NON SIAMO QUI PER LE CARAMELLE

In un libro di Marco Denti la storia degli esodati lodigiani.


QÈ di un particolare tipo di esodo, che si parla in “Non siamo qui per le caramelle”.
L’autore, il lodigiano Marco Denti, operatore culturale con una spiccata predilezione per la critica musicale (o viceversa) consegna alle stampe in maniera del tutto indipendente un testo che raccoglie direttamente sul campo le storie di un’insolita marea umana, suo malgrado coinvolta in una migrazione di cui troppo poco si è detto nei Tg o nelle cronache, ma di cui oggi, forse, neppure si può leggere tranquillamente sui quotidiani.
Non è quella delle carrette del mare, dramma umano che viene da lontano (e sotto i nostri occhi) ma è quella altrettanto tangibile (ma paradossalmente, poco in vista) di chi, in quell’età di mezzo che è stato il precedente governo (ma anche quello prima o quello dopo ancora, in una cornice di precarietà tutta italiana), si trova a fare i conti con una riforma che, all’improvviso a fine 2011, ha tolto la pensione a chi doveva fruirne dopo mobilità o cassa integrazione, e spostandone i termini ha ritrovato quelle stesse persone, ormai fuori dall’azienda, a essere senza pensione, ma anche senza lavoro e, quindi, senza reddito. Un limbo che fa di queste storie, una storia, comune al lodigiano tanto quanto a tutta l’Italia. Una storia strana, perché a differenza delle altre, che parlano del passato, quella degli esodati mette in scena tristemente il futuro dell’Italia, ed è partita con la riforma Fornero per approdare alla recente demolizione dell’art. 18, fino all’attuale liberalizzazione dei contratti a termine, a legittimare una precarietà che vede l’ambizione a un solido welfare state svanire nell’ombra.
E dall’ombra, emergono quelle stesse vicende che vengono raccolte in questo agile volumetto, intessute di una serenità che non è mai la rassegnazione di un “mal comune, mezzo gaudio”, ma quella che viene da un sostegno reciproco e dalla condivisione di un’azione collettiva di chi (a differenza di quanto fece qualche ministro) non si è pianto addosso, ma alla ricerca di un futuro, ha camminato insieme, ha coinvolto nella storia diversi attori, formato un comitato (www.comitatoesodatilodi.blogspot.it) dove anche queste vicissitudini, poi, non sono state più quelle invisibili e isolate di un’oscura disperazione, ma rese note, sono uscite allo scoperto: alla ricerca, se non di una soluzione (che può essere solo politica) almeno del miglioramento di una condizione che avrebbe dovuto andare, essendo esodati, appunto, verso qualcosa.
Ecco allora che “esodati in cerca di futuro” non è soltanto uno slogan, ma una risposta concreta a chi diceva di non essere venuto lì solo per le caramelle.
E a quel termine, inesistente nella lingua italiana, si è conferita quell’identità che non c’è nei numeri delle statistiche governative (chiara perciò l’idea di Denti di citare i personaggi non con nomi fittizi, ma con codici alfanumerici) ma si fa pregnante quando i numeri diventano fatti, persone, uomini e donne, famiglie.
Ed ecco così che quando quelle cifre siamo anche noi, che ci sentiamo coinvolti, anche un libro non è più solo un libro, ma la testimonianza di lotta per una realtà che nessuno può portarci via. Nemmeno una firma in calce a una legge della repubblica.

Matteo Fratti

 

 


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