Ma una volta come facevano?

Oggi ci imbottiamo di antibiotici, vitamine, pastiglie, fermenti...


Il primo starnuto è solo uno starnuto. Il secondo starnuto è un avvertimento. Il terzo starnuto… salute! Che se ne va. Ed eccoci qua, ai primi d’autunno già in balìa dei mali di stagione. E alla prima febbre, al primo raffreddore giù a imbottirci di antibiotici, vitamine, pastiglie effervescenti, pomate, fermenti lattici, aerosol… va bene, fortuna che ci sono tutte queste belle cose ma a volte viene da pensare che si stava meglio quando si stava peggio. O quantomeno viene da chiedersi “ma una volta, come facevano?”
Neanche il tempo di pensarlo, e salta fuori un vecchio libro, chissà da dove. Chiamarlo libro è un complimento, ci è arrivato sotto forma di fotocopie sgualcite, un ammasso di pagine bucherellate senza alcun riferimento bibliografico. C’è solo il titolo: “Libro contenente la Maniera di Cucinare e Vari Segreti e Rimedi per Malatie et Altro”. L’autore lo chiameremo Anonimo.
L’Anonimo non è certo un grande chef, lo si capisce subito sfogliando le pagine del libro, e non è nemmeno un medico: el g’ha püsè del medegòn. È un tipo che non fa troppa distinzione tra cucinare pollo in salsa e fabbricare diamanti col sugo di cipolla, uno poco e male informato su molti fatti della vita. Ma tant’è, nelle giornate di febbre autunnale è spesso la noia a farla da padrona e una lettura inaspettata come questa può far scivolare via un pomeriggio.
Così scopriamo che per mandar via la febbre ci sono rimedi naturali alla portata di tutti, altroché. A dire la verità l’Anonimo è molto specifico e parla di febbri terzana e quartana, due tipi di febbri malariche. Ma se va bene per quelle andrà bene per tutto, no? Allora, per la febbre terzana il nostro Anonimo suggerisce diversi rimedi, il primo dei quali consiste nel bere a digiuno bicchieri d’acqua con succo di limone, facendo attenzione a mandar giù anche i semi. Un altro metodo è preventivo, il limone va spremuto nel caffè per essere bevuto prima che venga la febbre, “ma poco prima” precisa l’Anonimo. Se la febbre persiste, una testa di lu-maca pestata e presa col brodo è come una scopa.
La febbre quartana prevede rimedi etilici. Si prendono tre boccali di vino bianco: in due si mettono radici d’ortica e si bevono, il terzo si manda giù liscio. Sembra più una scusa per farsi un bianchino, ma fidiamoci. Altra terapia è quella del rosso d’uovo in acquavite. Dopo averne bvuto si deve correre fino a sudare copiosamente. Oppure si torna al limone col caffè, ma in questo caso il medicamento va preso “un’ora prima che venga la febbre”, e non poco prima.
Non solo malanni di stagione, il nostro Anonimo la sa lunga e ci parla anche di sciatica, mal di testa, calcoli e stitichezza. Lo so, care signore, che sono tra i vostri argomenti preferiti, quindi prendete appunti. Per la sciatica e dolori simili, non c’è miglior rimedio che munirsi di olio di noce per ungersi e massaggiare la parte dolorante. Questo però va fatto vicino al fuoco, molto vicino, “fino a tanto si possa soffrire”. Se poi vi passa la sciatica ma vi rimane l’ustione non c’è problema: l’Anonimo ha pensato anche a questo e suggerisce di fasciare il tutto con un impacco di olio d’oliva vergine e sale.
Mal di testa, vertigini, emicrania? Un po’ di succo di pimpinella da far gocciolare nelle orecchie e passa tutto. Per i calcoli renali, invece, un metodo meno invasivo di un intervento in laparoscopia: un cucchiaio di spremuta di limone e radici di cipolla. Preso regolarmente aiuta a mingere i fastidiosi sassolini. Per ritrovare la naturale regolarità del nostro organismo, infine, un panetto di burro nel brodo smuove anche gli intestini più pigri.
La medicina applicata a fini non terapeutici, anche questa è materia per l’Anonimo che si prodiga in consigli a noi uomini e donne d’oggi, che vogliamo le cremine per non invecchiare mai. Era avanti, l’Anonimo.
Per rassodare la pelle, donne e fanciulle, masticate 5 o 6 mandorle amare. Sputate e stendete l’impasto su un telo di lino, che vi servirà per strofinare la pelle del viso. Al mattino sciacquate con acqua fresca (non usate acqua corrente: tenetela in una boccia). L’Anonimo assicura: “fà bianco e delicato”. E per gli uomini? I problemi di calvizie possono essere risolti con impacchi d’olio d’anguilla. Una volta ricresciuti i capelli, per tingerli “Stilla del mele: la prima acqua li fa biondi, la seconda neri”. E una volta ricresciuti e tinti, se non siete soddisfatti del risultato potete farveli ricadere con un miscuglio di solfuro di arsenico e un’erba velenosa chiamata dente cavallino: “li fà cadere e più non tornano”.
Se poi volete anche risparmiare sul dentista (e chi non vorrebbe risparmiare sul dentista?), c’è il modo sicuro per cavare i denti senza dolore. Prendete un ramarro vivo, mettetelo in pentola e infornatelo. Una volta morto, praticate nel rettile un buco in cui introdurre acquaforte (acido nitrico) e acquavite (probabilmente messe insieme per assonanza). Tappate il buco e rimettete sul fuoco. Data una scaldatina, polverizzate il ramarro e strofinate la gengiva e non solo potrete togliere con facilità il dente ma “in un momento sparerà la carne dalla gengiva e il dente”.
Pensandoci bene, l’Anonimo e i suoi rimedi non aiutano a rimpiangere i bei tempi andati. Magari non aiutano nemmeno a fare pace con l’industria farmaceutica, ma con il medico di famiglia un pochino sì.
Giuseppe Sommariva