Si è spento Peppino Pisati, per anni protagonista della vita pubblica santangiolina


di Lorenzo Rinaldi

“Addio a Pisati, vera icona barasina”. Così titolava venerdì 5 luglio il quotidiano “il Cittadino”, dando notizia della morte di Peppino Pisati, avvenuta giovedì 4 luglio all’età di 74 anni dopo alcuni anni tribolati dal punto di vista fisico. Pisati, che avrebbe compiuto 75 anni il successivo 16 ottobre, lascia la moglie Mariuccia, i figli Alessandro e Luca e la nipote Giorgia. I funerali si sono svolti sabato 6 luglio, in una basilica gremita nonostante il caldo torrido.
La scomparsa di Pisati ha suscitato grande clamore a Sant’Angelo, dove era conosciutissimo, ma anche nel Lodigiano, dove pure era noto per i molteplici impegni pubblici, sia sul fronte amministrativo che sportivo. Originario di Cavenago d’Adda, aveva iniziato a lavorare fin da giovane, a 14 anni era garzone al supermercato di via XX Settembre (la storica Lira), successivamente operaio alla Samadoval, azienda di aratri ed erpici di Savarè e Manzoni. Poi la preparazione a Milano e l’apertura a Sant’Angelo dello studio di massofisioterapia.
Dal punto di vista amministrativo, era entrato in consiglio comunale nel 1985 (amministrazione del sindaco Gino Pasetti) e ha legato la sua carriera “politica” a quella dell’ex sindaco Domenico Crespi, di cui è stato vicesindaco dal 1993 al 2002 e poi dal 2007 al 2012 e dal 2012 fino al 2015 (anno del commissariamento) assessore con delega al patrimonio.
La grande passione di Pisati era lo sport (è stato anche delegato Coni), che in qualche modo aveva anche tradotto in un lavoro. A lungo legato al Sant’Angelo Calcio (ha iniziato negli anni Settanta come massaggiatore e poi ne è diventato presidente), ha abbinato il suo nome anche alla Solbiatese e al Sancolombano, di cui è stato il massaggiatore ufficiale per molti anni, verso la fine della “carriera”. E ancora, dal suo studio di piazza Vittorio Emanuele sono passati migliaia di sportivi, agonisti o semplici appassionati, come dimostrano le decine di magliette, palloni, gagliardetti che esponeva orgoglioso.
Carattere gioviale, sempre pronto alla battuta, si era “fatto da solo” ed era abile ad adattarsi ai contesti nei quali si trovava a muoversi. Proprio il suo carattere lo aveva portato a intessere numerosissimi rapporti in ambito sociale e associativo. Era stato ad esempio presidente della Pro loco, direttore artistico del Gruppo Pittori Santangiolini, e non si contano le associazioni e i gruppi di volontariato che possono dire di averlo avuto come ospite a una premiazione o a una iniziativa pubblica.
Le esequie sono state celebrate dal parroco monsignor Ermanno Livraghi e concelebrate da don Carlo Granata (a lungo a Sant’Angelo, oggi parroco di Marudo), don Gianpiero Marchesini, don Gianni Cerri e don Davide Daccò, che negli ultimi mesi è stato vicino a Pisati all’ospedale Valsasino di San Colombano al Lambro. Monsignor Livraghi ha detto che Pisati è stata una delle prime persone che ha conosciuto una volta arrivato a Sant’Angelo e ne ha messo in luce l’empatia e - con un riferimento all’attività di Pisati come pubblico amministratore - la capacità di stringere rapporti umani al di là della convenzionalità politica.
“Spiace moltissimo per la perdita di una persona che farà sempre parte della storia di Sant’Angelo - ha sottolineato il sindaco Maurizio Villa -. Pisati è stata una delle prime persone che ho conosciuto quando mi sono trasferito a Sant’Angelo. Ci siamo confrontati in tante battaglie, sempre nel massimo rispetto”.
“Ero all’ospedale Delmati, poco prima che spirasse, e ho avuto modo di salutarlo - ha ricordato commosso l’ex sindaco Domenico Crespi -: l’ho conosciuto da ragazzo, quando faceva il magazziniere alla “Lira” e ho seguito tutta la sua carriera e i legami con il mondo del calcio sui campi di mezza Lombardia. Era stimato da tanti, lo chiamavano “maestro” e quando mi raccontava dei suoi impegni con il Coni era orgoglioso e io con lui. È stato un collaboratore leale e sincero: un amico che mi mancherà moltissimo”.
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Una bella soddisfazione per il santangiolino, classe 1988, che dopo le scuole elementari e medie nella sua città, ha studiato al Liceo Taramelli di Pavia e si è poi iscritto al corso di laurea in Ingegneria biomedica al Politecnico di Milano. Dopo aver conseguito la laurea triennale con una tesi sulla progettazione di un sistema di respirazione subacqueo, Bianchi ha proseguito gli studi sempre al Politecnico, in campo bioingegneristico con specializzazione in biomeccanica. La laurea magistrale è arrivata nell’aprile 2013, discutendo con il professor Alberto Redaelli una tesi sullo sviluppo di un algoritmo computazionale per calcolare le deformazioni del ventricolo sinistro a partire da immagini della risonanza magnetica.
Quindi il grande salto e la scelta di accettare l’offerta di dottorato negli Stati Uniti, arrivata dal professor Danny Bluestein della Stony Brook University di New York. In America, Bianchi ha lavorato nel campo cardiovascolare, in particolare nel settore Tavi, un’operazione chirurgica non invasiva per il ripristino della valvola aortica in pazienti affetti da stenosi aortica severa (restringimento della valvola aortica). Negli ultimi cinque anni ha sviluppato così il proprio progetto di ricerca e ha pubblicato su riviste scientifiche come “Artificial Organs” e “Biomechanics and Modeling in Mechanobiology”, partecipando inoltre a numerose conferenze internazionali, tra le altre a New York, San Antonio (Texas), Tampa (Florida) e Dublino. E ancora, gli anni del dottorato sono stati scanditi da collaborazioni con aziende specializzate nella produzione di software, Ansys e Dassault Systèmes. Nell’agosto del 2017 poi ha ottenuto una borsa di studio da 15mila dollari della scuola di medicina di Stony Brook per un programma accelerato di scienze biomediche, che ha permesso al suo lavoro di dottorato una traslazione clinica e una maggiore esposizione al mondo medico.
Dal primo aprile 2019 Bianchi si è trasferito da New York a San Francisco per lavorare come ingegnere di ricerca e sviluppo alla Boston Scientific. È iniziata una nuova avventura per l’ingegnere di Sant’Angelo, nella quale si è gettato a capofitto, salvo trovare il tempo, giusto una settimana, per tornare a New York in occasione della proclamazione.