Un Doge a Sant’Angelo

Un inedito fatto storico avvenuto nel nostro castello nel Cinquecento


Andrea Gritti, futuro Doge di Venezia, il 13 ottobre 1521 trova rifugio nel castello di Sant’Angelo dopo la sconfitta subìta a Milano dalle truppe francesi e veneziane, ad opera dell’esercito spagnolo

Ben pochi turisti che, magari già un po' affaticati, passeggiano, lungo i corridoi della National Gallery of Art di Washington, sono a conoscenza che una delle opere più celebri e preziose ivi conservate è il dipinto di un personaggio storico la cui vicenda personale è legata niente meno che a Sant’Angelo Lodigiano...
L’opera a cui ci riferiamo è un olio su tela delle dimensioni di 200 per 259 centimetri del pittore Tiziano, intitolata “Il Doge Andrea Gritti”.
Quale filo conduttore lega un doge di Venezia alla no-stra cittadina? Per scoprirlo, naturalmente, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e “tuffarci” idealmente nel primo ventennio del Cinque-cento, periodo in cui l’Italia non soltanto è divisa in stati e staterelli autonomi, ma è anche e forse soprattutto il bersaglio delle brame di potere ed espansione territoriale di molte potenze europee.
È l’epoca in cui si affermano gli stati nazionali, che imparano ad agire in campo politico e amministrativo in modo autonomo, avvalendosi dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. È pure l’epoca in cui gli equilibri di potere non poggiano più su antichi rapporti di natura personale tra sovrani e vassalli. Ora, al contrario i diritti di competenza politica, legislativa, militare, fiscale, giudiziaria si spostano dalle autorità locali a quella centrale, costituita dal sovrano e dalla sua corte, a capo di un territorio unificato e definito.

Italia, territorio di conquista

Molti sono gli stati europei che si avviano a questa fondamentale modificazione costituzionale, basti pensare alla Spagna, all’Inghilterra, alla Francia, Non è invece il caso dell’Italia, afflitta da un capillare frazionamento territoriale e politico, che la caratterizzerà sino al 1861 e, per alcuni territori, anche oltre! La nostra penisola diventa l’obiettivo europeo privilegiato di molte nazioni che vogliono espandere il loro prestigio, in particolare Francia e Spagna. A ciò si aggiunga che le mire espansionistiche di queste ultime sono incoraggiate dai molti staterelli italiani che, dopo la morte di Lorenzo De’ Medici, che aveva garantito l’equilibrio politico nella penisola per circa cinquant’anni, tornano a rivaleggiare tra loro e a richiedere l’ “aiuto” di potenti sovrani stranieri. Dal canto loro costoro ne approfittano per far valere i propri interessi. E mentre gli stati italiani si indeboliscono sempre più, le potenze straniere riducono la penisola (con la sola eccezione della Savoia) a facili territori di conquista…
Il re francese Luigi XII, ancora nel 1499, dopo aver occupato il Ducato di Milano si allea con lo spagnolo Ferdinando II per riconquistare il regno di Napoli, che allora era sotto il dominio degli Aragonesi, autonomi dalla madrepatria spagnola. Tuttavia, al momento di spartirsi i territori così sottomessi, i due sovrani non mantengono i patti. Ecco, allora, una nuova guerra, al termine della quale, nel 1503 gli spagnoli occupano il Regno di Napoli e i Francesi continuano a occupare il Ducato di Milano.

Papa Giulio II e la “Lega di Cambrai”

Tuttavia Francia e Spagna sono destinate di nuovo a incontrarsi: nel 1508 si trovano unite nella cosiddetta “Lega di Cambrai”, un’alleanza voluta da Giulio II, il pontefice “guerriero”, dalle velleità politiche non molto dissimili da quelle di altri sovrani europei a lui contemporanei. La lega ha come finalità quella di difendersi dalle minacce provenienti dalla Repubblica di Venezia. Eppure, anche tale coalizione ha vita breve: soltanto tre anni dopo francesi e spagnoli si trovano a combattere di nuovo su fronti opposti. Giulio II non rinuncia, tuttavia, a tutelarsi e, in men che non si dica, fonda la “Lega Santa”, in funzione antifrancese, che comprende, prima fra tutti la cattolicissima Spagna, seguita da Inghilterra, Svizzera, Impero e qualche audace staterello italiano. Così nel 1512 la Francia esce da un’Italia affranta da anni di guerre. E gli Sforza tornano a Milano.

La contesa per il Ducato di Milano

Nel frattempo cambiano i sovrani ma non cala la sete di potere: Il nuovo re di Francia, Francesco I, conquista di nuovo il ducato di Milano. È per lui il primo passo in un cammino che ha come obiettivo quello di spezzare l’isolamento in cui è caduto il suo Paese, dopo l’elezione dell’imperatore spagnolo Carlo V. Quest’ultimo, per contro, vuole assolutamente impadronirsi di Milano e il suo ducato, perchè rappresenta uno strategico punto di transito di soldati e merci fra i territori dell’Impero e il Regno di Napoli, pure sotto il controllo dell’imperatore.
È di nuovo la guerra.
Nel ducato di Milano la responsabilità militare è affidata a Odette de Foix, conte di Lautrec è Comminges, maresciallo di Francia, che, già al tempo del precedente sovrano Luigi XII, era entrato con questi in Italia. Eccolo nel 1515, alla testa dell’esercito francese nel conflitto contro Massimiliano Sforza, per conquistare l’attuale ca-poluogo lombardo, impresa felicemente riuscita con la battaglia di Marignano (Melegnano), il 13-14 settembre 1515. La storia lo dipinge come un uomo dall’animo particolarmente cruento e sanguinario e con un esordio nel mondo politico-militare non dovuto solo a meriti personali, ma anche e soprattutto alla mediazione della di lui sorella Francoise, contessa di Chateaubriant e amante dello stesso Francesco I!
È forse anche per tali motivi che, nei successivi anni di scontri con l’esercito imperiale, ora supportato da un contingente militare pontificio, sempre in lotta per la conquista del ducato di Milano, che Francesco I decide di affiancare a Odet de Foix, una statura politica altrettanto imponente, ma certo più temperata dal buon senso: stiamo parlando, cioè, di Andrea Gritti, futuro doge di Venezia, dal 1523 al 1538. Gritti, che ha un brillantissimo passato di diplomatico e uomo d’affari a Costantinopoli, è l’uomo che serve per fare da contraltare, con la sua astuzia diplomatica, il suo coraggio, la sua temperanza alla spietata determinazione di intenti di Odet De Foix. In realtà Gritti non vuole essere coinvolto con una qualifica formale in questa guerra, pur avendo negato a Carlo V di far transitare le sue truppe dalla Repubblica di Venezia e schierandosi automaticamente dalla parte di Francesco I. Vorrebbe piuttosto seguire il re in Francia, partendo da Milano, ma quest’ultimo lo convince ad affiancare Lautrec.
Gritti viene nominato, con parere quasi unanime, provveditore generale. Che non è contento di tale carica, lo si evince da una lettera inviata all’ambasciatore a Parigi, il quale, invece gli esprime la soddisfazione del re nel sapere che in campo ci sarà anche lui. Gritti, ancora una volta formula riserve sui piani militari del Lautrec.

La clamorosa sconfitta di Milano

E ha ragione: il 13 ottobre 1521, gli spagnoli si muovono verso Milano, dove Lautrec e Gritti, colti di sorpresa, tentano una debole difesa. In un combattimento cruentissimo, Gritti capisce che ormai Milano è persa e ripara a Sant’Angelo Lodigiano, dove, sfinito, trova riparo e alloggio nel castello, nel quale, nel 1522 aveva posto il suo presidio proprio il temibile governatore di Milano Lautrec! Si tratta di una clamorosa sconfitta, per mano degli archibugieri spagnoli che spazzano via letteralmente l’esercito di Francesco I e riducono quest’ultimo prigioniero.
La storia di Gritti invece non si conclude qui. Diven-terà doge di Venezia all’età di sessantotto anni, nel 1523, dopo una lunga “porzione” di esistenza trascorsa all’estero, facendo fortuna come commerciante di grano, riuscendo a conquistare la fiducia e l’amicizia del Sultano di Costantinopoli, nonché di altri capi politici di molte signorie della vecchia Europa. Uomo di cultura straordinaria, seppe mantenere intatto il ruolo economicamente e territorialmente strategico di Venezia, e ne fece pure un faro culturale nell’Europa di allora, ospitando da un lato Pietro Bembo e Pietro Aretino, dall’altro Ignazio di Loyola e Francesco Saverio… Raffinato studioso di filosofia, tanto che da vantare lunghi studi in merito presso l’università di Padova, fine conoscitore delle antiche lingue classiche come delle lingue moderne compreso il turco, collezionò moltissimi amori, anche in virtù della sua bellezza non comune.
Morì il 28 dicembre 1538.
E così, se mai sentiremo parlare del doge Andrea Grit-ti o, ancor più fortunatamente, ammireremo a Washington la celebre tela del Tiziano che lo ritrae fiero e imponente, in cuor nostro sapremo che almeno per una notte, noi santangiolini avemmo l’onore di ospitare nel nostro castello un personaggio di tale statura politica, culturale ed etica!
Veronica Paolini
(Per saperne di più: Alvise Zorzi “Il Doge. Un romanzo vero”, capitolo XXII, Arnoldo Mondadori Editore, 1994)

 


IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano


Ritratto del maresciallo Odette de Foix, conte di Lautrec, già governatore francese di Milano che nel 1522 pose il suo presidio nel nostro castello.


La tela di Tiziano Vecellio, raffigurante il Doge Andrea Gritti, eseguito nel 1540, conservato alla “National Gallery of Art” di Washington.