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L’agricoltura lodigiana da’ i numeri

500.000 i maiali allevati nelle aziende zootecniche lodigiane.

50.000 le vacche che garantiscono il 4% della produzione lattifera nazionale (con oltre 400.000 tonnellate). La maggior parte sono di razza frisona (quelle pezzate bianche e nere) sulla quale è stato fatto un grande lavoro di selezione e miglioramento genetico che ha permesso di triplicare la produzione di latte dall’inizio del 1900.

6.800 i pescatori dilettanti lodigiani che si rilassano lungo le rive di fiumi e canali cercando di far abboccare trote mormorate, storioni cobici, i rari temoli o i più comuni lucci, persici reali, carpe, cavedani, ca-rassi e scardole.

4.000 i chilometri del sistema di irrigazione del lodigiano includendo nel conteggio i corsi d’acqua costruiti a scopo irriguo, partendo dal grande canale Muzza fino alla più piccola roggia aziendale. Nel territorio lodigiano scorrono l’Adda, il Po e il Lambro, il canale irrigatore Muzza e i suoi canali secondari fra i quali citiamo il cavo Sillaro e i colatori Lisone, Venere e Brembiolo.

3.800 gli ettari di superficie boscata (pari al 5% del

territorio della Provincia). Un dato considerato basso anche in un ambito di agricoltura intensiva come quello lodigiano. La presenza più forte è la coltivazione del pioppo (2.500 ettari). Il restante territorio piantumato (1.300 ettari) è rappresentato da bosco autoctono principalmente localizzato lungo i fiumi dove sono preminenti il salice (400 ettari) e la robinia (350 ettari) seguiti da quercia e ontano.

1.600 le aziende agricole presenti nel territorio. Circa il 60% della superficie agraria utile è destinata alla coltivazione del mais. Una percentuale molto elevata tanto da far parlare di “invadenza” di questo cereale e che fa discutere a causa del forte utilizzo di fertilizzanti e per il fatto che questa coltivazione solitamente è l’unica nell’anno sui terreni ad essa destinati, pur occupandoli per soli quattro mesi. Una maggiore diversificazione produttiva, ferme restando le aree attualmente destinate a prato permanente (il 13% della superficie agraria utile), si otterrebbe con il recupero della rotazione agraria. Si potrebbe così aumentare la presenza di frumento e orzo, colture appartenenti alla storia del lodigiano che ultimamente hanno subito forti flessioni.
Tra l’altro, parlando di frumento, è il caso di ricordare che proprio a Sant’Angelo ha sede il più prestigioso istituto di ricerca a livello nazionale, l’Istituto Sperimentale di Cerealicoltura (la cosiddetta “Genetica”).