Dagli Stati Uniti al Medioriente, la “lezione” di Massimo Ramaioli

Il santangiolino insegna all’Università americana di Syracuse.


Massimo Ramaioli, santangiolino, classe 1981, è diplomato al liceo scientifico Taramelli di Pavia e ha conseguito la laurea in Scienze Politiche all’Università degli Studi di Pavia, con specializzazione in Studi afro-asiatici. Nel 2006 ha svolto un tirocinio presso la sede dell’Ambasciata italiana in Kenya, a Nairobi. Dal settembre 2006 ha frequentato un master in Politica Mediorientale presso la Soas, School of Oriental and African Studies. Tra il 2007 e il 2008 ha vissuto a Damasco per perfezionare lo studio dell’arabo. Nel 2009 è volato negli Stati Uniti, alla Syracuse University, per frequentare il dottorato in Politica Comparata e Relazioni Internazionali: finora, nei sei anni di presenza a Syracuse, si è occupato prevalentemente di tre temi: lo studio della politica del Medioriente (con particolare attenzione all’Islam politico, all’Islam militante e al radicalismo islamico), la politica postcoloniale e gli studi sulla figura di Antonio Gramsci.
Tra il 2014 e il 2015 ha vissuto ad Amman, capitale della Giordania, per svolgere attività di ricerca finalizzate alla tesi di dottorato. Parallelamente al dottorato, svolge attività di docenza sia negli Stati Uniti, sia in Giordania. All’Università di Syracuse è “instructor“ per il corso di Politica Globale e Globalizzazione e per il corso introduttivo sul Medioriente. Ad Amman ha tenuto corsi sul conflitto arabo-israeliano e sulla politica giordana. Vive stabilmente da anni negli Stati Uniti, ma quando può torna in Italia, dalla famiglia e dagli amici. In occasione dell’ultima visita a Sant’Angelo, lo scorso gennaio, ha accettato di offrire ai lettori de “Il Ponte” il suo punto di vista su alcuni degli argomenti più controversi di cui quotidianamente si occupano Tv e giornali.
Ramaioli lei è uno studioso degli stati e delle popolazioni islamiche. In Europa, specie dopo gli attentati in Francia, si è aperto un delicato dibattito sull’esistenza o meno dell’Islam moderato. Lei in che posizione si colloca?
“Chiedersi se esiste l’Islam moderato è come guardare al Ku Klux Klan e chiedersi se esistono cristiani moderati. La stragrande, ripeto, stragrande maggioranza dei musulmani sono moderati, qualunque cosa voglia dire. Il fatto è che non fan notizia. Minoranze invece come ISIS hanno la capacità di riempire i titoli dei giornali. Capisco che funzioni così, ma davvero crediamo che qualche migliaio di fanatici rappresenti 1,6 miliardi di persone, che vivono dagli Stati Uniti al Senegal, dalla Svezia al Kuwait, dal Kenya alla Cina? E’ una semplificazione della realtà che sfocia nell’assurdo. Gente come Oriana Fallaci su assurdità del genere si è inventata una seconda carriera come esperta sull’Islam”.
Intanto l’Unione europea rischia di sgretolarsi su Schengen e l’accoglienza dei migranti. L’Italia appare isolata e proliferano muri e barriere. Dagli Stati Uniti lei che idea si è fatto?
“Quel che sta succedendo è che l’intero assetto mediorientale come lo conoscevamo si sta sgretolando. Libia, Iraq, Siria, Yemen... esistono solo sulla mappa. Le ondate di profughi sono un problema per l’Europa da un punto di vista logistico e di accoglienza, di integrazione culturale, di risorse economiche. Ma ricordiamo da dove questa gente viene: noi siamo - comprensibilmente - terrorizzati dall’ISIS. I profughi hanno conosciuto in prima persona l’ISIS (e le bombe di Assad e di Putin) e stanno fuggendo. Secondo quali principi morali possiamo dirgli “restate in Siria, o in Yemen”? Da europei - liberali e democratici - possiamo lavarci la coscienza e dire che non li vogliamo?”.
La situazione non è rosea neppure negli Stati Uniti e la campagna elettorale per le presidenziali lo sta dimostrando. L’immigrazione incontrollata, soprattutto dal Messico, fa paura anche a Washington?
“Il clima politico negli Stati Uniti è in questi tempi di campagna presidenziale alquanto tetro. Abbiamo l’abitudine di guardare agli Usa come esempio luminoso di democrazia: poi però producono un candidato come Trump, che è francamente qualcosa di incomprensibile per noi. La percezione della maggioranza dell’opinione pubblica di quello che c’è al di fuori dell’America è, ad essere gentile, estremamente ingenua e manichea, e incapace di fare i conti con una politica estera che è la prima causa per il risentimento che molti, in Medioriente, nutrono per gli Usa”.

Lorenzo Rinaldi

IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano