San Bartolomeo: un quartiere spento

Un sabato mattina, per curiosità ho deciso di ripassare dal quartiere di San Martino e San Bartolomeo. Era da molto tempo che non lo visitavo. Da quando, terminata l’infanzia, ci si è rivolti verso altre mete, da quando i pochi amici che abitavano lì si sono trasferiti e i pochi parenti ormai andati nel corso del tempo. Ricordo che da bambino il quartiere mi appariva vivo e popolato. Mi affascinavano i cortili che si aprivano oltre i cancelli e che a volte nascondevano giardini e poi orti che potevano arrivare giù fino al Lambro.
San Bartolomeo era solo una salita che da bambino appariva erta, da sfidare in bicicletta per vedere se si poteva arrivare in cima pedalando, una via semplice con il suo angolo retto all’altezza della chiesa, ma che nascondeva parecchi segreti.
Si poteva cercare qualche amico nei cortili, andare a comperare un gelato o veder giocare alle bocce al bar (da Tofu) oppure andare a comperare le patatine al botteghino d’angolo (Peléta) oppure uscendo un poco in San Martino si poteva andare anche nel baretto della Maria e allora erano altri gelati.
Poi c’era la sagra con la pesca, aperta nel curioso box al centro del cortile, i giochi e la processione. Insomma un mondo vivo. Quello che mi è apparso agli occhi l’altro giorno è invece un quartiere vuoto, quasi inaridito. Non so quanta gente abiti ancora nei cortili, spero molta, ma in giro non c’era nessuno, sono scomparsi da tempo tutti gli esercizi commerciali, anche i più minuscoli e la chiesa soffre i mali del tempo e si riempie di muffa. Non è nelle mie abitudini fare l’elegia del bel tempo andato, ma piuttosto domandarmi come possa un quartiere essersi spento fino a questo punto. L’impressione è quasi surreale e metafisica. Un quadro di De Chirico, un’assenza di vita. Altri quartieri di Sant’Angelo stanno sopravvivendo grazie all’arrivo dei nuovi venuti, ma qui non pare evidente neppure quello e San Martino e San Bartolomeo resta una propaggine del paese dimenticata e abbandonata a se stessa.
Ora probabilmente la popolazione residente è ormai molto anziana, ma non credo ci si possa ricordare del quartiere tra San Martino e la “Guatra” solo il giorno della sagra.
L’Amministrazione comunale in carica ha avuto qualche aspirazione alla socializzazione e alla cultura.
Allora perché non decentrare ogni tanto attività culturali dalla piazza a San Bartolomeo? Che so una mostra d’arte sulla via o un concerto sul sagrato della chiesa o magari una mostra o un dibattito sulla vita storica di questo e degli altri quartieri santangiolini.
Si potrebbe poi tentare di sostenere un qualche coraggioso che volesse aprirsi un negozietto o un bar nella zona. Perché non inserire anche la bella chiesa di San Bartolomeo nei circuiti turistici della proposta santangiolina?
Insomma mi pare che Sant’Angelo non possa proiettarsi solo nel futuro e nelle luci dei centri commerciali dimenticando la realtà del paese.
Forse bisognerebbe tornare un poco anche a San Bartolomeo che è sempre stato un’oasi di vita sana e popolare.
Cristoforo Vecchietti