Don Nicola, i partigiani e gli arresti del 1944

Attraverso i documenti originali della Gnr ricostruiamo una pagina della Seconda guerra mondiale. Nella notte tra il 21 e 22 dicembre fermi e denunce a carico di una trentina di santangiolini. Nel mirino finiscono alcuni giovani impegnati sulle montagne tra Oltrepò e Piacentino e lo storico sacerdote


“E’ doveroso far risultare che il predetto sacerdote gode la stima e la benevolenza di tutta la popolazione, che si può dire non muova dito senza che don Nicola non sappia”.
È questa una delle frasi più significative contenute nell'atto redatto dal Tribunale speciale per la difesa dello stato della Repubblica sociale italiana nei primi giorni del 1945: atto che dispone fermi e denunce a carico di 27 santangiolini ritenuti appartenenti alle formazioni partigiane o quantomeno sostenitori del movimento.
In particolare, sono sei le persone denunciate per sospetto favoreggiamento e assistenza a bande armate.
Tra queste figura proprio don Nicola De Martino, nato a Sant'Angelo il 3 giugno 1892, morto il 3 dicembre 1962, vice parroco, figura di spicco del mondo civile e culturale santangiolino di cui proprio quest'anno ricorre il 50esimo anniversario della morte.


i documenti degli interrogatori

La vicinanza del sacerdote al movimento partigiano - nota ormai da decenni - è attestata da numerosi interrogatori effettuati alla fine del 1944 nell'ambito dell'inchiesta condotta dal regime fascista a Sant'Angelo.
Proviamo dunque a ricostruire cosa è avvenuto utilizzando documenti dell'epoca, come verbali di interrogatori eseguiti dalla Guardia nazionale repubblicana di Milano (distaccamento di Sant'Angelo) e atti del Tribunale fascista.
Prima di addentrarci nel racconto è d'obbligo una avvertenza: non è certo che tutto quanto dichiarato dagli indagati nel corso degli interrogatori - avvenuti ormai 68 anni fa - sia corrispondente al vero.
Proprio per questo abbiamo scelto di riportare soltanto le frasi relative ad alcuni episodi che trovano riscontro nelle deposizioni di diversi indagati e che mettono in evidenza l'importante ruolo avuto a Sant'Angelo da don Nicola in una fase cruciale della storia italiana.

L’aiuto ai partigiani

Dopo l'8 settembre 1943, data dell'armistizio, alcuni giovani santangiolini aderiscono alla lotta partigiana contro le forze di occupazione nazifasciste e si aggregano alla sesta brigata di Giustizia e Libertà, attiva sui monti di Romagnese, sull'Appennino, a cavallo tra le province di Piacenza e Pavia.
Fanno parte del movimento partigiano di Giustizia e Libertà, tra gli altri, Piero Speziani, Alessandro Tonolli e Franco Lombardi, personalità di primo piano della vita sociale e civile di Sant'Angelo.
Se diversi giovani raggiungono direttamente i monti di Romagnese (in qualche caso facendo ritorno dopo poco all'ombra del castello Bolognini), non manca chi li aiuta restando a Sant'Angelo.
L'indagine della Guardia nazionale repubblicana (Gnr), che si avvale anche di “delazioni” (così si legge negli atti ufficiali del 1944-1945) ha il duplice scopo di individuare sia i partigiani, sia le persone che li sostengono da Sant'Angelo.


l’abitazione di don Nicola in un disegno di Lucio Rozza
tratto dal libro “Don Nicola” di Fausto Pelli.

Ultimata l'inchiesta, nella notte tra il 21 e il 22 dicembre 1944 la Gnr, con l'ausilio della Brigata Nera (fascista), provvedeva al fermo e alla denuncia di quasi trenta persone.
Fra queste, come detto, don Nicola De Martino, accusato di essere “il maggior indiziato fra i favoreggiatori delle bande partigiane”.
Il coinvolgimento nell'inchiesta del sacerdote - allora 52enne - suscita ampia eco in paese, tanto più che don Nicola viene condotto nel carcere di Lodi, dove rimarrà tre giorni prima di ottenere gli arresti domiciliari presso il cappellano del carcere, il santangiolino don Domenico Saletta, come indicato nel volume di Fausto Pelli “Don Nicola”, pubblicato nel 1996.

Le accuse di favoreggiamento

Per comprendere come la Guardia nazionale repubblicana sia arrivata al vice parroco di Sant'Angelo occorre leggere i verbali degli interrogatori condotti dagli uomini del distaccamento barasino della Gnr negli ultimi giorni del 1944.
Il 21 dicembre una delle persone indagate, pressato dalle domande dei fascisti, racconta: “Per incarico avuto dal comando della brigata (brigata partigiana, ndr) di prelevare altre somme presso famiglie abbienti di Sant'Angelo e non volendomi eccessivamente esporre, ho passato l'incarico, che venne accettato, al reverendo don Nicola De Martino, che fece poi pervenire al comando suddetto le somme raccolte”.
Questa versione viene confermata dallo stesso indagato nell'interrogatorio del successivo 27 dicembre: “Passando vicino all'abitazione del reverendo don Nicola De Martino entrai per salutarlo.
Questi vedendomi mi ha subito domandato il perché della mia venuta in Sant'Angelo sapendo appunto che militavo nelle file partigiane e, appreso il motivo, mi ha esortato a non espormi troppo, consigliandomi di allontanarmi subito da Sant'Angelo, che avrebbe pensato lui a far pervenire il denaro alla brigata”.

Il 21 dicembre 1944 viene interrogato uno studente, il quale racconta di essersi avvicinato al movimento partigiano di Giustizia e Libertà ma di essersene poi allontanato.
“Nel nostro ambiente - spiega durante l'interrogatorio - era notorio che don Nicola De Martino aiutava e serviva da guida a chiunque volevasi arruolare nei ribelli (così definisce i partigiani, ndr), prestandosi a far da spola con le nostre famiglie per l'invio della corrispondenza”.
Il 23 dicembre viene interrogato un giovane operaio, il quale spiega di aver provato a entrare nelle fila partigiane nel Piacentino, ma di non esservi stato ammesso.
A quel punto, racconta, “sono tornato a Sant'Angelo e non ho esplicato nessuna attività ne ho avvicinato don Nicola de Martino, sebbene fossi a conoscenza che lo stesso esplicasse attività in favore dei partigiani.
Nel riguardo so di preciso che allorquando il partigiano
(…) si portava in Sant'Angelo non mancava di visitare il predetto parroco, attraverso il quale comunicava con i parenti dei partigiani”.

“Ho fatto opera di carità cristiana”

Un interrogatorio particolarmente interessante è quello a carico di un ambulante, datato 27 dicembre 1944.
Dopo aver raccontato di essere stato alcuni giorni nella sesta brigata di Giustizia e Libertà (e al riguardo cita i nomi di diversi barasini presenti sui monti), l'ambulante aggiunge: “Ho sentito dire da quegli elementi (partigiani, ndr) di Sant'Angelo che per far recapitare la corrispondenza ai familiari si servivano come base di appoggio del vice parroco don Nicola, molto ben visto e sempre ricordato dagli stessi”.
Il 22 dicembre alle ore 20 gli uomini dell'Ufficio politico investigativo della Guardia nazionale repubblicana interrogano lo stesso don Nicola che, nel verbale, viene definito “nullatenente, incensurato e di razza ariana”.
A precisa domanda, il sacerdote spiega: “Ammetto di aver inviato diversi pacchi a giovani che si trovavano arruolati tra le file dei partigiani, ma trattavasi di pacchi individuali che le famiglie dei medesimi mi facevano pervenire e che io, per il tramite di tale (…), commerciante di frutta, inviavo ai destinatari”.
In un altro passaggio, infine, quasi a voler giustificare il proprio comportamento con il suo ruolo in paese, sottolinea: “Vivo in Sant'Angelo da oltre 26 anni e sono ritenuto elemento indispensabile, in quanto che moltissimi ricorrono a me per appoggi, consigli ed aiuti in genere. Inviando i pacchi ai partigiani ho creduto di fare un'opera di carità cristiana”.
Nel 1945 don Nicola verrà poi prosciolto dalle accuse, come conferma Pelli nel suo volume.
“Appena tornato in libertà - scrive ancora Pelli - celebra una Messa in basilica e intona il Te Deum fra la gioia dei fedeli che, c'è da credere, ben difficilmente immaginano quali conseguenze gliene peseranno sulla fibra”.
Lorenzo Rinaldi


IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano


don Nicola De Martino