Santa Marta e Santa Chiara, due chiese dimenticate
La cinquecentesca chiesa e ospizio dei Disciplini, e la secentesca chiesa e convento di clausura.

Le origini storiche e le vicissitudini di due luoghi sacri che hanno inciso nella storia religiosa santangiolina, ambedue, dopo la soppressione come edifici di culto, adibite a sale per riunioni e rappresentazioni teatrali

di Beppe Roberti

La Parlando con amici di storia locale, capita di richiamare la presenza a Sant’Angelo di chiese o conventi all’interno o nelle immediate vicinanze e provare una certa meraviglia se non incredulità.
Chiaramente non parlo delle chiese che possiamo ancora ammirare, ma di edifici che nel tempo si sono modificati o completamente scomparsi.
Delle trasformazioni della chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate e Santa Francesca Cabrini ritengo che non sia necessario parlare perché le modifiche avvenute, dal XIV secolo sino ai giorni nostri, sono da tutti conosciute mentre della presenza, nel cuore del “centro storico”, delle chiese di Santa Marta e Santa Chiara si hanno vaghe informazioni.
Vediamo dove si trovavano queste due chiese, partendo da Santa Marta.
L’edificio era attiguo alla vecchia chiesa parrocchiale e occupava l’angolo fra le attuali via Semenza, l’antica contrada dell’Angelo o via dei Pellegrini e via Orsi, un tempo vicolo del Campanile.
Le prime notizie, desunte dall’archivio parrocchiale, risalgono al 1530, e fanno riferimento alla chiesa di Santa Maria della Misericordia all’ospedale (ospizio) dei Disciplini di Santa Marta.
La chiesa, dalle semplici linee architettoniche, era a tre navate, con cappelle laterali e piccolo campanile sul fianco destro in prossimità dell’abside; la facciata a “capanna” presentava un frontone triangolare, incorniciato da modanature, sotto il quale si apriva un ampio finestrone a profilo semicircolare che sovrastava il portale d’ingresso.
Nei documenti d’archivio questo luogo di culto è più volte ricordato per la presenza di un importante affresco di scuola lombarda attribuito a un ignoto artista dei primi decenni del secolo XVI, riportato su tela, raffigurante la Madonna della Misericordia o della Mercede proveniente dalla chiesa parrocchiale quattrocentesca e ora conservato in basilica nella cappella del Santissimo Sacramento.
Sempre di questa chiesa si possono ricordare due particolari riguardanti l’ambiente circostante, il primo la presenza nelle immediate vicinanze, sempre in fregio all’attuale via Semenza, di un piccolo edificio chiamato “il Mortorietto” che lo storico Sobacchi Pedrazzini così descrive: “Vicinissimo alla detta chiesa (S. Marta) sorge un recinto di forma ovale e di gentile architettura, con un porticato all’ingiro sostenuto da colonne di granito, e sotto il pavimento d’ogni porticato risuona il vuoto di una tomba”.
Il secondo particolare, di carattere urbanistico, interessa lo spazio antistante alla chiesa che non era, come si può tutt’oggi pensare, soffocato in uno stretto vicolo, bensì con la facciata aperta su un ampio spazio, la via di contrada Santa Marta.

La “contrada Santa Marta”

Prima della costruzione della basilica, (1928-1938) la situazione era ben diversa rispetto a quella che possiamo adesso osservare. La modesta facciata di Santa Marta era visibile da decine di metri di distanza e dialogava con la facciata di un’altra chiesa, a lei contrapposta, Santa Chiara delle Suore Cappuccine, infatti, le due chiese erano edificate ai due estremi della contrada Santa Marta.
Della chiesa Santa Marta, abbiamo visto la sua precisa ubicazione, all’interno del centro storico, mentre quella di Santa Chiara era edificata lungo il ricetto delle mura spagnole e occupava parte dell’attuale sede stradale di via mons. Rizzi, in quella porzione di via che va da viale Partigiani sino all’incrocio con via Dante Alighieri e largo Mercato del grano.
Detto a parole, e pensando all’attuale conformazione urbana si ha difficoltà a immaginare quanto descritto ma, utilizzando la mappa ottocentesca riprodotta in questa pagina, si può chiaramente notare come i due edifici fossero, se pur distanti, contrapposti.
Dalla documentazione disponibile si può apprendere che alla chiesa di Santa Marta era annesso un ospizio per i pellegrini. La via adiacente all’ospizio era, infatti, chiamata vicolo dei pellegrini.
Il locale dell’ospizio dei pellegrini, divenuto proprietà dei Conti Bolognini, verso la fine del 1700 è trasformato nell’albergo della Posta, ove confluivano i viaggiatori e le diligenze per il cambio dei cavalli.
Nella chiesa di Santa Marta, nell’anno 1530, era presente la confraternita dei “Disciplini” congregazione religiosa così chiamata per l’applicazione di rigide regole liturgiche e spirituali, i cui aderenti ponevano attenzione alle opere di carità, praticate soprattutto attraverso l’assistenza agli infermi e ai bimbi abbandonati. Nel 1719 è eretta la Confraternita di Santa Maria della Misericordia, un’associazione che aveva nelle proprie regole il culto mariano che rendeva concrete forme di solidarietà, carità, fratellanza e l’assistenza ai pellegrini.
Nel 1925 la chiesa è chiusa al culto, dal 1947 adibita a sala parrocchiale teatrale e cinematografica, e definitivamente, nel febbraio 1966, alienata e demolita.
Di questa chiesa rimangono, nel museo della basilica la statua di Santa Marta, ritratta nella tradizionale iconografia in veste monacale con secchiello e aspersorio nelle mani, mentre sul campanile della chiesa di Santo Stefano a Maiano risuonano ancora le campane di Santa Marta, qui poste all’atto della demolizione.

La chiesa e il convento di Santa Chiara

ADella chiesa di Santa Chiara le notizie sono frammentarie, i documenti in nostro possesso non ci consentono di ricostruire le caratteristiche architettoniche dell’edificio, possiamo presumere, valutando la superficie occupata, che fosse a unica navata (lunga circa 27,00 ml. e larga 6,60 ml) con abside semicircolare (come documenta l’immagine riprodotta). Il convento si sviluppava sulla sinistra della chiesa, negli spazi dell’attuale edificio, inglobando anche parte dell’area del giardino adiacente alla torre Girona.
La chiesa faceva parte del complesso monastico delle Clarisse Cappuccine di Santa Chiara le cui origini risalgono al 1655 circa “quando poche giovani “citelle” di S. Angelo cominciarono a portare l’abito di terziarie francescane”, che nel maggio del 1670 sono ufficialmente riconosciute, dal vescovo di Lodi, come “Cappuccine”.
Nel 1670 le suore aprono una scuola con educandato per le ragazze, insegnando a leggere e a lavorare di cucito.
Il convento, posto sotto il patronato dei feudatari Bolognini, per circa due secoli ha avuto un ruolo importante all’interno della comunità santangiolina, passando dalle dodici converse dei primi anni ‘600 alle venticinque religiose al momento della soppressione avvenuta nel 1782, causata dalle difficoltà economiche e dallo scarso numero delle monache.
Un fatto curioso nella storia del convento è quello legato al nome dell’avventuriero Giacomo Casanova, che nel marzo 1763, ospite dei feudatari conti Attendolo Bolognini nel castello di Sant’Angelo, ebbe il permesso di accedere al convento delle Cappuccine, allo scopo di incontrare una giovane e bella suora appartenente alla nobiltà milanese, qui rinchiusa per volontà dell’imperatrice Maria Teresa.
La chiesa di Santa Chiara, dopo la soppressione, è acquistata dal sig. Tassi, che morendo la lascia in eredità al parente Zaccaria Savarè che la trasforma in sala teatrale, prendendo il nome di teatro Savarè. In questa sala, nel 1862, è ricevuto Giuseppe Garibaldi, e il suo palcoscenico ha ospitato per molti anni rappresentazioni teatrali con famosi attori, fra i quali Eleonora Duse che in questo teatro mosse i primi passi.
L’edificio nel 1938 è demolito per far posto alla via mons. Rizzi. La scelta probabilmente è il risultato di uno scambio di “favori” fra il comune e la parrocchia, perché la nuova chiesa parrocchiale arretrando il fronte sul sagrato e prolungandosi sul retro, cancellava oltre all’ospizio per la vecchiaia parte dell’allora contrada Santa Marta, inoltre la demolizione permetteva una via di comunicazione fra la nuova chiesa parrocchiale e la parte sud del paese.


IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano




Dall’alto, la mappa catastale “Lombardo Veneto” 1867 di Sant’Angelo, con evidenziati al centro la chiesa parrocchiale, la chiesa di Santa Marta, il “mortorietto”, e nella parte inferiore la chiesa di Santa Chiara; un’immagine della seconda metà del 1920, in cui è visibile la facciata della chiesa di Santa Marta; nella foto di un corteo che percorre la contrada della Fiera nel giugno 1935, si può notare, sulla destra, l’abside della chiesa di Santa Chiara che occupava l’attuale innesto fra viale dei Partigiani e via mons. Enrico Rizzi; la statua di Santa Marta oggi posta nel museo della basilica.