La passione per il dialetto, una lezione all’Unitre

di Rossella Mungiello

Scaltro, ironico e a tratti caustico, ma spesso geniale. È il santangiolino doc, capace di inventare soprannomi dissacranti e divertenti, entrati nella storia della città.
Da El cugnà del Signur, per la sorella diventata suora, a El Pajon, per la propensione a dormire, che gli ha regalato l’essere avvicinato al materasso di una volta, il pajon appunto. Dalla Cirenaica – per il marito andato in guerra – al Ciarlestòn, per la passione per il ballo, fino al Fiumano, per quella fuga in direzione della città di Fiume, dove divenne commerciante di polli. Sono solo alcuni degli esempi delle tante “scumagne” santangioline – i soprannomi caricaturali che hanno un’origine antica in città – ricordati da Angelo Pozzi, esperto di dialetto santangiolino, in una lezione sui generis per l’Unitre – Università delle Tre Età – , nella sala Girona delle Mura Spagnole, lo scorso 30 gennaio.

Partecipata da un pubblico che non lesinava commenti, risate e ricordi, ricca di curiosità e aneddoti, la lezione di Pozzi ha preso il via proprio dalla lunga ricerca sulle scumagne che gli ha permesso di metterne insieme nel tempo qualcosa come 1200 esempi. Divisi per tipologie, perché la scumagna può nascere per una caratteristica fisica (come Buchèn e Buca Torta, per la conformazione della bocca), per un mestiere particolare (come el Giaserèn, perché vendeva ghiaccio) o un avvenimento specifico (come Stravacamadòna, forse perché, durante una processione, era inciampato con l’immagine delle Vergine).
E ancora per vicinanza a un ortaggio o una frutta – Banana, Curnetta, Patata, Piru – fino ai soprannomi esotici, come il cinese, l’americano, le spagnine. Personaggi che popolavano, e in alcuni casi ancora popolano, il panorama cittadino, costruendo un immaginario di riferimento collettivo univoco, costruito con la lingua dei padri. Una lingua che, già nel secolo scorso, ha suscitato l’attenzione della comunità scientifica, a partire dal 1935, per la sua caratteristica di enclave ben definita del panorama linguistico lombardo. Caratteristiche che “Il Ponte”, negli anni, ha contribuito a tenere vive, pubblicando racconti in dialetto, di cui alcuni, nel corso dell’incontro, sono stati vivacemente letti dal relatore e da Gabriella Bracchi, coinvolgendo i lettori in giochi e quiz sul significato di termini dialettali.





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