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Diario d’estate 2007 Pronto in sella anche quest’anno tra uno scroscio d’acqua e l’altro, a passeggiare in bicicletta senza altro scopo che il divertimento. Sono uno di quei ciclisti che amano la bicicletta per una passeggiata gratuita in campagna, per gironzolare tra le vie dei paesi, senza caricare troppo sui pedali, solo per sentire una lieve brezza e godere del tempo libero all’aperto. Proprio pedalando però quest’anno mi sono accorto dell’esistenza di altri ciclisti ed ho provato a mettermi nei loro panni. Non in quelli dei ciclisti pluri-accessoriati, mi sentirei ridicolo in una tu-tina multicolore con caschetto e occhiali. No, mi sono calato nei panni degli altri. Quelli che la bicicletta la usano per necessità come unico mezzo di trasporto.
Il pensiero è iniziato una mattina quando ho incrociato un giovane diretto a Sant’Angelo che stava cercando di trasportare una grossa anguria su una bici da uomo piuttosto malconcia. Non aveva l’aria di divertirsi. Piuttosto aveva l’aspetto di chi cercava di risolvere un problema che, per necessità, non poteva affrontare in altro modo. Decido allora, questa volta, di mettermi nei suoi panni e non per modo di dire. Mi doto quindi di un peso analogo (una tanica da dieci litri d’acqua). Con una mano tengo stentatamente il manubrio e con l’altro reggo la tanica che, in quanto a parallelepido, sfugge meno che una sferica anguria. Più volte sobbalzo, temo di cadere, appena prendo velocità, rallento ed almeno in un paio di occasioni devo scendere dalla bici in prossimità dei salti dissuasori di velocità. Alla fine arrivo a casa fradicio di sudore. Missione compiuta con non poca fatica. Alla soddisfazione per esserci riuscito, si aggiunge la perplessità per la fatica e il tempo perso. |
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