La tragedia della Shoah, il dovere della memoria

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Lo scorso 27 gennaio il mondo ha celebrato la “giornata della memoria”. Una giornata dedicata al ricordo dell’Olocausto e della tragedia dei campi di lavoro e di sterminio organizzati su vasta scala dalla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.
Al termine del conflitto le stime delle potenze occidentali parlavano di almeno 6 milioni di ebrei uccisi nei lager attraverso pratiche brutali come le camere a gas, per raggiungere quella che Hitler definiva soluzione finale, cioè l’annientamento del popolo ebraico. Al processo di Norimberga, organizzato nel 1945 dalle potenze vincitrici del conflitto per giudicare i vertici del nazismo, è stato affermato che un intero popolo - quello ebraico - è stato di fatto cancellato dall’Europa occidentale.
Deportazioni, eliminazione di ogni diritto umano e privazioni non hanno riguardato però soltanto gli ebrei, ma anche centinaia di mgliaia di zingari, omosessuali, testimoni di Geova, oppositori politici, militari di stati non allineati con la Germania. La più grande tragedia del ventesimo secolo pone ancora oggi pesanti interrogativi sulle sue origini, da ricercare in uno degli stati più civilizzati e tecnologicamente avanzati dell’Europa, la Germania appunto. Proprio per la complessità dei meccanismi che hanno condotto alla Shoah (parola ebraica che significa catastrofe) e per le sue disumane conseguenze, le nazioni civili hanno consegnato alla storia un giorno dell’anno, il 27 gennaio, per riflettere e per ricordare. L’obiettivo è evitare che l’orrore dei campi di concentramento e sterminio possa ripetersi.
Il dovere della memoria, a oltre sessant’anni dalle atrocità perpetrate dai nazisti, si impone anche alla nostra Sant’Angelo. E per varie ragioni. La prima è che nei campi di concentramento e sterminio, in Germania, Austria e Polonia, sono finiti anche nostri concittadini, come i giovani soldati dell’esercito italiano che dopo l’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio firmato da Badoglio, sono stati visti come nemici dagli ex alleati nazisti. In questi ultimi anni “Il Ponte” ha raccolto alcune loro testimonianze, nelle quali parlano di carri bestiame colmi di deportati, numerazione dei prigionieri, botte e soprusi, lavoro non retribuito, annientamento della dignità umana. Ecco una prima ragione che suggerisce perché la tragedia del nazismo deve essere ricordata ancora oggi, anche sui banchi delle nostre scuole.
Ma ci sono altri motivi per non dimenticare. L’orrore dei campi di sterminio ha mostrato al mondo come il potere di una maggioranza abbia potuto calpestare i diritti delle minoranze. Si tratta di una lezione che la Shoah ha consegnato alla storia, affinché il mondo ne faccia tesoro. Una lezione che è stata impartita da uno stato, la Germania nazista, e dai suoi alleati (non dimentichiamo le leggi discriminatorie degli ebrei approvate dall’Italia fascista): tutti paesi occidentali e civilizzati. La Shoah dunque è figlia dell’Occidente, che oggi ha il dovere della memoria e l’obbligo morale di contrastare il negazionismo storico che tende a confutare l’esistenza dei campi di sterminio.
La riflessione sulla Shoah come “prodotto” dell’Occi-dente conduce poi a una seconda considerazione. La storia ha ricostruito come la propaganda sia stata negli anni Trenta e Quaranta del Novecento uno dei fattori determinanti dell’ascesa del na-zismo e della discriminazione del popolo ebreo e delle altre minoranze.
Per anni nel popolo tedesco sono state inculcate tesi razziste attraverso la radio e i giornali. Successivamente la propaganda su larga scala, assieme al regime di paura instaurato da Hitler, hanno portato la Germania ad accettare le leggi discriminatorie e l’orrore dei lager. Il potere della radio e dei giornali, già penetrante negli anni Trenta e Quaranta dello scorso secolo, è oggi amplificato dalla televisione e da Internet.
I mass media hanno dunque un potere enorme e una responsabilità sempre più gravosa nell’orientare l’opinione pubblica. Siamo convinti che oggi ripensare a come sono stati utilizzati dalla Germania nazista i mezzi di comunicazione e soprattutto a quali risultati hanno portato sia una pratica non soltanto utile, ma doverosa, nel rispetto di quanti sono morti a causa dell’ideologia dell’orrore.
Lorenzo Rinaldi


Una medaglia per Giuseppe De Martino

Lo scorso 27 gennaio nel palazzo della prefettura di Lodi sono state consegnate 17 medaglie d’onore conferite dal presidente della Repubblica ai deportati nei campi di concentramento tedesco durante la seconda guerra mondiale. Tra le molte medaglie, consegnate dal prefetto Peg Strano Materia, una è andata anche a Sant’Angelo: il prefetto ha infatti consegnato il riconoscimento alla famiglia di Giuseppe De Martino. Presenti alla cerimonia le autorità istituzionali del territorio. Ricordiamo che a Sant’Angelo, altri ex deportati attendono ancora il medesimo riconoscimento.