Il “fabricòn” cessa l’attività

Futuro difficile per i 57 lavoratori dell’azienda tessile barasina

La produzione sarà concentrata nello stabilimento di Biella


Il 2008 non poteva iniziare peggio: la Sinterama, multinazionale del tessile, ha comunicato l’intenzione di chiudere lo stabilimento di Sant’Angelo, lo storico “fabricòn”.
L’annuncio è arrivato nello scorso mese di gennaio, ed è stata una vera doccia fredda per i 57 lavoratori e per l’intero territorio.
Sebbene ormai da qualche mese la Sinterama non avesse più investito risorse nel polo di Sant’Angelo, nessuno si aspettava una crisi così repentina.
La multinazionale ha invece deciso di concentrare la produzione di Sant’Angelo nello stabilimento di Biella, che rappresenta il quartier generale dell’azienda. Secondo quanto assicurato dalla ditta ai sindacati lodigiani, lo stabilimento di Sant’Angelo non dovrebbe essere brutalmente chiuso da un giorno all’altro, al contrario l’attività verrebbe ridotta poco alla volta fino a cessare definitivamente prima dell’estate. Si tratta di un particolare che purtroppo, però, vale ben poco rispetto al dramma che si prospetta per 57 famiglie di Sant’Angelo e del circondario. Subito dopo l’annuncio fatto da Sinterama, sono iniziate le trattative sindacali, le assemblee di fabbrica in via Garibaldi e gli incontri tra i rappresentanti dell’azienda e quelli di Comune e Provincia di Lodi. I rappresentanti dei lavoratori hanno chiesto immediatamente a Sinterama di ripensare il piano di chiusura totale, nella speranza di mantenere a Sant’Angelo almeno un piccolo presidio produttivo, seppur ridotto nei numeri. Anche da Comune e Provincia è arrivato il medesimo messaggio.
La realtà dei fatti sembra però andare nella direzione opposta alle richieste del territorio, come hanno ribadito i responsabili della Sinterama ai sindacati in occasione degli incontri nella sede dell’Associazione Industriali a Lodi. L’azienda ha, infatti, avviato le procedure per la cassa integrazione straordinaria di due anni, per tutti i dipendenti. Una parte di questi, non più di una decina, potranno intraprendere il percorso verso la pensione. Ma per tutti gli altri, tra cui un buon numero di donne, il futuro è nero. Dopo la cassa dovrebbe infatti scattare la mobilità, da uno a tre anni a seconda dell’anzianità di ogni lavoratore.
Nonostante in queste settimane i sindacati e le istituzioni si siano spesi per evitare la chiusura, c’è già chi guarda oltre e cioè alla grande area oggi occupata dalla Sinterama e che un domani potrebbe restare vuota. La speranza è che possa nuovamente ospitare attività produttive, sfruttando i capannoni esistenti, senza dunque trasformarsi nell’ennesimo grande quartiere di palazzi, che sarebbe abitato da persone costrette ogni giorno ad emigrare verso Milano per lavoro.
Lorenzo Rinaldi