse di ostacolo all’amministrazione e al controllo tedesco, o verso chiunque non avesse rispettato i loro ordini.

La linea telefonica tedesca
e il campo di controllo aereo


A Sant’Angelo, come in tutte le altre località, giunse un ordine del comando tedesco nel quale i podestà si ritenevano responsabili di ogni guasto, asportazione o danneggiamento dei cavi telefonici tedeschi. Per questo motivo il commissario prefettizio Paolo Baciocchi, con le delibere comunali n. 21 e n. 27, formò gruppi di due squadristi e il 1° febbraio 1944 si costituì il servizio di controllo contro gli atti di sabotaggio alla linea telefonica tedesca. In bicicletta e armati, controllavano giorno e notte l’intera linea telefonica che attraversava per circa 2,30 km il territorio di Sant’Angelo.
Oltre ai militari della Wehrmacht, a Sant’Angelo erano presenti anche quelli del Regiment 200 della Luftwaffe, lo afferma il caporal maggiore Otto Wayand, intervistato dallo storico Daniele Pallai nell’anno 2000 a Colonia e residente in Vestfalia nella Germania settentrionale.
Raccontò che i militari tedeschi s’insediarono per un breve periodo a Sant’Angelo, con il compito di individuare e costruire un campo di avvistamento aereo e, dopo un sopralluogo, fu individuato un terreno idoneo nel comune di Graffignana nelle vicinanze della cascina Porchirola. Costruito il campo, giunsero altre unità di supporto, la Luftwaffe aeronautica, la Luftnachrichten-Regiment 200 con dei radar Würzburg e Riesen utili per rilevare le formazioni aeree nemiche in avvicinamento e a grande distanza. In un’estensione di 180 metri quadri fu creata la compagnia di trasmissione con fabbricati per l’alloggio dei soldati che arrivarono fino a cento unità, e le installazioni per gli impianti radio.
Il 10 dicembre il comando tedesco si trasferì da Sant’Angelo al campo di Graffignana, e iniziò il controllo aereo di un ambito dell’Italia settentrionale che includeva una vasta area da Sant’Angelo fino a Melegnano. A Sant’Angelo restò solamente una piccola guarnigione, un presidio con circa 8-10 militari della Wehrmacht che svolgevano servizio di polizia eseguendo ronde notturne.

Tedeschi al campo sportivo
e alla Messa in parrocchia


I santangiolini si abituarono a convivere con i soldati tedeschi di passaggio che pernottavano persino in alcune stanze all’ospedale Delmati, nel garage dei pullman in via Cavour, oppure nell’autorimessa di Giovanni Cerri (Paiòn) alla Massaglia Bassa, o addirittura nella torre del castello Bolognini.
Antonio Beccaria ricorda che diversi automezzi tedeschi erano collocati presso la cascina Musellina, sicuramente per essere occultati alla vista degli aeroplani nemici. Il giovane Giuseppe Ferrari, invece, rammenta che vi erano nascosti all’interno dei cortili di piazza della Frutta due grossi pezzi di artiglieria Falk trainabili.
Da Graffignana, a piedi e in colonna, i soldati tedeschi raggiungevano il campo sportivo di Sant’Angelo per disputare partite di calcio, e la domenica i militari raggiungevano la nostra chiesa per la Santa Messa, dove un ufficiale tedesco maestro di musica e amante di Bach aveva ottenuto il permesso di suonare l’organo.
Erano una presenza militare occupante che non causò forti disagi nella popolazione, se non una naturale diffidenza iniziale. Gli episodi riferiti sulla convivenza tra i tedeschi e la popolazione santangiolina non mostrano azioni di violenza, mentre la Repubblica Sociale con la brigata nera fece arresti e vittime.
Negli ultimi giorni della loro permanenza i tedeschi iniziarono la costruzione di un ponte di legno sul fiume Lambro settentrionale vicino alla cascina Santa Martina, in previsione di una ritirata alternativa nel caso in cui i ponti presenti fossero distrutti da raid aerei, tuttavia il manufatto non fu terminato in tempo.
I tedeschi restarono a Sant’Angelo fino alla mattina del 27 aprile del 1945 per aggregarsi poi a una colonna in ripiegamento proveniente da Pavia. Il 30 aprile 1945 diversi sbandati tedeschi e fascisti furono arrestati nei vari posti di blocco e un grande quantitativo di materiale bellico fu raccolto e raggruppato nel nostro campo sportivo, alcune colonne si arresero e i soldati fatti prigionieri furono portati nel nostro castello in attesa di essere trasferiti.

L’amicizia dei santangiolini
con i militari tedeschi


Dopo la guerra, alcuni militari tedeschi mantennero i rapporti di amicizia che si erano creati con gli abitanti santangiolini durante il loro servizio e alcuni fecero ritorno a Sant’Angelo e Graffignana come ospiti e turisti.
Nella memoria della famiglia Cerri è rimasto un nome, Herman Weber, un soldato della Wehrmacht che dopo la ritirata del 1945, la prigionia e infine il rimpatrio, tornò alla sua casa di Francoforte sul Meno continuando l’attività vinicola del padre. Aveva promesso che se a guerra finita fosse sopravvissuto sarebbe tornato a Sant’Angelo, e così fece tornando più volte con sua figlia a salutare la famiglia Cerri.
Josef Bonn della Luftwaffe si affezionò alla famiglia Brunetti durante il periodo dell’occupazione, catturato dai russi in ritirata e condotto in Siberia in campo di prigionia, morì alla fine dell’ottobre 1945. Gustav Bonn, suo padre, abitante all’epoca al 226 di Gemmerich kreis St. Goarshausen am Rhein franz. Zone Deutschland, mantenne per anni una corrispondenza con la famiglia santangiolina.
Più fortunato fu il militare Erick Gorg della Wehrmacht, che dopo la prigionia riuscì a tornare a casa a Zündorf un sobborgo di Colonia, in Germania, sulla riva destra del fiume Reno. Egli tornò a Sant’Angelo a far visita ad alcuni amici, ad Arturo che aveva il negozio di barbiere vicino alla casa del fascio, al proprietario del Caffè Italia, al fotografo Pinto e alla famiglia Brunetti in via Cavour.
Altrettanto fece l’ufficiale della Luftwaffe, Werner Backhaus, che tornò spesso dopo la guerra a Graffignana e a Sant’Angelo Lodigiano per ritrovare gli amici con cui aveva instaurato rapporti amichevoli negli anni di guerra, e così Otto Weyand della Luftwaffe che tornò a Sant’Angelo anch’egli più volte nel 1995.





Il palazzo del Comune in stile razionalista inaugurato
nel 1936 e la casa del fascio con la torre littoria
entrambi edificati nel 1934


Una foto d’archivio di una parabola simile a quelle
che furono poste alla cascina Porchirola per gli
avvistamenti aerei



I militari tedeschi Herman Weber e Josef Bonn

Herman Weber ritratto con la moglie, a guerra finita,
in visita all’amico Giovanni Cerri (Paiòn)
in posa con il figlio Tarcisio.