Quelli che la bicicletta la usano per necessità

Diario d’estate 2007


Pronto in sella anche quest’anno tra uno scroscio d’acqua e l’altro, a passeggiare in bicicletta senza altro scopo che il divertimento. Sono uno di quei ciclisti che amano la bicicletta per una passeggiata gratuita in campagna, per gironzolare tra le vie dei paesi, senza caricare troppo sui pedali, solo per sentire una lieve brezza e godere del tempo libero all’aperto. Proprio pedalando però quest’anno mi sono accorto dell’esistenza di altri ciclisti ed ho provato a mettermi nei loro panni. Non in quelli dei ciclisti pluri-accessoriati, mi sentirei ridicolo in una tu-tina multicolore con caschetto e occhiali. No, mi sono calato nei panni degli altri. Quelli che la bicicletta la usano per necessità come unico mezzo di trasporto.

Il pensiero è iniziato una mattina quando ho incrociato un giovane diretto a Sant’Angelo che stava cercando di trasportare una grossa anguria su una bici da uomo piuttosto malconcia. Non aveva l’aria di divertirsi. Piuttosto aveva l’aspetto di chi cercava di risolvere un problema che, per necessità, non poteva affrontare in altro modo. Decido allora, questa volta, di mettermi nei suoi panni e non per modo di dire. Mi doto quindi di un peso analogo (una tanica da dieci litri d’acqua). Con una mano tengo stentatamente il manubrio e con l’altro reggo la tanica che, in quanto a parallelepido, sfugge meno che una sferica anguria. Più volte sobbalzo, temo di cadere, appena prendo velocità, rallento ed almeno in un paio di occasioni devo scendere dalla bici in prossimità dei salti dissuasori di velocità. Alla fine arrivo a casa fradicio di sudore. Missione compiuta con non poca fatica. Alla soddisfazione per esserci riuscito, si aggiunge la perplessità per la fatica e il tempo perso.

Mi immagino l’amico straniero con l’anguria che arriva a casa e offre il fresco rosso frutto alla famiglia. Davvero una bella soddisfazione per chi è costretto a vivere ancora come noi vivevamo quarant’anni fa.

Lascio all’anno prossimo l’impresa che ho visto compiere da alcuni signori pedalatori di necessità. Partendo immagino da un paese vicino si sono issati sul nuovo ponte di Pieve per raggiungere un altro importante centro di negozi. Una bella impresa che unisce necessità, ecologismo e consumismo. Chissà forse gli potrebbe essere utile il carrello porta spesa che qualche grande catena sta progettando.

Ma via questa non è una rubrica di riflessione sociale. Qui si pedala. Ed allora gironzolo a Sant’Angelo con un’altra domanda. Dove può lasciar la bicicletta chi la usa per spostarsi? Scopro così di poterla lasciare al centro commerciale dotato di un discreto numero di rastrelliere. Mi guardo in giro e dopo aver collocato la bici vedo con occhi nuovi l’enorme piazzale. Un contenitore vastissimo per centinaia di auto. Ma se tutti andassimo in bicicletta quanto spazio risparmieremmo? La bici si può lasciare anche, con posti davvero esigui, al cimitero e all’ospedale. Non riesco però a collocarla ordinatamente davanti o alla biblioteca, alla posta o in altri luoghi pubblici. Insomma qualcuno ci dia le rastrelliere!

Avrei voluto chiudere questo articolo con l’esortazione appena digitata, ma in una delle ultime pedalate estive mi sono accorto (ma da quando?) che è sparita la strada sterrata che partendo dal Mio Lungo all’altezza della Colombana arrivava alla Ranera. Peccato, proprio un peccato. Un altro percorso perso per sempre.
Cristoforo Vecchietti