Don Sandro Beccaria, musicista e “ribelle per amore”

In silenzio e schivo da ogni lode, ha messo a repentaglio la propria vita per aiutare chi era in pericolo


Sulle pareti laterali del palazzo in stile Liberty, che sorge in piazza della Libertà al civico n. 17, è ben visibile, ancora oggi, la scritta “Dalla calza al cappello” che indica l’attività di mercante svolta da Alessandro Beccaria e proseguita dal figlio Mario, che nel 1914 sposa Rosa Vigotti. Dalla loro unione, il 10 giugno 1915, nasce Alessandro, primo di sei figli, familiarmente chiamato Sandro, diminutivo che lo accompagnerà e identificherà per tutta la sua vita.
Il parroco di Sant’Angelo, monsignor Enrico Rizzi, prende subito a ben volere il giovane Sandro favorendo la sua vocazione sacerdotale. Sandro compie lodevolmente gli studi nel seminario diocesano e riceve l’ordinazione sacerdotale nella cattedrale di Lodi l’11 giugno 1938 assieme al concittadino don Carlo Pozzi.
Monsignor Rizzi ottiene che don Sandro, per motivi di salute, rimanga a svolgere il suo ministero sacerdotale a Sant’Angelo con l’incarico di vicario cooperatore ed i compiti di prefetto di Sacrestia e direttore della Schola Cantorum.



Don Sandro Beccaria, il certificato del maresciallo inglese Alexander inviato a don Sandro, dopo la guerra: “quale attestato di gratitudine e riconoscimento per l’aiuto dato ai membri delle Forze Armate degli Alleati
che li ha messi in grado di evadere o di evitare di essere catturati dal nemico” e
il documento di precettazione per l’invio del sacerdote ad un campo di lavoro in Germania.

Musicista geniale

L’incarico a don Sandro Beccaria come direttore della Schola Cantorum Santa Cecilia è una scelta precisa del parroco che, conoscendo le doti musicali del sacerdote, qualità certamente apprese in famiglia dal padre Mario apprezzato musicista e compositore, lo vuole successore di don Ernesto Merlini, che per oltre vent’anni è stato istruttore e direttore della corale parrocchiale.
Il 1° ottobre 1940 don Sandro manifesta il desiderio di frequentare l’Istituto di Musica Sacra di Milano, richiesta accettata dal parroco e dal vescovo. Il titolo accademico di Baccalaureato in Canto Ambrosiano gli è conferito il 15 ottobre 1942.
Sotto la direzione di don Sandro, che è pure un eccellente organista, le esecuzioni della Scuola di Canto riscuotono unanimi consensi e ammirazione per la scelta di autori impegnativi e per le geniali interpretazioni.
Per le imponenti celebrazioni cabriniane svoltesi dal 7 al 14 luglio 1946 alla presenza del cardinale Ildefonso Schuster, le esecuzioni musicali dirette da don Sandro, comprendono autori come Bottazzo, Campodonico, Vittadini, Perosi, don Giuseppe Beccaria, Bracchi e Dentella.
Nel luglio 1947 don Sandro dirige, con successo, la Schola Cantorum santangiolina durante la Messa e i Vespri nella Cattedrale di Lodi. In una lettera al musicologo don Luigi Salamina, non nascondendo apprensione per tale compito, chiede che le esecuzioni abbiano luogo sulla cantoria vi-cino all’organo, tenuto conto che il numero complessivo dei cantori è di 40 elementi.

L’aiuto ai prigionieri inglesi

L’attività “patriottica” di don Sandro ha inizio dopo l’8 settembre 1943, quando a seguito dell’armistizio stipulato da Badoglio con gli Alleati, la Germania invade l’Italia nel tentativo di ostacolare l’avanzata anglo-americana. I militari italiani, che hanno il compito di sorvegliare i prigionieri inglesi che lavorano nelle campagne, fuggono, abbandonando i soldati di sua maestà britannica che si disperdono nelle campagne del Lodigiano nel tentativo di trovare aiuto per raggiungere la neutrale e ospitale Svizzera.
È don Sandro stesso che descrive gli eventi di cui è stato protagonista, in una memoria da lui compilata, opportunamente conservata fino ai giorni nostri.
Di nascosto persino dai suoi familiari, don Sandro decide di aiutare questi poveri giovani, ridotti alla fame, in un paese straniero.
In bicicletta si reca nelle cascine dei dintorni, portando ai militari inglesi indumenti e viveri, superando miracolosamente il blocco tedesco all’uscita del paese. “Finalmente - annota don Sandro - nei primi mesi del 1944, con l’aiuto del C.L.N. (Comitato Liberazione Nazionale, ndr), riuscii a farli evadere in Svizzera”.
Quando don Nicola De Martino è arrestato (22 di-cembre 1944) e condannato al domicilio coatto, don Sandro ottiene dal vescovo Calchi Novati “…sotto la mia responsabilità e a rischio della mia incolumità - cosi scrive - di ricopiare a macchina segretamente nello studio del palazzo vescovile, l’atto di accusa che la M.V.S.N. (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) aveva esposto contro don Nicola De Martino. Sempre in bicicletta, superando i diversi blocchi delle guardie tedesche, mi fu così possibile fare avere il pericoloso e prezioso documento all’avvocato che doveva difendere don Nicola”.
In unità d’intenti con le sorelle santangioline Antonietta e Giuseppina Beccaria, don Sandro collabora a tenere nascosta la signora Ridella di Villanterio, alla quale è stata incarcerata la madre per ritorsione di non aver rivelato il nascondiglio del fratello, partigiano nell’Oltrepo Pavese.
Il compito di don Sandro in questa delicata situazione è quello di tenere contatti con una zia di Villanterio, la sola della famiglia rimasta libera.
Scrive don Sandro: “Per fare ciò dovevo entrare in un cortile nel quale vi era il posteggio delle vetture delle S.S. germaniche. Il pericolo era ogni volta molto grave a causa delle lettere compromettenti”.

L’arresto e il domicilio coatto

Il “Cronicron” parrocchiale redatto dal parroco monsignor Giuseppe Molti, così recita in data 15 febbraio 1945: “Nel pomeriggio alle ore 15,30 sul piazzale della Prepositurale viene arrestato dalla Polizia segreta di Milano, il Rev. D. Sandro Beccaria, coadiutore locale. Viene immediatamente tradotto alle carceri di S. Vittore a Milano. Il Prevosto subito interessa il Vescovo di Lodi e Sua Eminenza il Cardinale di Milano. Il D. Beccaria è imputato di favoreggiamento a prigionieri inglesi, unitamente al Parroco di Bargano D. Arioli che pure viene arrestato”.
Don Sandro è portato a Milano in via Rovello sede della Muti (un corpo militare italiano composto da volontari dell’ex milizia fascista) e, dopo tre giorni di intensi interrogatori, è rinchiuso nelle carceri di San Vittore.
Sono suoi compagni di prigionia Mario Martinelli che sarà nominato deputato della Costituente e per sei volte ministro della Repubblica, e l’avvocato Grassi, primo commissario prefettizio di Como dopo la Liberazione.
Con una notifica del Tribunale Regionale Militare del 24 febbraio 1945, don Sandro è precettato per essere inviato in un campo di lavoro in Germania, destinazione evitata dal tempestivo intervento del cardinale di Milano Ildefonso Schuster, che ottiene per don Sandro il domicilio coatto sotto sorveglianza presso l’istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
Il 9 aprile al Palazzo di Giustizia di Milano, presso il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, è celebrato il processo contro don Sandro Beccaria assistito dall’avvocato Ostorero di Milano, don Giuseppe Arioli e altri detenuti. Don Sandro è assolto e liberato, mentre don Arioli è condannato a 10 anni di carcere con la condizionale.
L’opera patriottica di don Sandro, alla fine della guerra, è attestata con un documento del maresciallo inglese Harold Alexander che lo ringrazia “per l’aiuto dato ai membri delle Forze Armate degli Alleati che li ha messi in grado di evadere o di evitare di essere catturati dal nemico”.
Don Sandro, con grande forza d’animo, nonostante le sofferenze patite, riprende il suo impegno di direttore della Schola Cantorum parrocchiale che lo vede abile protagonista sino alla fine del 1950 quando, minato nel fisico e nel morale, lascerà le redini della corale parrocchiale nelle altrettante abili mani di don Carlo Cerri.
Don Sandro si rinchiude progressivamente in se stesso, fino a lasciare ogni attività di ministero.
Colpito da paralisi si spegne il 25 ottobre 1981.
Nella prefazione al libro «Memoria di sacerdoti “ribelli per amore”» dedicato alla partecipazione dei sacerdoti alla Resistenza, il cardinale Carlo Maria Martini scrive: «Sono stati preti capaci di coinvolgere nella “ribellione” e nella testimonianza di carità il loro popolo. […] La loro Resistenza fu anzitutto un’opera di carità, di ospitalità, di fratellanza: e fu proprio questo coinvolgimento che li rese oggetto delle violenze tedesche e fasciste».
Sono parole che bene si prestano a delineare l’attività patriottica di don Sandro Beccaria, un sacerdote di cui i santangiolini devono essere fieri per il coraggio avuto nell’aiutare chi era in pericolo e nell’opporsi all’ingiustizia e ai soprusi.
Antonio Saletta

 

 


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