A
LO SCAFFALE


Enrico Vignati
Gh’èra una volta
Gènte, mesté e mumènti de vita
f.to 14x21,5- pagine 86


“La memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sé”: Enrico Vignati fa sua la citazione di Oscar Wilde nell’introduzione al nuovo libro “Gh’èra una volta Gènte, mesté e mumènti de vita”. È una massima che ben si addice all’intendimento dell’autore di voler ricordare non solo personaggi famosi ma anche e soprattutto “la gente comune, perché sono queste le persone che costruiscono la storia di un paese”.
È il quarto libro che l’inossidabile santangiolino Enrico Vignati dà alle stampe, e come i precedenti “Fergüie de memoria”, “Gambišéi, ciuchén e altre storie” e “Per tüti i güsti”, anche quest’ultimo è scritto nel nostro inconfondibile dialetto: l’autore non fa mistero di voler fortemente contribuire alla sua salvaguardia, sulle orme di ciò che iniziò il poeta Achille Mascheroni (e a quest’ultimo Vignati dedica il primo dei quarantasette brani del libro, tutti accompagnati dalla traduzione in lingua italiana) .
Leggendo le pagine di questo delizioso volumetto - che są essere anche struggente nei ricordi che fa affiorare nitidi -, ci si tuffa nella storia santangiolina, in molti casi non troppo lontana. Tornano alla mente volti che sono rimasti impressi e che non si possono e non si devono dimenticare, e la lettura è sovente accompagnata da un po’ di malinconia, quasi un’intima mestizia per un passato che non ritorna.
Chi ha i capelli bianchi come i miei come fa a dimenticare “Spasini cun la so cartuleria”, “le butighe del Mistu, del Murétu e della Giandìna”, e ancora “i Basté”, “Išèla”, “I capéi de Becaria”, “Luciano Taparèla” e “Giuanén dèle medàie”? E, ancora, “Resegà la vegia”, “La corna del Fabricòn”, “La sbrufadùra”, “Le scampanàde” e così via?
Gh’èra una volta Gènte, mesté e mumènti de vita” è un libro da consigliare, leggere e conservare.
Chi ne volesse una copia deve rivolgersi all’autore.

IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano