L’epopea di Mattei a 50 anni dalla morte
Sant’Angelo primo paese metanizzato


È il 27 ottobre 1962. La torre di controllo di Linate alle 18.45 registra l’ultima comunicazione con l’aereo sul quale il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, sta ritornando a Milano. Il pilota apre il carrello per prepararsi all’atterraggio ma l’aereo improvvisamente precipita nella campagna di Bascapé, paese a qualche chilometro da noi.
Cinquant’anni fa moriva in questo modo Enrico Mattei, uomo simbolo della politica energetica italiana. Nominato commissario liquidatore dell’Agip, Mattei, contrariamente alla missione che gli venne affidata, decise di rilanciare la Società intuendo il ruolo fondamentale dell’energia nello sviluppo economico del nostro Paese.
La dinamica della sua morte divise subito gli italiani in due fazioni: quelli che credevano all’incidente e quelli che invece sospettavano un attentato. Le indagini svolte dall’Aeronautica Militare e dalla Procura di Pavia avvalorarono la prima ipotesi.
L’idea che potesse invece trattarsi di un atto doloso si fondava sul pesante clima politico ed economico che precedette l’incidente: nel 1962 Enrico Mattei, che solo nove anni prima aveva fondato l’ENI era, per dirla con i giornali dell’epoca “un uomo sotto assedio”. Solo due giorni prima della sua morte il Financial Times - uno dei giornali economici più importanti del mondo - titolava “Will signor Mattei have to go?” (Dovrà andarsene il signor Mattei?). E qualche mese prima il Corriere della Sera lo aveva attaccato con una serie di cinque articoli di Indro Montanelli che scriveva: “C’è chi dice che per guarire l’Italia delle sue molte magagne, basterebbe mettere in prigione Mattei, ma c’è chi dice che se l’Italia oggi ha un prestigio nel mondo lo deve a Mattei”.
Sull’Espresso, qualche giorno dopo la morte, Eugenio Scalfari così commentava: “Avendo impegnato tutte le sue energie nel tentativo di trasferire dal dominio dei privati a quello dello Stato uno strumento di produzione e di ricchezza formidabile come quello delle fonti energetiche, egli dovette combattere la sua più dura battaglia proprio contro lo Stato, che per gran tempo sembrò subordinato a quegli stessi privati interessi contro i quali era diretta l’azione di Mattei”.
Insomma si capisce che di nemici ne aveva più d’uno e non solo in Italia: l’Eni di Enrico Mattei si era scontrato con gli interessi delle grandi compagnie petrolifere americane e inglesi, le cosiddette sette sorelle che Mattei osò sfidare per cercare di rompere il monopolio mondiale sul ciclo del petrolio.
Il mistero sull’incidente fu parzialmente dipanato a partire dal 1997 quando si decise di riaprire le indagini. Come in altri famosi casi di cronaca nera del passato, l’analisi dei reperti con tecnologie più moderne permise infine di accertare che l’aereo venne dolosamente abbattuto senza però poter individuare i colpevoli. Ciò che si è potuto stabilire è che una carica di tritolo fu inserita dietro il cruscotto dell’aereo e che la detonazione si sarebbe attivata nel momento dell’apertura del carrello in fase di atterraggio. Alle 18.45 nel cielo di Bascapé dove, insieme a Mattei, persero la vita il pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista inglese William Mc Hale. A ricordare l’evento oggi c’è un memoriale posto fuori dall’abitato, un ampio giardino quadrato con un tre querce in ricordo degli scomparsi circondato da una bassa siepe e da un filare di alberi a foglia caduca, che si colorano di rosso in corrispondenza del periodo della data dell’incidente.
La memoria di Enrico Mattei è ancora molto viva in quanti lo conobbero. Anche nel Lodigiano sono molti i segni e i ricordi che riguardano il presidente dell’Eni.
A partire da Caviaga, la frazione di Cavenago d’Adda nella quale nel 1944 venne scoperto il primo giacimento di metano in Italia, scoperta che permise a Mattei di imprimere la svolta alla politica energetica del Paese.
E Lodi, che Enrico Mattei volle compensare proprio per la scoperta del gas naturale con la realizzazione del Parco dell’Isola Carolina. Mattei vi fece piantare essenze di grande interesse botanico che ancora oggi decorano il parco che prende il nome da Carolina Augusta di Baviera, moglie dell’imperatore Francesco I d’Austria.
Anche Montanaso e Tavazzano, sui cui territori sorge la grande centrale termoelettrica ricordano che il primo nucleo fu inaugurato nel 1952 proprio da Mattei e dall’allora Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, nell’ambito del Piano Marshall (il piano di aiuti economici post bellici finanziato dagli Stati Uniti d’America).
Sant’Angelo invece può vantare di essere stato il primo paese del Lodigiano ad essere metanizzato. Su queste pagine Gino Pasetti ci ha raccontato del legame speciale fra l’onorevole Mario Beccaria e il presidente dell’Eni. Il gruppo di amici barasini, che si vedeva con Mattei all’Osteria della Porta (nello stabile posto all’incrocio fra Viale Partigiani e Via Mazzini), poté raccogliere i racconti e le confidenze del grande imprenditore. Racconta Pasetti: “Ci contagiava con il suo entusiasmo per la scoperta del metano a Caviaga oppure per la decisione di creare il polo economico dell’Eni a San Donato Milanese, polo che è stato ed è ancora una importante fonte di lavoro anche per tanti santangiolini”.
E c’è infine addirittura chi sostiene che il simbolo dell’Eni, il famoso cane a sei zampe, sia di origine lodigiana. Entra in gioco la leggenda del drago Tarantasio: si narra che in tempi lontani, quando i tre fiumi del nostro territorio, il Po, l’Adda e il Lambro, scorrevano senza vincoli nella nostra pianura, l’area era caratterizzata da vaste paludi da cui scaturivano malsane esalazioni. Quest’area, continua la leggenda, era il territorio del drago Tarantasio, che viveva immerso nella melma e ogni tanto emergeva soffiando del fuoco. Il cane a sei zampe, rappresentato proprio con una lingua di fuoco, sarebbe allora il discendente diretto di quel drago Tarantasio, dominatore incontrastato delle terre che custodivano il metano.
Giancarlo Belloni

IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano


Mattei a Sant’Angelo porta il suo saluto alla cerimonia del 4 novembre 1953, dopo aver inaugurato il metanodotto.
Sotto il disastro aereo del 1962 a Bescapè