Monsignor Bassano Dedè, il parroco dell’intransigenza

Ha suscitato interesse e dibattito l’ampio articolo storico dedicato alla figura di monsignor Bassano Dedè, pubblicato sullo scorso numero di aprile. Un articolo inedito, preparato alcuni anni fa dal compianto professor Angelo Montenegro. Al fine di delineare nella misura più completa possibile la figura del sacerdote, proponiamo ora un secondo articolo dedicato a monsignor Dedè, questa volta a firma di Achille Ferrari, apprezzato cultore della storia locale.


Sul finire del mese di aprile del 1859 l’Austria inviò un ultimatum: avrebbe invaso il Piemonte se entro tre giorni l’esercito piemontese non fosse stato smobilitato.
Come era prevedibile, Vittorio Emanuele II respinse le proposte, accettando la sfida di guerra. Il maresciallo austriaco Franz Giulay, ordinava ai suoi eserciti (in tutto circa 160.000 uomini) di attraversare il Ticino, e puntare su Torino, con lo scopo di impedire il congiungimento fra le truppe piemontesi e quelle francesi che sbarcavano a Genova.
Anche a Sant’Angelo i primi di giugno del 1859 i militari austriaci, con a capo il generale Franz Joachim Von Liechten, occuparono le abitazioni e la villa dell’avvocato Francesco Cortese e ordinarono lo sgombero del quartiere Massaglia, pronti ad accorrere l’8 giugno al combattimento di Melegnano dove le truppe franco-piemontesi e i volontari prevalsero, così che lo stesso giorno Vittorio Emanuele II, a fianco di Napoleone III, entravano a Milano, e questa volta definitivamente.
Mentre questi avvenimenti storici si svolgevano, monsignor Bassano Dedè era già parroco di Sant’Angelo da circa due anni. Bassano Dedè nacque a Lodi il 17 gennaio 1818 e ordinato sacerdote il 5 maggio 1841, prestò la sua opera sacerdotale a Spino d’Adda, a Borghetto Lodigiano, a San Gualtiero di Lodi, a Cornegliano e il 29 settembre 1857 fu promosso parroco di Sant’Angelo.

Don Dedè e Garibaldi

Il 1859 fu l’anno della seconda guerra d’Indipendenza e sia per il clero che per i cattolici militanti, iniziarono tristi momenti. Nel 1860 venne eletto sindaco Raimondo Pandini mazziniano fervente, e in paese sorsero contese tra clericali, cattolici liberali, liberali non cattolici, massoni, mazziniani e garibaldini. Monsignor Bassano Dedè li considerava più o meno responsabili di tutti i mali del tempo.
Il 10 aprile 1862: “(…) Giovedì verso un’ora pomeridiana il Generale Garibaldi arrivava da Pavia per Belgioioso a Sant’Angelo con un lunghissimo seguito di carrozze, parte venute ad accompagnarlo sino a Pavia, parte di molti signori di Sant’Angelo e del Mandamento che andarono ad incontrarlo sin vicino a Villanterio”. (Cfr. Il “Corriere dell’Adda” del 12 aprile 1862).
Giuseppe Garibaldi compiva un giro di propaganda a favore del Tiro a Segno Nazionale per la preparazione della conquista delle province del Veneto e Romane.
Continua il “Corriere”: “….scese dalla carrozza al Municipio, ricevuto nella sala del Consiglio dal sindaco e dalla Giunta municipale del Mandamento, poi saluti e strette di mano e baci di uomini e di donne innamorati tutti di questo nuovo nume del popolo italiano”. Il “Corriere dell’Adda” riporta che una ragazza “spinta d’adorazione al Grand’Uomo, gli recise pochi capelli. Ei ne rise, e disse alla graziosa giovinetta: Lei mi darà per conto dè miei capegli. Poi il Generale si affacciò alla finestra del Municipio per ringraziare della cortese e cordiale accoglienza e disse fra l’altro: Con un popolo come voi si conquista il mondo. Bravi…. addestratevi nell’armi, esercitatevi al tiro e compiremo l’opera. Roma e Venezia, sì Roma e Venezia: è una vergogna in questi nostri paesi. Lo ripeto: è una vergogna che dobbiamo togliere, ma ci vuole volontà e proposito. Tornò una seconda volta alla finestra: Sì, andremo a Venezia, a Roma: ma sapete chi sono coloro che ci impediscono di andare a Roma? Sono i cattivi preti che hanno svisata la religione di Cristo. Io sono cristiano, lo dico a voi perché molti, per screditarmi, hanno detto che io non lo sono. Si lo dico con orgoglio, Io sono cristiano: di quella religione del Vangelo che predica il perdono delle offese, di non fare agli altri quello che non vogliamo fatto a noi, di quella religione che predica l’amore universale e l’amore di Patria (….)”.

A sinistra ritratto di monsignor Bassano Dedè. Sopra una inedita veduta dell’ìngresso dell’Ospizio per la Vecchiaia, fondato dal parroco Dedè il 1 gennaio 1884, posto nei pressi dell’attuale piazza monsignor Nicola De Martino.

Poi Giuseppe Garibaldi volle visitare la chiesa ma, avvisato il parroco sulle intenzioni del generale, non solo monsignor Dedè si rifiutò di riceverlo ma addirittura quando Garibaldi con il seguito giunse sul sagrato a pochi metri da monsignor Dedè egli con grande coraggio gli sprangò in faccia il portone centrale della chiesa.
Nel pomeriggio dopo le ore 14, Garibaldi partì accompagnato da molta folla e alcune carrozze verso Lodi.
La conseguenza della visita di Garibaldi e la polemica scoppiata contro il prevosto si protrassero per molti anni, così come l’altra polemica che Dedè ebbe con i tre preti garibaldini e suoi coadiutori Bartolomeo Cagnoni, Pietro Orsi e Probo Rozza sospesi poi a “divinis” dal vescovo di Lodi monsignor Benaglio.
Per la sua fedeltà e per il coraggio a seguire le direttive della Santa Sede, il 17 agosto 1866 Dedè fu arrestato dai reali Carabinieri condotto alle carceri di Lodi e di là tradotto ad Abbiategrasso e condannato a domicilio coatto per tre mesi. La sera del 31 ottobre 1866 monsignor Bassano Dedè tornò in parrocchia. Ma il 3 maggio 1869 venne di nuovo arrestato e portato a Lodi: la cronaca di allora si soffermò sul fatto che molti punti del paese erano presidiati da Carabinieri a cavallo che temevano tumulti dal popolo. Il sindaco avvocato Antonio Bassi Junior si diede da fare per liberare monsignor Dedè e il ritorno del parroco fu trionfale.
Così la tradizione ci ha tramandato e sottolineato in modo contraddittorio la figura di monsignor Bassano Dedè; esaltato (dai cattolici) o avversato (dai liberali) come il fior fiore dell’intransigenza. Ma monsignor Dedè non va ricordato solo per questi fatti.

Il padre dei poveri

L’attivo sacerdote fece restaurare la chiesa parrocchiale (1867): lo stesso anno (1 giugno 1867) venne eretto il nuovo cimitero.
Nel 1887 Dedè portò le campane del campanile a sei; fece restaurare la cappelletta del Lazzaretto; profuse il culto di San Benedetto Labre e in ricordo della sua “sosta” fece dipingere un affresco alla cascina Musellina.
Per sua iniziativa fu ampliato l’Ospedale Delmati, opera di eccezionale importanza se si pensa all’altissima mortalità infantile (40 bambini in un mese nel 1891).
Per i ragazzi acquistò a sue spese casa e terreno vicino alla chiesa di S. Bartolomeo e vi impiantò un oratorio festivo, inaugurato l’8 giugno 1879 e visitato alcuni anni dopo da S. Giovanni Bosco.
Il prevosto non tralasciò alcuno, pensò anche agli operai: costituì la Società Operaia di Mutuo Soccorso (novembre 1881). Frutto di tale società furono, tra l’altro, la rifondazione della banda e la scuola di canto.
Per i poveri e per i bisognosi che a Sant’Angelo erano numerosi, monsignor Dedè istituì la Società S. Vincenzo de’ Paoli (26 giugno 1877). Gli orfani furono poi curati con tenerezza particolare: con l’aiuto del municipio e del proprio patrimonio provvide a fondare un luogo adatto ad essi.
Neppure gli anziani furono dimenticati: comprò una casa nel 1884 per ricoverarli e pensò ai loro bisogni materiali e spirituali finché visse.
Nell’Archivio parrocchiale fra le lettere indirizzate a monsignor Bassano Dedè ce n’é una molto interessante a riguardo di Paolo Gorini che, ricordiamo, imbalsamò anzi “pietrificò” il corpo di Giuseppe Mazzini.
La lettera è scritta al prevosto dal sacerdote Franco Pelli nostro concittadino, il 12 maggio 1880, quando era direttore del giornale cattolico “Lemene”. Scrive, dunque don Pelli: “Reverendo signor prevosto, il professor Gorini è stato da me ieri otto, e in una seduta di due ore e un quarto voleva persuadermi: 1 - essere falso ch’egli sia razionalista, benché confessi di non essere un buon cristiano; 2 - che la cremazione può essere accettata dai cattolici. Infatti (senta questa, che è magnifica) egli sta progettando un crematorio di nuova forma, nel quale, mentre da una parte il cadavere brucia, dall’altra il sacerdote celebra la Messa da morto (presente, cioè sfumante, cadavere….Bisognerà scrivere una Messa apposta)!!! Mi reggevo a stento i fianchi: ma come il vescovo m’aveva raccomandato di trattarlo con ogni urbanità così feci, e colsi ogni piccola occasione per toccare l’argomento della religione. E, se non m’illuse il desiderio del suo bene, parmi sia proprio quello che da qualche tempo si pronostica di lui: il suo ritorno alla Chiesa. (...)”. Purtroppo non sappiamo la risposta di monsignor Dedè.
Il 27 febbraio 1892, Mons. Bassano Dedè morì all’età di 74 anni, poverissimo: nei 35 anni della sua permanenza a Sant’Angelo spese in opere di carità più di L. 150.000, una somma ingente per quei tempi. Egli era animato da una carità così larga da essere considerato dai suoi parrocchiani il “Padre dei poveri e strenuo difensore della fede” come è scritto sull’epitaffio nella cappella dei sacerdoti al cimitero.

Nella sua continuità

Concludiamo con una frase scritta da Santa Francesca Cabrini nel 1880 (ricordiamo che monsignor Dedè le impartì la Prima Comunione nel 1863 e che influì come guida e consigliere sulla formazione spirituale giovanile della Cecchina): “Lo scorrere degli anni piuttosto che al dimenticarlo mi vale rammentarlo sempre maggiormente”.
Pensando e riflettendo al ministero svolto dal Dedè a Sant’Angelo bisogna riconoscere quanto il suo pensiero fosse all’avanguardia con i tempi, e quanta dedizione e cura ebbe per i suoi parrocchiani perché non si sentissero soli e abbandonati.
Sant’Angelo quindi non può fare a meno di ricordarlo come un grande benefattore della città, sia sotto l’aspetto religioso che civile. Egli è stato l’iniziatore di opere poderose che continuano ancora oggi: l’Ospedale, la Casa di Riposo e l’Oratorio.
Achille Ferrari

 


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