Emergono ulteriori notizie sull’uomo politico barasino

Giovanni Battista Sommariva
gentiluomo di campagna

La storica Clotilde Fino in un’interessante conferenza tenuta il 15 giugno scorso a cura degli “Amici del Castello”, ha tratteggiato la figura del celebre santangiolino, scavando nella sua vita privata, dalla quale emerge non soltanto uno spericolato affarista, ma anche un abile viticoltore e imprenditore agricolo.

Bertel Thorvaldsen (1770-1844), busto in marmo di Giovanni Battista Sommariva (Thorvaldsen Museum, Copenaghen)
Di Giovanni Battista Sommariva, il santangiolino che ha fatto fortuna con Napoleone Bonaparte, molto è già stato scritto. Si sa che, figlio di un barbiere, è nato a Sant’Angelo il 12 agosto 1757 ed è morto a Milano nel gennaio 1826 all’età di 69 anni. La sua storia è di un uomo di umili origini, cresciuto nella campagna lombarda, privo di scrupoli e che, fidando della propria intelligenza e abilità, si lancia alla conquista del mondo, approfittando degli stravolgimenti storici susseguiti alla rivoluzione francese e all’ascesa di Napoleone.
Il Sommariva si laurea in legge a Pavia.
Intraprende la via rivoluzionaria nel 1796, mentre si trova a Milano. L’avvocato santangiolino, infatti, viene chiamato a formare la municipalità di Milano dopo che Napoleone aveva estromesso gli austriaci. Entra nelle grazie di Bonaparte e nell’Amministrazione generale della Lombardia, che diviene una sorta di governo provvisorio.
Dopo il breve e temporaneo ritorno austriaco (1799-1800) i francesi riconquistano la Lombardia e nel giugno del 1800 proclamano la seconda Repubblica Cisalpina, con il benestare di Napoleone. Il quale, il 25 settembre 1800, nomina il Sommariva, assieme a Francesco Visconti e Sigismondo Ruga, membri del Comitato di governo della repubblica.
In breve tempo, grazie ad un’invidiabile fiuto per gli affari unito ad una certa dose di scelleratezza, l’avvocato santangiolino accumula enormi ricchezze, acquistando in taluni casi per pochi denari i beni ecclesiastici requisiti e messi in vendita da Napoleone. Oltre a ville e dimore sul lago di Como e nei dintorni di Parigi, il Sommariva acquista poderi e terreni attorno al paese in cui è nato. Sappiamo infatti che diventa proprietario della tenuta di Valbissera, sulle colline di San Colombano e, tra le varie cascine, di Cà de Geri, tra Sant’Angelo e Borgo San Giovanni.
La figura del gentiluomo di campagna, che si accompagna all’abile affarista e al politico navigato, traspare dalle numerose lettere inviate dal Sommariva al figlio Luigi tra il 1809 e il 1825, raccolte in un epistolario dalla vedova di Luigi, contessa Emilia Seiller Sommariva, pubblicato a Parigi nel 1842.
Nelle lettere il santangiolino racconta dell’attività nei campi, delle innovazioni messe in opera, del rapporto con i contadini, ai quali affitta enormi appezzamenti di sua proprietà, affinché vengano fatti fruttare.La tenuta di Valbissera, immersa nei vigneti banini, diventa prima la residenza estiva del Sommariva, nella quale il politico cerca refrigerio dalla calura cittadina.Poi, negli ultimi anni della sua vita, sembrerebbe diventare residenza abituale, o quantomeno molto più frequentata rispetto a prima, per la vicinanza delle acque termali di Miradolo, dalle quali il Sommariva cerca rimedio alla gotta.

Il vantaggio di Valbissera è anche che, pur trovandosi in campagna, è relativamente poco distante da Milano, dove il Sommariva cura i propri affari più importanti.



Immagini odierne della località di Valbissera, nei pressi di San Colombano al Lambro, con le colline coltivate a vigneto.

Vediamo ora il tenore delle lettere che l’avvocato invia al figlio, dalle quali emerge appunto un uomo attento al lavoro dei campi e alla produzione di vino. Partiamo da quella indirizzata il 9 luglio 1923 da Villa Sommariva in cui si fa riferimento a Valbissera: “...Procuro di semplificare le amministrazioni, coll’affittare possibilmente tutto. Quest’anno è propizio a tale oggetto, giacchè i frutti della campagna sono abbondantissimi in foglia, gallette, grani, uva ecc. Se sta lontana la grandine avremo tanto quì, che alla Collina una delle più abbondanti vendemmie; ed i paesani che credono a quel che vedono, sono più facili a prendere i fondi in affitto, supponendo che andrà sempre così. A Valbissera ho fatti più di 22 affittuarj. Presi anzi qualche piccolo fondo, che subito affittai in dettaglio coll’impiego del 6 e mezzo per cento. Quì dovetti anche far fare qualche abitazione da paesano, onde poter collocare gli affittuarj dei fondi da noi stati messi all’ordine. Non sono, in ultima analisi, mal contento di avere speso anche molto nel miglioramento delle terre; giacchè queste in oggi mi rendono bene l’interesse. I fondi sulla Collina in dettaglio li affitto ora l’uno con l’altro 25 lire la pertica, ch’è quanto dire franchi 125 mille all’arpent”.
In una seconda lettera, datata 15 settembre 1824 e indirizzata ancora al figlio Luigi, il Sommariva racconta le migliorie e le innovazioni portate a Valbissera per la produzione di vino, dimostrandosi in questo caso un imprenditore moderno. Qualche riga più avanti vi è poi il riferimento all’imminente vendemmia (siamo appunto a settembre). Infine il Sommariva parla delle acque termali che trova in collina e che, dice, “mi fanno un gran bene alla salute”. È la testimonianza di come, già nell’Ottocento, le acque di Miradolo fossero apprezzate. Ecco dunque il testo integrale della lettera. “Caro il mio buon Luigi, Collina S. Colombano, 15 settembre 1824. Sono venuto di nuovo qui per far la vendemmia che si è da noi incominciata da jer l’altro per l’uva gentile che abbiamo in quantità e che matura prima dell’altra. Ho fatto fare sul Lago un opportuno torchio per evitare il costume comune di fare i secondi vini con l’acqua, i quali costano molto per la mano d’opera e vanno in malora subito e non si trova da venderli. Quest’invenzione qui ci deve esser vantaggiosa. La lunga siccità dell’estate ha fatto molto torto all’uva; ma si è bene ristorata in parte con la pioggia, sebbene tardiva; cosicché facciamo una più che discreta vendemmia. Anche tutti gli affittuarj che tengono i nostri fondi si trovano contenti della nuova maniera che noi abbiamo qui introdotta nella coltivazione delle viti come più economica e più produttiva. Pare che i nostri esperimenti ora risultino come li aveva preconizzati da principio per lucrosi. La prova è che facciamo molti fitti ad un assai forte prezzo. Ho acquistato ancora dei terreni in questi contorni e spero che non faccio cattivi negozj. Anche queste Acque (nel sito dei vini) mi fanno un gran bene alla salute. Tanto è vero che seguitando qui un ottimo tempo asciutto e caldo, credetti di riprendere qualche bagno ancora, che va ottimamente; bevendo poi sempre, anche ai pasti, della stess’acqua minerale...”.
La descrizione del Sommariva gentiluomo di campagna si chiude con Cà de Geri. Un possedimento che il politico darà in gestione ai Bonati. Risulta però che, in quanto proprietario, il Sommariva figurasse tra gli utenti del canale Muzza, così che i possidenti confinanti lo abbiano indicato quale loro “deputato”, cioè rappresentante, nell’organo di gestione del canale, a Lodi. Evidentemente i proprietari terrieri contavano sulla sua capacità di concludere buoni affari e far valere le proprie ragioni.
Lorenzo Rinaldi.