Fra Ferrante Attendolo Bolognini
uomo di guerra

L’inedito ritratto di un valoroso appartenente alla famiglia Bolognini, feudataria del nostro borgo,
nella tesi di laurea di Giacomo Bulzi

I conti Attendolo Bolognini, feudatari per oltre quattro secoli e mezzo di Sant’Angelo Lodigiano, sono passati alla storia come “nobile stirpe”, annoverando uomini dediti ad opere di carità, di bo-nifica delle loro terre e impegnati nella carriera militare.
Fra questi ultimi occupa un posto di rilievo il conte Ferrante, troppo sbrigativamente citato dai biografi, semplicemente come colui che diresse l’assedio di Tortona nel 1642.
La riscoperta di questo personaggio va attribuita al santangiolino Giacomo Bulzi che ha scritto per la sua tesi di laurea in Lettere e Filoso-fia, presso l’Università degli Studi di Milano, un’opera dal titolo: “Tortona e gli assedi del 1642-1643 nella relazione del Conte Ferrante Attendolo Bolognini”.
Sono centocinquantadue pagine, in cui il dottor Bulzi, basandosi in gran parte sulle notizie ricavate da una minuziosa relazione scritta dal conte Ferrante, ricostruisce l’evento della occupazione francese e poi quello della riconquista spagnola di Tortona, conflitto collegato alla guerra dei Trent’anni, scontro armato europeo che avrebbe segnato la fine del predominio spagnolo e l’inizio della supremazia politica della Francia.
Il lavoro di Bulzi inizia con la descrizione della città di Tortona dalle origini all’epoca dei fatti in oggetto, per poi addentrarsi a raccontare, con rigore storico, il periodo di maggiore conflittualità franco-ispanico in Lombardia dal 1610 al 1637, con le continue guerre che si sono susseguite, fino alla cosiddetta “guerra civile del Piemonte” cui è collegato l’assedio francese di Tortona del 1642 e la riconquista della città, da parte degli spagnoli, nel 1643.

Cavaliere di Malta a quindici anni

La parte che a noi interessa da vicino è quella in cui è tratteggiata la figura del conte Ferrante Attendolo Bolognini, biografia ricca di particolari interessanti riguardanti anche Sant’Angelo Lodigiano, cui Bulzi dedica ben sedici pagine del suo lavoro.
La data di nascita del conte Ferrante è incerta: a detta di G. De Caro, nella voce dedicatagli sul Dizionario Biografico degli Italiani, sarebbe nato nel 1594, mentre se ci si affida all’epigrafe commemorativa, collocata nel 1681 dai nipoti nella vecchia chiesa parrocchiale demolita nel 1927 per far posto all’attuale basilica, la data di nascita sarebbe il 1596, perché sulla lapide fu apposto che morì nel 1644 a quarantotto anni.
Suo padre fu il conte Federico Bolognini, la madre Eurizia, figlia di Francesco Rho dei signori di Borghetto Lodigiano. Ebbe due fratelli maggiori di lui: Massimiliano, che fu ambasciatore del re di Spagna presso il duca di Mantova e poi presso il granduca di Toscana e Francesco Luigi, gesuita, professore al collegio di Brera.
Il grande albero genealogico posto sulla parete della sala del trono del castello Bolognini indica anche due sorelle di Ferrante, Francesca e Lucrezia, ambedue diventate monache, l’una nell’ordine domenicano e l’altra in quello benedettino.
Dopo la morte prematura del padre Federico nel 1607, Ferrante rimase sotto la tutela dei fratelli e nel 1611, a quindici anni di età, scelse la carriera ecclesiastica e militare, entrando nel Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, più noto come Ordine di Malta, in qualità di cavaliere professo. Prima di pronunciare i voti a Malta il 14 agosto 1614, donò tutti i propri beni al fratello maggiore.
Durante la permanenza a Malta, dal 1612 al 1617, partecipò alle spedizioni militari dell'Ordine, distinguendosi in uno scontro contro i turchi a Lesbo e soprattutto nell’assalto e nella conquista della fortezza di Foggia, sulla quale piantò per primo lo stendardo dell’Ordine, meritandosi il grado di tenente.
Ritornato a Milano, venne nominato capitano di una compagnia di moschettieri della fanteria partecipando all’assedio di Vercelli (1617), conclusosi vittoriosamente contro le truppe del duca di Savoia.
Riguardo alla licenza di combattere da parte di un religioso, è illuminante quanto Giacomo Bulzi mette in nota: “Ferrante, come cavaliere professo di Malta era “autorizzato” a combattere contro dei cristiani cattolici per via della Bolla di papa Pio IV “Circumspecta”, che aveva concesso ai Gran Maestri la facoltà di dare licenze per l’esercizio della milizia al servizio dei Sovrani Catto-lici, ritenendolo necessario e giovevole ai Cavalieri “per trovarsi istruiti nelle guerre contro gli infedeli”.

L'abito da chiesa dei cavalieri di Malta con la croce bianca e la spada appesa alla mappa del rosario.
Il personaggio che lo indossa non è il conte Ferrante Bolognini, di cui non si conosce il ritratto,
ma il conte Agostino Morando, antenato del conte Gian Giacomo Morando Bolognini, restauratore del castello.

Valoroso capitano di memorabili battaglie

Nel 1620 il conte Bolognini passò nelle Fiandre co-me capitano di sei compagnie di fanteria lombarde e si distinse nel maggior episodio militare di quegli anni, l’assedio di Breda (1624-1625).
Tornò in patria nel 1627, costretto dalla morte del fratello Massimiliano in quanto tutore dei nipoti, ma vi rimase poco tempo, partecipando l’anno successivo ai due assedi di Casale Monferrato e ad altre azioni militari in Lombardia.
Nel 1634 raggiunse per la seconda volta le Fiandre al seguito del Cardinale Infante, sconfiggendo gli Svedesi in una celebre battaglia.
Questo periodo fiammingo durò fino al 1636, quando rientrò a Milano, avendo saputo che il nipote Federico aveva lasciato le armi per entrare nei Cappuccini. Due anni dopo fu promosso maestro di campo generale e impiegato vittoriosamente contro i francesi che, passato il Ticino, minacciavano Mi-lano. Dopo questo fatto d’arme, Bolognini fu incaricato di fortificare le piazzeforti di Arona e Angera ed inoltre si portò in Valsesia, in parte occupata dai francesi, riuscendo a cacciarli con i suoi duemila fanti.
Dal 1638 si aprì per fra Ferrante Bolognini il periodo più importante della sua carriera militare: vinse la battaglia di Breme, prese parte alla conquista di Vercelli e occupò Asti, Pontestura e so-prattutto Torino. In questa città si distinse assaltando un fortino nemico, atto valoroso che gli procurò la nomina a governatore di Torino. In seguito fu colpito da gravissimo malore e trasportato presso la famiglia a Milano.
Non del tutto ristabilito, fu richiamato dal governatore di Milano. Per le malferme condizioni di salute non tornò a combattere direttamente sul campo, ma fu indispensabile per riconquistare la città di Tortona, ritornata al Ducato di Milano.
Dopo questo fatto d’arme, conclusosi il 26 maggio 1643, il conte Ferrante Bolognini ricevette dal Re di Spagna la patente di membro del Consiglio Segreto, ottenendo la soprintendenza generale di tutte le fortificazioni dello Stato di Milano.
Intanto la sua salute andava rapidamente peggiorando e l’11 luglio 1644 morì a soli quarantotto anni.

La sepoltura nella chiesa dei Cappuccini di Sant’Angelo

Il conte Ferrante fu sepolto, per sua espressa volontà, nel sepolcreto da lui fatto costruire nella chiesa dei Cappuccini di Sant’Angelo Lodigiano.
Il convento dei Cappuccini di Sant’Angelo, situato sull’area del cimitero attuale, fu edificato nel 1607 e la chiesa dedicata a San Francesco d’Assisi fu consacrata nel 1617. Il convento fu soppresso nel 1810 da Napoleone.
Nel 1681 i suoi nipoti, per ricordare le molte imprese cui aveva preso parte lo zio, apposero una lapide nella cappella di San Michele di patronato familiare, collocata nella chiesa parrocchiale di Sant’Angelo. Come precedentemente accennato, questa lapide è andata distrutta con la demolizione della chiesa.
Oltre alla “relazione” in cui l’uomo d’armi descriveva i fatti avvenuti a Tortona tra il 1642 e il 1643, conservata in copia nella Biblioteca comunale di Lodi, il conte Ferrante Attendolo Bolognini aveva redatto e lasciato alla famiglia un “commentario” in cui erano descritte in modo minuzioso le guerre alle quali aveva partecipato. Questo manoscritto, annotato in un indice ottocentesco dell’Archivio parrocchiale, è andato disperso, quasi certamente a causa dell’incendio scoppiato nel castello di Sant’Angelo nel 1911.
Il lavoro di Giacomo Bulzi, corredato da una copiosa bibliografia, si è valso di fonti inedite provenienti dall’Archivio Attendolo Bolognini di Sant’Angelo, dall’Archivio parrocchiale di Sant’Angelo, dall’Archivio di Stato di Milano e dalla Biblioteca comunale di Lodi.
E’ auspicabile che questa interessante ricerca, assieme ad altre, sempre più numerose, riguardanti la nostra borgata, siano raccolte dalla Biblioteca comunale, allo scopo di valorizzare il lavoro dei giovani santangiolini ed arricchire la conoscenza delle nostre vicende storiche.
Antonio Saletta

Armatura bianca con inciso lo stemma degli Attendolo Bolognini