Per celebrare i duecento anni della nascita di Giuseppe Garibaldi
(1807-2007)

Garibaldini e contrasti sociali
nella Sant’Angelo dell’Ottocento

L’intransigente parroco Dedè, i due santangiolini dei Mille, il passaggio di Garibaldi

Attorno alla metà del secolo XIX, Sant’Angelo non era certamente una delle borgate più tranquille. Dagli anni Quaranta in poi, i suoi abitanti furono spettatori di contrasti politici e sociali, con vivaci controversie soprattutto nell’ambito della vita religiosa.
Quando da Milano si estese la fiammata rivoluzionaria del 1848, il clero di Sant’Angelo si era fortemente diviso, da una parte il parroco don Bassano Dedè e don Domenico Savarè professavano il loro rigore con tutto ciò che potesse sembrare contro il Papa, dall’altra parte tre sacerdoti: don Bartolomeo Cagnoni, don Pietro Orsi e don Probo Rozza sostenevano e propagandavano l’impegno di aiutare, anche finanziariamente, l’impresa garibaldina in Sicilia.
La situazione divenne poi insostenibile e gli animi infuocati quando arrivò in paese la notizia dell’annessione delle terre di Romagna allo Stato Italiano, mentre la conseguente polemica sul potere temporale del Papa assumeva in paese toni sempre più drammatici.
Rimangono famosi gli atteggiamenti del parroco Dedè, con il rifiuto di celebrare funzioni religiose nel giorno natalizio di Re Vittorio Emanuele II e nella festa nazionale dello Statuto, che infiammarono maggiormente l’opposizione al parroco da parte dei preti liberali, dividendo il paese tra i pro e i contro don Dedè e don Cagnoni,
I risultati di queste lotte furono la sospensione “a divinis” di don Cagnoni e l’arresto di don Dedè e di don Savarè.

L’arruolamento garibaldino

Si stava preparando la seconda guerra d’indipendenza e parecchi giovani santangiolini, contagiati dall’entusiasmo garibaldino dei Bolognini, si preparavano ad arruolarsi fra i Cacciatori delle Alpi.
Il 25 giugno 1859, a firma di Raimondo Pandini, di Nosotti e di don Bartolomeo Cagnoni, venne inviata la seguente lettera al parroco don Bassano Dedè: «Con atto in data d’oggi autorizzato dal Real Governo di Sua Maestà Vittorio Emanuele II venne dalla Deputazione Comunale di Sant’Angelo e da apposito Incaricato del Generale Garibaldi istituita una Commissione anche in questo Borgo per l’arruolamento dei giovani volontari al Corpo dei Cacciatori delle Alpi sulle norme di quelle che furono già attuate nelle città e principali borgate del Regno. A far sentire l’importanza di tale arruolamento, ad eccitare la gioventù ad accorrere sotto le bandiere del prode Generale Garibaldi, la Commissione di Lodi promulgò un proclama [che riproduciamo in questa pagina] specialmente diretto ai Rev.di Parroci, del quale proclama la scrivente Commissione le spedisce copia pregandola a volerne fare lettura al popolo dal pergamo, delucidando quei passi che a suo criterio possano essere poco compresi dalla generalità della popolazione. Non dubita punto la scrivente che Ella pure vorrà concorrere con tutti quei mezzi che Dio pose nelle sue mani, e secondo i quali dovrà essere giudicato alla emancipazione di questo nostro Paese».
La lettera, conservata nell’Archivio parrocchiale, presenta una sottolineatura alle parole “e secondo i quali dovrà essere giudicato”, sicuramente opera di don Dedè, il che fa intuire l’improbabilità della lettura dal pulpito dell’appello.
Nel dicembre 1859 Garibaldi indisse la sottoscrizione nazionale chiamata del “milione di fucili”, alla quale aderì anche la municipalità santangiolina con la somma di lire quattrocento, deliberata dal Consiglio comunale del 25 giugno 1860.

Volontari santangiolini

Sulla lapide, inaugurata l’8 ottobre 1911 nel cinquantenario dell’indipendenza, attualmente posta sulle mura spagnole, sono incisi i nomi dei volontari barasini che dal 1848 al 1866 presero parte, in maniera diversa, alla guerra per l’indipendenza italiana.
Raimondo Pandini e Luigi Semenza furono condannati come cospiratori.
Carlo Amici, Bernardo Arrigoni, Antonio Bassi, Cesare Bassi, Ercole Bolognini, Giuseppe Bolognini, Luigi Bolognini, Pio Bolognini, Giuseppe Bondioli, Pietro Corbellini, Alessandro Magri, Cristoforo Magri, Achille Mascherpa, Giuseppe Nosotti, Luigi Nosotti, Francesco Oppio, Giovanni Pandini, Alessandro Porro, Antonio Rippa, Igino Savarè, Angelo Segala, Luigi Segala e Vittorio Semenza andarono ad ingrossare le file dei garibaldini.
In vari scontri perderanno la vita Carlo Rossi e Pietro Tenca.
Nella battaglia che prenderà nome del fiume Volturno, combattuta nei giorni 1 e 2 ottobre 1860 contro le truppe borboniche, cadde valorosamente Carlo Tonolli, che con Mascheroni e Nosotti partecipò a quello scontro considerato uno dei più importanti fatti d’arme del Risorgimento e il più importante nella carriera militare di Garibaldi.


I due santangiolini che hanno partecipato alla spedizione dei Mille. Con la divisa garibaldina il diciassettenne Carlo De Vecchi e con la folta barba l’avvocato Giovanni Antonio Semenza. I loro nomi con le rispettive immagini compaiono nell’Album dei Mille, realizzato dal fotografo ottocentesco Alessandro Pavia, che fece controfirmare da Garibaldi ogni foto, comprovando così la loro effettiva presenza alla storica impresa. La pubblicazione delle foto è stata autorizzata dall’Istituto per la storia del Risorgimento italiano di Roma, ente proprietario delle stesse.

I Mille di Garibaldi

1.092 erano i volontari che partirono il 6 maggio 1860 dallo scoglio di Quarto presso Genova, al comando di Giuseppe Garibaldi, alla volta della Sicilia, per liberarla dall’occupazione borbonica.
Furono molti di più quelli che si presentarono per aggregarsi alla spedizione e che non trovarono posto sulle due navi, il “Lombardo” e il “Piemonte”.
Scorrendo il lungo elenco dei partecipanti alla spedizione dei Mille di Marsala, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia del 12 novembre 1878, compilato sulla scorta dell’elenco pubblicato nel 1864 dal Ministero della Guerra, compaiono nove volontari con origine lodigiane di cui due santangiolini.
Ecco i loro nomi: Luigi Bay nato a Lodi il 31 maggio 1845, residente a Piacenza; Giovanni Enrico Mamoli nato a Lodi Vecchio il 25 giugno 1839, residente a San Zenone; Luigi Martignoni nato a Lodi il 7 maggio 1827, morto a Calatafimi il 15 maggio 1860; Felice Raj nato a Soresina il 15 ottobre 1830, residente a Salerano sul Lambro; Luigi Ravini nato a Caviaga il 25 marzo 1839, residente a Roma; Ferdinando Secondi nato a Dresano il 29 agosto 1836, residente a Turano; Giovanni Battista Tirelli nato a Maleo il 28 aprile 1820, residente a Milano e ivi morto il 10 gennaio 1878.
Riguardo ai due santangiolini, l’elenco ufficiale riporta queste notizie: De Vecchi Carlo fu Francesco, nato a Copiano il 3 novembre 1842, residente a Sant’Angelo Lodigiano; Semenza Antonio di Francesco, nato a Monza il 5 febbraio 1836, già residente a Sant’Angelo Lodigiano, avvocato, morto a Milano nel novembre 1877.
Le ricerche effettuate negli Stati d’anime dell’Archivio parrocchiale di Sant’Angelo per avere notizie più puntuali sui due concittadini, sono state infruttuose solo per Antonio Semenza, mentre per Carlo De Vecchi si sono trovate alcune note biografiche.
Nel 1860 il diciassettenne Carlo, studente a Pavia, risulta domiciliato a Cascina Nuova, secondogenito di undici figli del fittabile Francesco. La famiglia era proveniente dalla Provincia di Pavia, essendo il padre nato a Vidigulfo, il primogenito a Lardirago e Carlo a Copiano, mentre tutti gli altri figli erano nativi di Sant’Angelo. Il suo nome è presente negli Stati d’anime parrocchiali fino al 1873, anno in cui è annotato come militare.

Garibaldi a Sant’Angelo

Due anni dopo la spedizione dei Mille, a fine marzo 1862, Giuseppe Garibaldi intraprese un viaggio in Lombardia per procedere all’inaugurazione delle società di tiro a segno. Iniziò da Milano dove si celebrava l’anniversario delle cinque giornate.
A Sant’Angelo passò il 10 aprile, un giovedì, poco dopo mezzogiorno, proveniente da Pavia, passando da Belgioioso. Fu ricevuto nella sala del Consiglio comunale dal sindaco Raimondo Pandini e dai sindaci dei Comuni del Mandamento. Dovette affacciarsi alla finestra principale del palazzo comunale per rispondere alle continue acclamazioni della gente che voleva rendergli omaggio. Partì dopo le 14,30 seguito a piedi oltre Maiano e poi in carrozza fino a Lodi, dove avrebbe poi proseguito per Crema, avendo come meta finale Trescore Balneario presso Bergamo.
Le cronache del tempo non hanno parlato di un episodio, tramandato oralmente dagli anziani del paese, che sarebbe avvenuto durante la visita del Generale a Sant’Angelo. Si racconta che Garibaldi, dopo le parole pronunciate dalla finestra del Municipio, volesse raggiungere la chiesa parrocchiale. Il parroco Dedè, subito informato, si appostò in cotta e stola davanti al portone della chiesa e quando giunse il generale Garibaldi, senza dire nulla, gli sbattè il portone in faccia. Nessun documento autentica questo episodio, ma è certamente verosimile conoscendo i sentimenti del parroco verso l’anticlericale Garibaldi.
Antonio Saletta

Il proclama inviato da Lodi, il 22 giugno 1859, al parroco don Bassano Dedè
con l’invito a divulgare dal pulpito l’arruolamento volontario garibaldino.