Si diceva una volta, neanche tanto tempo fa
Detti, Proverbi e Filastrocche

Anche quest'anno rinnoviamo l'appuntamento autunnale con modi di dire, proverbi e filastrocche nel nostro vecchio dialetto. Invitiamo i lettori a collaborare a questa rubrica, inviandoci i loro contributi per iscritto via e-mail o utilizzando la cassetta della posta di via mons. Rizzi n. 4 (di fianco alla Basilica).
Per una corretta lettura, diamo qui di seguito alcune essenziali indicazioni fonetiche.
ö: come nella parola dialettale "öve" (uovo)
ü: come nella parola dialettale "mür" (muro)
s : esse dolce, come nella parola "casa"
s : esse dura, come nella parola "sole"
j : come nelle parole "Jago", "Jonio"

Detti

Servivano, e si possono sentir dire ancora oggi, per inquadrare una situazione, per classificare dei comportamenti, per sottolineare un modo di vivere formulando, a volte e tutt'al più, blandi giudizi e senza tuttavia dettare regole.

Sicür l'è morte
(Sicuro è morto)

Capitava sovente (e succede tuttora) di incontrare persone che dichiaravano con assoluta certezza la veridicità di certe loro affermazioni, a sostegno delle quali, tuttavia, non erano in grado di produrre la benché minima prova né il più pallido sostegno concreto e, tuttavia, pretendevano che il loro dire venisse accettato come assolutamente incontrovertibile. A tali persone, che sostenevano essere "sicuro" ciò che invece, anche per sua natura, tale non poteva essere, capitava spesso di sentire rispondere che "sicuro" è morto, ossia che la loro certezza è inconsistente, non poggia su nessun elemento concreto e, dunque, è come se fosse inesistente, cioè morta.

Poca mèsa e bon disnà
(Poca messa e mangiar bene)

Lo si usava per catalogare personaggi poco propensi ad impegnarsi, piuttosto intenti a schivare tutto ciò che sa di dovere, di attività continua e corretta, poco dediti, in particolare, al rispetto di regole e di precetti religiosi, ma ben più interessati ad una buona tavola ed al soddisfacimento di bisogni materiali ed immediati.

Proverbi

Il proverbio svolge un ruolo più importante. Formula giudizi, esorta a comportamenti, fornisce regole, esprime considerazioni sintetiche dettate da lunga esperienza. Il tutto sia nel campo morale che in quello pratico della vita di ogni giorno.

Fasla fa' dal frège l'è da gnurànti
(Farsi raggirare dal freddo è da poco accorti)

Mentre alla calura estiva è (e soprattutto era) impossibile sfuggire alleggerendo il proprio vestiario, per proteggersi dal freddo basta essere in grado di coprirsi il più possibile. Ragion per cui chi soffre il freddo semplicemente perchè, potendolo fare, non si è preoccupato di provvedersi di indumenti adatti, può ben essere giudicato malaccorto e superficiale.

Al can rugnùs, tüte le musche i ghe van a tache
(Il cane con la rogna attira tutte le mosche)

Più che una sentenza o un precetto, è un'amara riflessione sulla condizione umana di persone perseguitate dalla sfortuna o dai malanni. Quando un individuo si trova in condizioni di debolezza (fisica o economica), spesso c'è chi gli si accanisce contro e aggiunge altri tormenti a quelli che già lo affliggono. Come succede al povero cane che, già tormentato dalla rogna, si trova ad essere esasperato anche da tutte le mosche che, proprio perché è già piagato, trovano miglior agio nel martoriarlo ulteriormente.

Filastrocche

Le filastrocche hanno sempre un'aria un po' irreale: sono tiritere ritmate, con parole spesso prive di senso, ma utilissime per dare un ritmo (per esempio nel fare la conta nei giochi tra bambini) e per essere usate come nenie e ninne-nanne adatte a quietare o far addormentare i piccoli. In alcuni casi, come in quella che segue servivano per richiamare un poco i bambini frignosi perché la smettessero di lagnarsi, evitando così di fare la fine dei bambolotti picchiati dalla strega.

Dandarandàn Lüsìa …

Dandarandàn Lüsìa
suta ch'el casinòt,
gh'èra la végia strìa
che fèa balà i pigòt.
I pigòti i piàngiun,
la strìa la ghe dà i bot

(Dandarandàn Lucia
sotto quel cascinotto
c'era la vecchia strega
che faceva ballare
i bambolotti.
I bambolotti piangono,
la strega da loro le botte).

Angelo Pozzi

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