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IL PONTE
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ANNO 5- N.6 (Versione web - anno 2 n.6) NUOVA SERIE DICEMBRE 2001

Per iniziativa degli amici del castello

Quadri e statue del museo

ritornati come una volta

E’ fuori di dubbio che il restauro delle opere d’arte collocate nel museo storico Morando Bolognini del nostro castello sia uno degli obiettivi più importanti e significativi che l’Associazione degli amici del castello di Sant’Angelo e dei suoi musei da sempre si propone. La risposta concreta è stato il finanziamento di circa 7 milioni di lire da parte del sodalizio presieduto da Letizia Tonali, che ha permesso di far ritornare all’antico splendore due quadri e altrettante statue lignee, che si trovano in pessimo stato di conservazione.

I due quadri sono stati presentati al pubblico sabato 27 ottobre e il loro restauro è dovuto all’abilità della lodigiana Emilia Vinelli.

Il dipinto "Ritratto del Duca Pompeo Litta Visconti Arese – bambino", raffigura il Duca Bambino in veste rosata, che posa seduto sopra un cuscino con la mano sinistra sul petto. Il nobiluomo Pompeo Giulio figlio di D. Antonio e di Paola Visconti Arese dei Conti di Trebbia, fu commissario generale di stato della Lombardia Austriaca e sposò il 26 giugno 1745 donna Elisabetta Visconti Borromeo Arese. L’opera, olio su tela, è collocata nell’ala di ponente ed è datata sec. XVIII, ha dimensioni di cm 76x92 e l’autore è un anonimo di scuola lombarda.

Il secondo quadro restaurato è l’olio su tela del sec. XVI, "L’arca di Noè" di autore ignoto, le sue misure sono di cm. 143x110 ed è collocato nell’ala di ponente. Il dipinto rappresenta l’imbarco di numerosi animali sull’arca di Noè, con in primo piano personaggi che chiacchierano e assistono alla scena. Sullo sfondo sono presenti edifici di stile nordico e in alto sulla sinistra è raffigurato il Creatore al centro di una nuvola.

Sabato 10 novembre, l’attesa presentazione da parte dell’esperto restauratore Luca Quartana di Milano, di due statue lignee del XV e XVII secolo, raffiguranti S. Francesco e un vescovo che, a detta del restauratore potrebbe raffigurare Sant’Ambrogio. L’intervento di restauro conservativo è durato più di cinque mesi ed è consistito nella pulitura, utilizzando tecnologia laser; nel consolidamento, con infiltrazioni di rsina acrilica e applicazione di resine che toniche; nella reintegrazione, mediante ricostruzione delle parti erose; nella stuccatura e chiusura dei fori, con cera solida incolore.

La statua di S. Francesco è monocromatica ed è alta cm 92, mentre quella raffigurante il vescovo è policroma ed è alta cm 30. Ambedue sono collocate nella biblioteca del castello, situata nell’ala di levante.

Luca Quartana non ha mancato di sottolineare la necessità di procedere al restauro di altre opere lignee presenti nel castello, che abbisognano di interventi urgenti.

Gli "Amici del castello e dei suoi musei" promettono di continuare in questo loro impegno, ma in considerazione degli elevati costi del restauro, si augurano di raccogliere sponsorizzazioni che consentano di intervenire in modo più ampio sul patrimonio artistico del nostro museo storico, che attende "impaziente" di essere recuperato.

Antonio Saletta

Appunti di storia locale

Frate "volontario" vittima della peste

I santangiolini appassionati delle vicende storiche riguardanti la loro comunità, sono grati a Giuseppe Pratissoli che nell’edizione del 18 agosto u.s. de "Il Cittadino", in un articolo intitolato I promessi Sposi e il Sudmilano, ha riferito di un personaggio nato a Sant’Angelo Lodigiano e morto a causa della peste mentre si dedicava al soccorso dei colpiti dalla terribile epidemia che ha devastato Milano nel 1630. Il Pratissoli ha tratto l’episodio dal testo di Carmelo di Concenedo La peste va servendo.Milano, 1630 in I Martiri Carmelitani del Gentilino, Pessano 2000.

Alessandro Manzoni nel suo romanzo I Promessi Sposi ha descritto con crudo realismo l’immagine di disperazione che apparve a Renzo quando varcò la soglia del Lazzaretto di Porta Orinetale, con il recinto ormai insufficiente a raccolgliere gli appestati che vagavano in cerca di rifugio.

A seguito di questa alla rmante situazione, il governatore di Milano fu costretto ad aprire un nuovo spazio da destinare a Lazzaretto ubicato a San Rocco al Gentilino, fuori di porta Ludovica, un luogo che durante la peste del 1524 era già stato adubuto a questo scopo. Ad assistere ed a portare conforto agli ammalati nel Lazzaretto di Porta Orientale furono i Padri Cappuccini, mentre nel Lazzaretto del Gentilino prestarono la loro opera di solidarietà gli appartenenti ai Carmelitani Scalzi, alcuni dei quali morirono contagiati dal morbo pestilenziale.

Fra i religiosi di quest’Ordine va in cluso il santangiolino fra Teofilo di S. Caterina, al secolo Giovanni Battista Giotti, che trasferitosi in giovane età per motivi di stdio, al Carmelo di Milano, scelse di entrare nella Congregazione vestendo l’abito religioso nel convento di S. Carlo all’età di vent’anni, consacrato il 26 maggio 1630, dopo un solo anno di noviziato.

Come tuti i Carmelitani el convento di Milano, fra Teofilo si mise completamente a disposizione dei superiori per l’assistenza agli appestati del Gentilino, ed il uo incarico fu quello di tenere i collegamenti fra il convento e il Lazzaretto. Questo suo impegno durò ben poco, perché il 17 agosto 1630, fu contagiato dalla peste morendo quattro giorni più tardi.

E’ questo un personaggio che merita di entrare a pieno titolo nella storia della nostra borgata, capostipite di quella schiera di uomini e donne santangiolini che, nel corso degli anni, si sono guadagnati la fama di "volontari" per eccellenza.

Antonio Saletta

 

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