Cordai barasini in trasferta, dal Lambro a Pizzighettone


Il Fino alla seconda metà del secolo scorso la produzione della corda è stata una delle attività principali di Sant’Angelo, radicata soprattutto nel quartiere di San Martino, che oggi ricorda quell'epopea umana e imprenditoriale con una via.
Ma tracce e testimonianze dell’esperienza dei cordai santangiolini sono individuabili anche al di fuori dei confini del paese, segno che l'abilità dei barasini nel realizzare cime e gomene è stata apprezzata in altre località della Lombardia.
A 45 chilometri da Sant’Angelo sorge, in terra cremonese, il borgo fortificato di Pizzighettone: e proprio lì è ambientata la storia che andiamo a raccontare; una storia nella quale i cordai santangiolini hanno un ruolo importante.
La produzione della corda a Pizzighettone è collegata alla presenza del Genio militare, situato in una posizione strategica fra le province di Cremona e Milano (oggi il confine è con la provincia di Lodi) e lungo il corso dell’Adda, pochi chilometri prima della confluenza nel Po.
Tra le mura e le casematte austriache di Pizzighettone la produzione della corda viene fatta risalire agli anni trenta del secolo scorso; in quegli anni infatti è stata costruita la corderia all'interno del Genio militare.
L’attività non cessa nemmeno durante la seconda guerra mondiale: prima del conflitto si contano a Pizzighettone un migliaio di lavoratori, durante le ostilità la pista utilizzata per la produzione della corda (quella che i santangiolini chiamano santè) viene ridotta da 300 a 221 metri a causa dei bombardamenti alleati.
La lavorazione della canapa prima e dei filati sintetici poi termina soltanto all’inizio degli anni Settanta.
Proprio la presenza del Genio militare indirizza la produzione: le corde di grandi dimensioni sono prodotte per farne gomene di navi militari, le corde di piccole dimensioni servono, ad esempio, per realizzare reti mimetiche.
L’epopea della corda di Pizzighettone è oggi raccontata nel locale Museo di Arti e Mestieri. Accanto agli strumenti utilizzati per la lavorazione di canapa e filati sintetici, sono esposti gli attrezzi del mestiere e diverse tipologie di corda.
Il visitatore viene guidato nel mondo dei cordai da fotografie e testi appesi alle pareti. E proprio la visita al museo di Pizzighettone riserva una sorpresa, perché permette di scoprire che i cordai più richiesti (“per la loro dichiarata fama di professionalità e abilità”, spiegano al museo) arrivavano da Castelponzone, nel Cremonese, e da Sant’Angelo Lodigiano.
Per un piccolo borgo come Pizzighettone la necessità di importare manodopera specializzata si spiega almeno con due ragioni.
La prima è legata ai numeri: la lavorazione della corda nel paese cremonese arriva ad avere un migliaio di addetti; difficile pensare che fossero tutti di Pizzighettone.
La seconda ragione è invece pratica: per produrre grandi quantitativi di corda erano necessarie maestranze preparate, facili da recuperare negli altri centri lombardi nei quali questo tipo di lavorazione era già diffuso e radicato.
È infine ipotizzabile che a Sant’Angelo, in alcuni periodi storici, vi sia stato un eccesso di manodopera: una valvola di sfogo può dunque essere stata la corderia di Pizzighettone.
Se i “lavoratori in trasferta” rappresentano un elemento di contatto fra Sant'Angelo e Pizzighettone, non mancano le differenze.
Significativa è quella legata alle materie prime: all’ombra del castello Bolognini le fibre naturali vengono importate da altre zone d'Italia (ad esempio dalle campagne di Cento, in provincia di Ferrara), Pizzighettone al contrario affianca all'importazione anche una piccola produzione locale di canapa.
Seminata tra febbraio e marzo, la canapa “cremonese” veniva raccolta fra la metà di luglio e la metà di agosto: riunita in mazzetti era posta a essiccare al sole per due-tre giorni, veniva poi macerata in acqua per otto giorni; infine seguiva la fase dell'asciugatura, ultimo passaggio prima della lavorazione.
Fino al 1950 circa i cordai di Pizzighettone hanno utilizzato la canapa, successivamente hanno scelto fibre artificiali, decretando di fatto la fine delle coltivazioni locali.
Lorenzo Rinaldi.




IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano