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L’azione culturale e sociale della contessa Lydia Caprara Morando
1933-2013: ottantesimo della Fondazione Bolognini


Esattamente ottant’anni fa la contessa Lydia Caprara de Montalba vedova del conte Gian Giacomo Morando Bolognini Sforza (1863-1919) istituì la Fondazione Morando Bolognini, a nome e ricordo del marito, donando le terre per circa 360 ettari, comprensivi di 5 cascinali e il Castello con gli arredi in esso contenuti. La donatrice affidò la gestione all’Istituto Nazionale di Genetica per la Cerealicoltura, ora Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura di Roma. Da sottolineare che nell’atto di donazione viene rimarcato che: “È eretta in Ente morale la Fondazione Conte Gian Giacomo Morando Bolognini avente sede nel comune di Sant’Angelo Lodigiano”.

L’illustre famiglia Caprara e Morando Bolognini

La contessa Lydia nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1876 da Edoardo Caprara e da Elena Laurin. L’illustre famiglia Caprara, d’origine bolognese, vantava tra i suoi avi Gian Battista Caprara vescovo di Jesi e poi cardinale di Milano.
Nel corso degli anni i discendenti Caprara da Bologna si trasferirono a Venezia e nell’Ottocento in Egitto dove furono banchieri del Kedivè Ismail.
Il re Vittorio Emanuele II concesse al nonno di Lydia, Nicolò, il 19 ottobre 1877 il titolo di Conte; il re Umberto I, invece, con decreto del 9 febbraio 1879 gli aggiunse il predicato nobiliare di Montalba. Alla fine dell’Ottocento la contessa Lydia si trasferì a Roma insieme con ai genitori, alle sorelle Alice ed Emma e al fratello Enrico.
All’età di soli 16 anni Lydia si unì in matrimonio con il conte Gian Giacomo Morando De’ Rizzoni Attendolo Bolognini che in seguito verrà eletto deputato per cinque legislature occupandosi in particolar modo di problemi agricoli e postali.
I novelli sposi, Gian Giacomo e Lydia, abitavano a Milano nel palazzo in via S. Andrea, acquistato dal conte nel 1903; essi soggiornavano spesso a Vedano al Lambro insieme alla zia materna la duchessa Eugenia Attendolo Bolognini Litta Visconti Arese, nella villa di Bruciano in Val Cecina e anche nel Castello di Sant’Angelo Lodigiano, dove, a partire dal 1899, diedero inizio ai lavori di restauro.
Il conte Gian Giacomo Morando Bolognini riguardo ai restauri sia all’esterno che all’interno intendeva restituire all’edificio, da decenni in stato di abbandono, l’aspetto quattrocentesco, per dare vita, una volta adeguatamente arredata, a una casa-museo da abitare, secondo una moda molto diffusa all’epoca.
Seguendo la novità in uso in Italia agli inizi del Novecento e che vide nel Vittoriale di D’Annunzio (sul Lago di Garda) uno degli esempi più celebri, anche il conte Morando Bolognini fece dipingere diversi motti sulle pareti delle sale del Castello. La maggior parte riguardano i suoi antenati, altri invece richiamano il suo amore per la cultura classica e l’arte, altri sono di sua stessa creazione come quello - da vero appassionato per la storia - riportato sul camino della biblioteca; “Luceant vetera ex obscuro labore” (“Risplendono le cose antiche da un’oscuro lavoro”).
I lavori di restauro durarono circa 16 anni e si svolsero dal 1899 al 1910 e dal 1911 al 1915. Il risultato dell’ottimo e attento lavoro di ricostruzione presentò il castello come un bell’esempio dell’immagine che del Quattrocento si aveva al principio del XX secolo.
È importante in proposito sottolineare anche l’amicizia che i coniugi avevano con mons. Achille Ratti (futuro Papa Pio XI ) allora Prefetto della Biblioteca all’Ambrosiana, che dettò il testo della lapide murata nella torre mastra a ricordo dell’avvenuta costruzione nel 1383 ad opera di Beatrice della Scala (detta Regina), moglie del “ghibellino” Bernabò Visconti.
Il 22 ottobre 1919 alla morte del conte Gian Giacomo Morando Attendolo Bolognini, solo da pochi giorni senatore, la contessa Lydia, rimasta vedova e senza figli, non si arrese, volle lo stesso continuare i lavori di restauro.
Allo stesso modo suo marito non si era fermato né dopo il furioso incendio nell’estate del 1911 né dopo la disgrazia dell’ottobre dello stesso anno in cui trovarono la morte il capomastro Battista Bianchi e il giovane assistente Ottorino Mascheroni, che caddero da un’impalcatura di diciotto metri.

La contessa della carità

Con coraggio, caparbietà e amante come il marito delle cose d’arte antica, la contessa Lydia continuò e portò a termine l’intera opera di restauro del Castello trasformandolo in una vera e propria galleria d’arte. “[....] Mi vengono incontro, nel diffuso oro dell’aria, la mole potente della rocca di Regina Visconti - mattone lombardo del più bel rosso acceso [....]”: così la poetessa Ada Negri descriveva il Castello al suo arrivo a Sant’Angelo Lodigiano in “Erba sul sagrato”, un giudizio rimasto immutato.
Durante l’Anno Santo del 1933, in memoria degli anni della vita terrena di Gesù, “La contessa Lydia Caprara [....] ha donato all’Istituto di Genetica per la Cerealicoltura il Castello e l’annessa proprietà terriera in Sant’Angelo Lodigiano per la creazione di una Fondazione da intitolarsi al nome del defunto consorte e da servire quale sezione fitotecnica per l’alta Italia di detto Istituto” (cfr. “L’Osservatore Romano” del 1 ottobre 1933).
La stesura dell’atto di donazione avvenne il 14 settembre 1933 nel palazzo di via S. Andrea in Milano, redatto del notaio Moretti alla presenza di queste persone: “l’ing. Gaetano Bondioli, fu Luigi nato a Sant’Angelo Lodigiano e residente a Milano; il rag. cav. Giovanni Cislaghi fu Luigi, nato a Milano; la contessa Lydia Caprara vedova del compianto conte Gian Giacomo Morando Bolognini; il dott. Giovanni Raineri fu Rainero residente a Roma, senatore del Regno in veste di presidente dell’Istituto Nazionale di Genetica per la Cerealicoltura”. L’anno dopo (19 febbraio 1934)a Roma ven
ne redatto con il Regio Decreto l’atto definitivo della donazione; munito del Sigillo dello Stato per l’inserimento nella Raccolta Ufficiale delle leggi e decreti del Regno d’Italia “mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare”, l’atto porta la firma del re Vittorio Emanuele III .
La stazione sperimentale fitotecnica di Sant’Angelo dipendente dall’Istituto Nazionale per la Genetica dei cereali, sotto la guida del senatore Nazareno Strampelli (1866-1942, agronomo e genetista, inventore di diverse varietà di grano), venne fondata nel 1935 e diretta dal dott. Bottazzi.
Quattro anni dopo si iniziò un lavoro più attivo diretto alla preparazione di nuove varietà di grano di particolare interesse dal punto di vista scientifico e sperimentale, rivelandosi di grandissima utilità non solo per gli agricoltori lodigiani ma anche quelli delle provincie lombarde.
Questa stazione sperimentale, con otto case coloniche di Cascina Nuova, venne inaugurata ufficialmente l’8 novembre 1941.
Oltre alla creazione della Fondazione Morando Attendolo Bolognini (tuttora attiva, diretta dal dott. Luigi Degano), un’altra funzione sociale venne svolta dalla “Scuola d’Arte e Mestieri” sorta nel 1901 per privata iniziativa dei coniugi Morando Attendolo Bolognini e che trovò immediatamente appoggio presso il comune con il sindaco Tommaso Colombo che amministrò Sant’Angelo dal 1900 al 1907; la contessa Lydia mantenne e sviluppò tale scuola nel castello, il cui direttore fu Francesco Cazzulani di Lodi, con alcuni bravi insegnanti: Medetti Battista, Lombardi Giovanni, Polli Domenico e Michelangelo Bielli di Lodi un bravo scultore e autore della lapide agli “eroi del risorgimento” (oggi in via Partigiani). Con questa “scuola professionale” e all’avanguardia, crebbe la qualità e la bravura degli alunni: ancor oggi basta far memoria di alcuni nomi per riconoscere la loro maturata capacità lavorativa: Domenico Savarè, Agostino Cipelli, Davide Muzzana, Francesco Mascheroni, Domenico De Vecchi e Palmiro Morzenti.
La contessa affidò altresì a don Nicola De Martino il compito di ultimare la sistemazione e la catalogazione delle opere d’arte e della biblioteca del castello; dopo sei anni, e sull’entusiasmo dell’avvenuta Beatificazione di Madre Francesca Cabrini, venne inaugurato il 19 marzo 1939, nei saloni superiori del maniero, il Museo Cabriniano o della Pace diretto da Maria Luisa Perduca, docente dell’Università di Pavia.
La vedova Lydia, donna di alta aristocrazia, ma anche di grande carità, nel 1920 fondò su una vasta proprietà del bresciano (dalle parti di Chiari), un grande Orfanotrofio per gli orfani di guerra.
Come alcuni dei suoi antenati della famiglia Caprara, Morando e Bolognini donò somme di denaro alla “Cà Granda”, (Ospedale Maggiore di Milano) partecipando anche all’attività della Commissione Visitatrice. Affidò pure all’amministrazione ospedaliera la custodia e la manuntenzione della sua Cappella di famiglia in S. Maria delle Selve a Vedano al Lambro, rinunciando al proprio ritratto nella quadreria ospedaliera affinché rimanesse invece quello della zia duchessa Eugenia Attendolo Bolognini Litta Visconti Arese.
La contessa non dimenticò mai Sant’Angelo Lodigiano e beneficò vari Istituti locali.
Purtroppo però, la nobildonna contessa Lydia Caprara Morando non riuscì a vedere ed assistere alla realizzazione del progetto iniziale del marito, spirò nella villa di Vedano al Lambro il 30 gennaio 1945, e con essa scomparve l’ultima erede degli Attendolo Bolognini.
Il 4 luglio 1948 per il “Festone” e con l’apertura in Castello della IV Mostra Santangiolina (delle attività agricole, industriali ed artigiane del paese e dei centri maggiori del territorio lodigiano) s’inaugurò il Museo Storico Gian Giacomo Morando Attendolo Bolognini.
Nel decennale dell’apertura del Museo, il direttore don Nicola De Martino dedicò il libro “Sant’Angelo ed il suo Castello” alla memoria della contessa Lydia.
L’ultimo gesto di carità della contessa Lydia è stato quello di donare al Comune di Milano più di 2000 tra dipinti e oggetti preziosi, nonché il suo palazzo di via S. Andrea nr. 6 che nel 1958 venne trasformato in Civico Museo di Milano e di Storia Contemporanea.
In occasione di questi 80 anni desideriamo esprimere un sentito ringraziamento e un augurio a tutti i responsabili e collaboratori che, oggi come ieri, contribuiscono al successo della Fondazione Morando Bolognini facendone punto di riferimento nella città di Sant’Angelo, un polo di “eccellenza” per quella sperimentazione cerealicola che appartiene alla sua funzione ufficiale.
Achille Ferrari

 

 

IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano

La contessa Lydia amava Sant’Angelo come la propria terra: basti dire che nel palazzo di Milano dove abitava non vi è alcun ritratto esposto nelle sale, poiché quello che le è stato realizzato (vedi foto a lato) dal pittore Vittorio Corcos (1837-1933) nel 1925, in coppia con quello del marito, si trova nel Museo del Castello nella “Sala del trono” per volere testamentario della stessa contessa.