La ferrovia a Sant’Angelo, un sogno irrealizzato
LA QUESTIONE DEI TRASPORTI SU ROTAIA NEL NOSTRO PAESE, MAI RISOLTA
Dall’Ottocento un susseguirsi di progetti, speranze e illusioni per dotare il nostro paese di una linea ferroviaria che avrebbe favorito insediamenti industriali che necessitavano dello scalo ferroviario

di Antonio Saletta


Per il nostro paese, il problema delle comunicazioni attraverso mezzi di trasporto ha da sempre rappresentato una spina nel cuore.
L’allacciamento tranviario della fine dell’Ottocento da Sant’Angelo per Milano, Pavia e Lodi risolveva il problema della mobilità delle persone e del pendolarismo, ma non risolveva affatto il problema del trasporto delle merci. L’ostacolo maggiore ad uno sviluppo industriale era il problema delle comunicazioni ferroviarie da cui Sant’Angelo era rimasta tagliata fuori, nonostante gli sforzi compiuti sin dall’Ottocento da diverse amministrazioni comunali.

Mentre la rete ferroviaria si sviluppava in tutta Italia, il problema diventava decisivo per gli imprenditori locali che per vincere la concorrenza dovevano abbattere i costi dei trasporti. L’unica risoluzione era quella di allacciare Sant’Angelo alla rete ferroviaria nazionale.
L’amministrazione comunale guidata dal sindaco Tommaso Colombo, anch’egli imprenditore e proprietario dello stabilimento serico in Castello, dal 1902 si impegnò in un progetto per l’esercizio di una linea ferroviaria Pavia-Brescia, coinvolgendo anche molti parlamentari e costituendo varie Commissioni per studiare l’opera ed intervenire ai vari livelli istituzionali. Ma l’iniziativa non ebbe esito favorevole a motivo del mancato concorso del 50% della spesa da parte dello Stato.

Nella seduta del Consiglio comunale del 5 novembre 1905 il sindaco Colombo facendosi interprete delle preoccupazioni degli imprenditori locali per la lentezza con cui procedeva il progetto di ferrovia Brescia-Pavia, affermava: “…nulla trascurammo per chiamare nuove industrie in paese e proteggere le esistenti. Vigoroso e tenace fu il concorso del Comune per lo studio del progetto della ferrovia Pavia-Brescia, dalla cui attuazione solo Sant’Angelo può attendere la sua resurrezione economica. Attorno ad essa si stringano tutte le forze intellettuali del paese col proposito di riuscire. Questo l’augurio, il voto più ardente dell’anima nostra”.
Lo stesso sindaco Colombo nell’aprile 1910 aveva tenuto una conferenza in paese “parlando dei mezzi di comunicazione e di trasporto e della loro influenza economica e sociale”, ricordando inoltre come gli industriali lamentassero di dover “lottare continuamente ad armi impari nella concorrenza con gli altri centri industriali perché non favoriti da facili e rapidi mezzi di comunicazione e trasporto”.
Un altro grido d’allarme giungeva nel 1912 da parte del consigliere comunale e imprenditore Angelo Pelli, il quale si compiaceva che la Giunta avesse rilevato “come il paese per circostanze di varia indole tende a ricondursi al primiero stato agricolo con evidente danno dello sviluppo che stava prendendo”.
Ma il problema non fu abbandonato. Alcuni anni più tardi l’Amministrazione Comunale incaricava l’ingegnere Steffenini di progettare un raccordo alle linee ferroviarie di Melegnano e Lodi, tentativo che anche questa volta andò fallito in quanto il Ministero competente non concesse il concorso nella spesa essendo il tronco Sant’Angelo-Lodi già servito dal tram.

La ferrovia Sud Milano-Valtidone

La questione dei trasporti su rotaia a Sant’Angelo sembrò imboccare una via risolutiva con la creazione della Società Anonima Ferrovie Sud Milano-Valtidone, costituita il 6 luglio 1924, col capitale sociale di cinque milioni di lire diviso in cinquantamila azioni da cento lire cadauna e con durata della società fino 31 dicembre 1975.
L’intendimento di base della Società fu quello di congiungere Milano coll’Oltrepò costituito dalla vallata del Tidone, attraverso una zona eminentemente agricola compresa fra due grandi linee Milano-Piacenza e Milano-Genova, priva di comunicazioni.
La notizia di una linea ferroviaria che avrebbe toccato Sant’Angelo Lodigiano sollecitò le località di San Colombano al Lambro, Borghetto Lodigiano e Graffignana affinchè la progettata linea servisse anche i rispettivi paesi. A dire il vero la linea per Sant’Angelo-Graffignana-San Colombano, negli intendimenti dei promotori della Sud-Milano, avrebbe dovuto essere una diramazione secondaria, da eseguirsi in un secondo tempo. Invece diventò una linea principale.
Toccò al presidente Cambieri, della Sud-Milano, e al progettista della linea, ingegner Pizzardi, illustrare il progetto dal lato tecnico e finanziario, nel nostro Municipio, il 4 giugno 1928. La linea, partendo da Milano-Vigentino, avrebbe dovuto allacciarsi a Locate di Triulzi con la linea delle Ferrovie dello Stato per Landriano, Torrevecchia Pia, Valera Fratta, per poi arrivare a Villanterio. Da qui un ramo della linea si sarebbe diramata per Sant’Angelo, Graffignana, San Colombano al Lambro, Chignolo Po, Pieve Porto Morone. L’altra per Inverno, Corteolona, Costa dei Nobili per ricongiungersi a Pieve, proseguendo poi per Castel San Giovanni, Borgonovo, Pianello, Nibbiano.
La linea si sarebbe sviluppata in sede propria con scartamento normale, a trazione elettrica, con una velocità media, per i treni passeggeri, di 60 km orari. I santangiolini, per raggiungere Milano, avrebbero impiegato poco più di mezz’ora.
Negli intendimenti degli ideatori, la linea avrebbe dovuto costituire la dorsale di numerose reti radiali, tra cui la Sant’Angelo-Pavia e la Sant’Angelo-Lodi.
Trascorsero appena due anni quando, il 2 aprile 1930, in una sala del municipio di Sant’Angelo, il podestà Silvestro Tonolli annunciò agli azionisti della progettata Ferrovia Milano Sud-Valtidone la mancata concessione della linea a motivo di un conflitto tra il Consiglio di Amministrazione e l’autorità tutoria. Le motivazioni del conflitto non furono mai rese note dalle cronache del tempo.
Entrò in scena un certo Besenzanica, possessore di due terzi delle azioni e costruttore di altre linee ferroviarie, il quale s’impegnò a fornire un forte finanziamento non appena ottenuta la concessione, che però non arrivò mai.
Si sarebbe riparlato di una ferrovia a Sant’Angelo dieci anni più tardi, nel marzo 1940, quando si riaccesero gli entusiasmi alla notizia che Sant’Angelo sarebbe stato allacciato alla direttissima Genova-Bolzano che da Pavia sarebbe passata per Lodi, Crema, Brescia, Trento e facendo nascere la speranza di una stazione nel nostro paese.
Laconico il commento del segretario comunale Felice Senna compilatore di alcune note di cui ci siamo serviti per compilare questo testo “Anche questa iniziativa non ebbe buon fine”.
Ancora oggi Sant’Angelo Lodigiano, con i suoi poco più di 13.000 abitanti, rimane una delle poche località di un certo rilievo a non essere servita dalla rete ferroviaria italiana.



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