Gli ultimi eroi della lotta partigiana
Attivi in Oltrepo e in Val d’Ossola, hanno scritto un pezzo di storia santangiolina
Addio a Franco Lombardi e Osvaldo Grecchi, scomparsi a pochi giorni di distanza

di Lorenzo Rinaldi

Sant’Angelo dice addio a Osvaldo Grecchi e Francesco Lombardi, tra gli ultimi protagonisti della lotta partigiana. Grecchi e Lombardi si sono spenti all’età di 91 e 99 anni, rispettivamente il 21 gennaio e il 1° febbraio. Lasciano un’eredità importante alla nostra comunità, che li ricorda come persone perbene, rette, uomini tutti d’un pezzo che rappresentano motivo d’orgoglio per Sant’Angelo.
“Il Ponte” nei suoi vent’anni di pubblicazioni si è occupato varie volte dell’esperienza giovanile di Grecchi e Lombardi, tracciando il profilo dei due santangiolini e ricostruendo grazie alle loro testimonianze gli anni della Resistenza. Chi scrive ha avuto il privilegio di intervistarli e ricorda la passione e la lucidità con cui Grecchi e Lombardi ripercorrevano gli anni giovanili sui monti. Anni difficili ma indimenticabili, che hanno regalato alle nuove generazioni un’Italia libera. Attivi nell’antifascismo, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 Grecchi e Lombardi scelgono la lotta partigiana, in montagna, il primo nella Brigata Garibaldi in Val d’Ossola, il secondo nelle file di Giustizia e Libertà nell’Oltrepo Pavese.

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Osvaldo Grecchi nasce nell’aprile del 1925, frequenta le scuole fino alla quinta elementare e poi, all’età di 15 anni, nel 1940, inizia a lavorare come fresatore alla Brown Boveri di Milano. In fabbrica entra in contatto con il gruppo interno antifascista. “I vecchi operai - raccontava Grecchi a Il Ponte - cominciavano a lavorare su noi giovani per metterci contro il fascismo. Cercavano di farci capire, all’interno della fabbrica, il sistema democratico. Erano tutti comunisti e socialisti, si mettevano in qualche modo allo scoperto. Ci mostravano i limiti del sindacato fascista, l’unico ammesso, ci spiegavano i modi per eleggere democraticamente i nostri rappresentanti”. Oltre all’esperienza in fabbrica, Grecchi tiene i contatti con il movimento antifascista di Sant’Angelo che, seppur tra mille difficoltà, si mantiene in vita. E sarà anche il trait d’union tra gli ambienti milanesi di sinistra e il foglio clandestino “Risorgimento Liberale”, stampato proprio a Sant’Angelo nella tipografia di Umberto Biancardi.
“La Resistenza a Sant’Angelo contò diversi gruppi - diceva Grecchi -. Io, seppur diciannovenne, facevo parte del gruppo di San Rocco, con una quindicina di persone. Il luogo di ritrovo era di solito la trattoria San Giorgio, in via Cesare Battisti”. Dal 25 luglio 1943 al giugno 1944 Grecchi resta a Sant’Angelo e lavora a Milano. Nei mesi che seguono all’armistizio le truppe angloamericane risalgono la Penisola partendo dalla Sicilia, il Nord invece è ancora saldamente nelle mani dei nazifascisti e la lotta partigiana diventa dunque fondamentale per fiaccare il nemico e preparare il terreno all’arrivo delle truppe inglesi e americane, che sul loro percorso incontrano notevoli difficoltà e registrano più di una battuta d’arresto.
Nei primi giorni del luglio 1944 Grecchi insieme ad altri due santangiolini, Antonio Danelli e Giovanni Gatti, prende la strada dei monti, direzione Val d’Ossola, per aggregarsi all’85esima Brigata Garibaldi, già attiva da tempo. A influire sulla decisione di lasciare Sant’Angelo è anche l’arresto del tipografo Biancardi, che morirà all’inizio del 1945 nel campo di concentramento di Dachau. La partenza di Grecchi viene ritardata di qualche giorno rispetto alle previsioni iniziali a causa di un rastrellamento nazifascista in Val d’Ossola, alla ricerca di partigiani: in quel contesto, nel corso di un conflitto a fuoco, muore Mario Flaim, trentino d’origine, cugino del medico santangiolino Antonio Soini e figura di spicco della Resistenza della nostra città.
Un treno delle Ferrovie Nord porta Grecchi, Danelli e Gatti a Laveno Mombello. Poi l’attraversamento del lago Maggiore, fino a Intra, da dove in tram si dirigono verso Premeno, capolinea. Lì passano la notte e l’indomani Grecchi e Danelli vengono condotti a un distaccamento della Brigata Garibaldi, a circa mille metri di quota. Gatti invece rimane a Premeno per ragioni di salute.
“Ognuno di noi - ricordava Grecchi - prese un nome di battaglia. Il mio era Calippo e per Danelli, invece, il nome fu Sant’Angel. La vita era frenetica: ci spostavamo continuamente per scombussolare i montanari e impedire che qualcuno di loro riferisse ai nazifascisti dove eravamo. Facevamo puntate giù a Intra, a Fondo Toce, all’assalto di qualche caserma per far rifornimento di armi o dai fornai per comprare farina per il pane. Ci muovevamo in piccoli gruppetti, venti o trenta alla volta. A Intra c’erano i fascisti, mentre i nazisti erano a Novara e in Valsesia. Ci siamo scontrati più volte perché volevamo liberare la Val d’Ossola, da cui passava un treno che arrivava dalla Svizzera. Le armi dalla Germania, tramite il treno, arrivavano in Piemonte. Noi creavamo difficoltà nei collegamenti, anche se non potevamo certo far saltare il treno, che trasportava anche passeggeri civili”.
Fino al novembre 1944 Grecchi e Danelli rimangono sui monti piemontesi, poi un altro rastrellamento li costringe alla fuga verso la Svizzera. Appena in tempo per evitare l’accerchiamento della valle e arrivano oltreconfine, a Gondo. Dopo la disinfezione vengono condotti in un campo gestito dagli svizzeri con lo status di internati. Nel campo anche russi, tedeschi, francesi e tanti ebrei.
Nel febbraio 1945 Grecchi è mandato in un altro campo, al confine con la Germania. E poi ancora lavora in campagna, dorme a casa di contadini svizzeri, sempre con lo status di internato. “Finita la guerra non potevamo muoverci senza il permesso svizzero”, ricordava Grecchi, che rientra a Sant’Angelo il sabato della vigilia del Festòn: “In paese sapevano che eravamo partigiani. E ci hanno accolto bene”.

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Francesco Lombardi, classe 1917, tenente dell’esercito, figura invece tra i 28 santangiolini che decidono di arruolarsi nella sesta brigata di Giustizia e Libertà, formazione partigiana che opera a Romagnese, nell’Oltrepo Pavese. Nel settembre 1943 torna dalla Croazia approfittando di una licenza: decide di non rispondere all’appello della Repubblica di Salò e, come altri santangiolini che lo seguiranno poi a Romagnese, trascorre l’inverno di guerra tra 1943 e 1944 a Sant’Angelo. “Non si può dire che in paese ci fosse la caccia all’uomo da parte di tedeschi e fascisti - ricordava nell’intervista concessa a Il Ponte nell’aprile 2002 -, che iniziò però dopo, il 2 luglio 1944, con il rastrellamento fascista contro i renitenti, nel quale rimasero uccisi i coniugi Semenza”. Proprio alla luce di questi avvenimenti, nell’estate 1944 Lombardi parte per Romagnese. Al suo arrivo trova già alcuni santangiolini, sicuramente Sandro Tonolli e Piero Speziani, saliti qualche giorno prima. “Fino all’estate 1944” ricordava Lombardi, i partigiani dell’Oltrepo “erano solo bande armate non organizzate”; determinante si rivela dunque l’apporto dei santangiolini, che contribuiscono a consolidare la brigata in vera formazione militare e riescono a far arrivare al gruppo armi in gran numero.
Il 28 novembre 1944 Lombardi, insieme agli altri santangiolini, prende parte alla battaglia del Lagone (località Peli, comune di Coli, alta Val Trebbia), una tra le più importanti della Resistenza in Oltrepo, nella quale si affrontano la sesta brigata di Giustizia e Libertà e le divisioni tedesche. “Solo gli ufficiali erano tedeschi, mentre le truppe erano calmucche, provenivano cioè da zone conquistate dai tedeschi nell’Est Europa e li chiamavano mongoli”. Dopo giorni di scontri frontali, a 1500 metri d’altezza, i partigiani si ritirano per salvaguardare da ritorsioni tedesche gli abitanti del piccolo borgo di Coli.
Lombardi passa a Romagnese il periodo compreso tra l’estate e il dicembre 1944. Torna a Sant’Angelo il 27 gennaio 1945 e nemmeno un mese dopo, il 20 febbraio 1945, viene nominato comandante della prima brigata divisione pavese zona est, con compiti di ordine pubblico. Tra le righe del suo racconto emergono personaggi che hanno costruito l’Italia repubblicana: dall’amico Ferruccio Parri, capo del primo governo provvisorio dal giugno al novembre 1945, a Carlo Azeglio Ciampi, che con Lombardi frequentò il corso allievi ufficiali a Torino, “distinguendosi - diceva il santangiolino - per intelligenza e preparazione”.

 

IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano


Osvaldo Grecchi


Rovegro (zona di Intra, lago Maggiore), 1944, da sinistra, Antonio Danelli, Ricchini (un contrab-bandiere della Val d’Ossola) e Osvaldo Grecchi

Lombardi con il sindaco di Romagnese