La cappella della Madonna del Rosario in Basilica: Scrigno d’arte e bellezza
In questo luogo sacro, Tanzio da Varallo, Daniele Crespi, Girolamo Quaresmi, pittori secenteschi, hanno profuso opere di grande interesse storico-artistico

di Antonio Saletta

L’ordine proveniente dalla Soprintendenza ai Monumenti della Lombardia, il 10 novembre 1916, è perentorio, la demolizione della chiesa parrocchiale secentesca non s’ha da fare, essendo sottoposta al vincolo di opera d’interesse nazionale, a norma della Legge 20 giugno 1909, n. 364, sulle antichità e le belle arti, in cui la chiesa è inserita.
A breve distanza di tempo un’ulteriore comunicazione del soprintendente Annoni chiede “notizie intorno a codesta chiesa parrocchiale, specialmente della cappella del Rosario”, ed osserva: “data l’importamza storico-artistica di questa, riterrei non improbabile che fra le carte di codesta chiesa si trovassero documenti o note riguardanti, non foss’altro, gli autori delle statue, degli stucchi e dei dipinti”. La risposta della Fabbriceria (ente allora preposto alla conservazione e al mantenimento degli edifici di culto), cui la lettera è indirizzata, non si conosce.
A dire il vero nell’archivio parrocchiale esisteva, ed esiste tuttora, un documento datato ottobre 1839, in cui l’esperto pittore Cleto Porro di Lodi, chiamato a stimare le pitture della chiesa, attribuisce a Daniele Crespi (1590-1630), il Padre Eterno sopra la Madonna nella cappella della Madonna del Rosario.
Rimane il fatto che, nel settembre 1933, i lavori per la costruzione della nuova chiesa parrocchiale, iniziati nel luglio 1928, si fermano nel momento in cui sono conclusi quelli del primo lotto, che comprende il coro, il presbiterio e la grande rotonda.
Per oltre tre anni il contenzioso tra la Parrocchia e la Soprintendnza non trova via d’uscita fino a quando, nell’aprile 1937, si conviene di ricostruire nella nuova chiesa la cappella della Madonna del Rosario, rispettando l’impostazione originaria. L’impegno purtroppo sarà in parte disatteso: si recuperano, l’altare, le tele dei Misteri del Rosario, la tela raffigurante il Padre Eterno e i tre affreschi della volta, che vengono strappati e trasferiti su tela, Vanno invece perduti fregi, sculture, altre quattro tele e un grande affresco raffigurante la Battaglia di Lepanto.
Una fotografia della cappella, scattata durante la demolizione, che pubblichiamo, evidenzia l’assenza di questi elementi decorativi.


La cappella prima e dopo il restauro


Nel 1916 il soprintendente Annoni avanza una richiesta, che dimostra di aver visto giusto sull’importanza delle opere pittoriche esistenti nella cappella, ma essa non bastò a salvare la cappella dalla demolizione.
Un dettagliato inventario con valutazioni tecniche e artistiche dei dipinti è compiuto nell’anno 1981 da Chiara Vanzetto, incaricata dalla Soprintendenza ai Beni Artistici di Milano, che, in alcuni casi, esprime dubbi sulle attribuzioni storicamente riconosciute, e richiede studi più approfonditi.
Chi raccoglie l’invito della Vanzetto è lo storico dell’arte Federico Cavalieri, che, dopo aver compiuto di persona un’accurata indagine della cappella, pubblica sulla rivista di arte antica e moderna “Nuovi Studi” vol. 9, 2003, Editrice Temi, un rilevante saggio in cui si addentra nell’analisi storico-artistica delle opere pittoriche della cappella.

I dipinti e le recenti attribuzioni

Innanzitutto il Cavalieri sgombra il campo da ricostruzioni fantasiose che indicano la cappella di origine quattrocentesca, dimostrando, attraverso i documenti delle Visite Pastorali del 1622 e 1633, che è l’intervallo di tempo tra le due visite canoniche il periodo della campagna pittorica della cappella.
Gli affreschi che ornano la volta della cappella, che rappresentano la Presentazione della Vergine al Tempio, lo Sposalizio della Vergine e la Madonna del Rosario in trono fra i Santi, tradizionalmente citate in molte pubblicazioni come opere di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone (1573-1626), sono invece attribuiti da Cavalieri ad Antonio d’Enrico, detto Tanzio da Varallo (1582-1633), pittore di Alagna Valsesia, celebre per gli affreschi del Sacro Monte di Varallo e quelli milanesi di Santa Maria della Pace.
A conferma di questa sua ipotesi, lo storico dell’arte afferma: “basterà osservare come il concerto delle mani nella scena dello Sposalizio, evochi tante opere di Tanzio degli ultimi anni”. Inoltre pone l’accento sul “turgore muscolare dei due angeli in volo”. Afferma infatti che “quello che sovrasta lo Sposalizio doveva essere di straordinaria bellezza, (oggi alterato dallo strappo non ben riuscito e dalle numerose ridipinture, non ultimo il recente intervento che ne ha alterato i valori cromatici) si ritrova sulla volticella della cappella Nazari in San Gaudenzio a Novara, in San Francesco a Borgosesia e nel Cristo Crocifisso di Gerenzano […] anche le scelte cromatiche, il rosso mattone, l’ocra, il bianco, il grigio-violetto e il giallo trovano riscontri precisi nell’opera di Tanzio”.
Riguardo la tela del Padre Eterno, posta sul fastigio di stucco sopra l’altare, mentre la Vanzetto non conferma “la totale autografia propendendo piuttosto per l’attribuzione ad un artista lombardo, operante verso la metà del secolo XVII”, il Cavalieri non ha dubbi nell’affermare che “la prossimità ai modi di Daniele Crespi appare evidente” sottolineando come “il volto rugoso superbamente lavorato, la stopposa consistenza di capelli e barba e il partito chiaroscurale che declina in senso sottilmente drammatico, il naturalismo di fondo trovano stringenti paralleli nella figura dell’Ecce Homo della Austin-Texas-Blanton Museum of Art e nel Ritratto di gentiluomo della Pinacoteca di Brera”.
Ma la vera novità sull’attribuzione dei dipinti della cappella riguarda le tavole dei Misteri del Rosario, ciclo di pitture inserito nel sottarco strombato dell’altare, classificate nella schedatura della Soprintendenza del 1982, come “appartenenti alla mano di un ignoto pittore lombardo operoso durante la prima metà del XVII secolo”, mentre Federico Cavalieri, nel saggio del 2003, attribuisce le quindici tele (cm. 60x70) “ad un anonimo artista di cultura forse lodigiana”.
Ma sono ancora gli studi e le ricerche di Cavalieri che contribuiscono ad assegnare le piccole tele dei Misteri del Rosario alla mano di Girolamo Quaresmi (1584/1585-1642) nobile pittore lodigiano, attivo nella prima metà del Seicento, di cui esistono scarne notizie riguardo la sua attività artistica e le sue opere.
Ne documenta l’attribuzione il volume Oltre i Piazza. La cappella del Rosario in S. Domenico e altri episodi dell’arte a Lodi tra fine ’500 e metà ’600, (Quaderni del Museo Civico di Lodi, pp. 224, Comune di Lodi, Bolis Edizioni, 2010) pubblicazione contenente saggi che hanno fatto emergere notizie di pittori meno noti della scena pittorica lodigiana tra il 1590 e il 1650.
Gli autori del volume, gli storici dell’arte Federico Cavalieri e Mario Comincini, dopo aver illustrato la produzione del pittore lodigiano, le cui uniche opere firmate risultano essere un affresco sulla volta dell’ex chiesa di S. Domenico e la tela San Lucio che distribuisce il latte ai poveri, recentemente recuperata, così si esprimono sui dipinti della nostra cappella: “Ancora alla mano di Quaresmi dovrebbero spettare i Misteri del Rosario che si conservano nella chiesa parrocchiale dei SS. Antonio abate e Francesca Cabrini a Sant’Angelo Lodigiano. Collocati nel contesto di una cappella in parte compromessa dalle ricostruzioni novecentesche, ma ancora di grandissimo interesse per la qualità degli interventi pittorici che la contraddistinguono, i piccoli dipinti su tela, eseguiti verosimilmente poco prima del 1630, mostrano nella costruzione delle figure, nei panneggi e nelle scelte cromatiche caratteri strettamente affini all’affresco di S. Domenico di Lodi e, soprattutto agli strappi della Cattedrale di Lodi. E basta, a giudizio di chi scrive, concentrare l’attenzione su alcuni esempi più illuminanti per vicinanza formale e narrativa, quali la Visitazione, la Presentazione di Gesù al Tempio, l’Ascensione, l’Assunzione e l’Incoronazione della Vergine, nelle quali si avvertono anche vaghi echi del Peterzano”.
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Dall’alto“Dio Padre” tela attribuita a Daniele Crespi; “Sposalizio della Vergine” dipinto, oggi su tela, attribuito a Tanzio da Varallo; “Visitazione di Maria” tela attribuita a Girolamo Quaresmi.