Emanuele, Manlio e Battista, affermati decoratori di chiese, teatri e castelli nel Lodigiano e Pavese, tra l’Ottocento e il Novecento

La famiglia Oppio: tre generazioni di artisti



Manlio Oppio --------------------- Battista Oppio ---

Il soffitto del teatro Fraschini di Pavia, l’albero genealogico del castello Bolognini di Sant’Angelo, chiese e cappelle dell’Oltrepò. C’è la mano di Manlio Oppio, uno dei decoratori più famosi di Sant’Angelo, dietro a tantissimi affreschi e opere d’arte realizzate nel primo Novecento.
La storia di Manlio è la storia della famiglia Oppio, fucina di talenti creativi e ancora oggi attiva nel ramo delle belle arti con il negozio di via Umberto I. Dietro quelle vetrine c’è una storia, poco conosciuta, che tra l’Ottocento e il Novecento accomuna tre generazioni di artisti: pittori, decoratori, pennelli sopraffini con personalità molto forti.
Il capostipite della famiglia Oppio è Emanuele, nato a Lodi nella seconda metà dell’Ottocento. Su di lui non si hanno molte notizie, ma è certo che vantasse uno spiccato talento artistico e fosse un personaggio eclettico. Come detto, Emanuele nasce a Lodi, dove abiterà con la propria famiglia fino alla morte. Emanuele dunque non avrà contatti duraturi con la realtà di Sant’Angelo, che invece accoglierà l’esperienza umana e artistica del figlio Manlio.
Emanuele si sposa a Lodi, molto probabilmente con una sua concittadina. Hanno quattro figli, di cui due seguono le orme del padre. Si tratta di Manlio, nato nell’ottobre del 1885 che si trasferisce a Sant’Angelo e avrà un grandissimo successo; e di Ugo, che avrà successo in Liguria ma anche a Milano, dedicandosi alla decorazione e alla pittura. In particolare, le decorazioni e i graffiti del Grand Hotel di Rapallo, sulla riviera ligure, sono opera sua. Ugo lavora moltissimo anche a Milano a capo di un’impresa con un discreto numero di dipendenti.

Il talento artistico di Manlio Oppio

Manlio si farà ben presto conoscere in mezza Lombardia, diventando un decoratore molto richiesto. La sua esperienza è ricchissima di aneddoti, affascinante. Vive in un periodo nel quale le famiglie benestanti non hanno difficoltà a sovvenzionare gli artisti per impreziosire i saloni ma anche le facciate dei loro palazzi. Oggi purtroppo una parte del suo lavoro, soprattutto quello fatto nelle case private, è andato perso, nascosto sotto anonimi intonaci.


Due affreschi di Manlio Oppio. A sinistra: il grande albero genealogico nella sala del trono del castello Bolognini,
a destra: martirio dei Santi Astanzio e Antoniano, nella chiesa di Vigonzone (PV)

Manlio nasce a Lodi nel 1885 ma dopo alcuni anni si trasferisce a Sant’Angelo. Nei primi anni del Novecento si sposa con la santangiolina Giuseppina Mascheroni, insegnante, esponente di una nota famiglia locale. Manlio è un uomo dell’Ottocento, sguardo fiero e aspetto curato. Avrà quattro figli, Eade (1910), Renzo (1912), Alessandra (1914) e Battista (1916). Quest’ultimo seguirà le orme del padre.
La prima dimora di Manlio a Sant’Angelo sono alcune stanze nel castello Bolognini. L’attività principale è quella di decoratore. In castello con la moglie gestisce però anche una piccola rivendita di colori. Non si doveva trattare di una bottega vera e propria, bensì del magazzino che Manlio teneva per scopi professionali e che apriva anche ad altri pittori della zona. Nel 1917 i coniugi Oppio acquistano la casa al civico 11 di via Umberto I, dove ancora oggi c’è il negozio di famiglia. L’attività di Manlio come decoratore è vastissima. Impossibile citare tutti i lavori che gli sono stati commissionati. Uno dei più prestigiosi è però la decorazione del soffitto del teatro Fraschini di Pavia. Una bomboniera che ancora oggi viene riconosciuta come uno dei teatri più belli d’Italia.
Il decoratore sa però farsi valere anche in patria, a Sant’Angelo. Manlio si occupa infatti di affrescare numerose stanze del castello Bolognini appena restaurato. La committente è la contessa Lydia Bolognini. L’artista santangiolino, fra l’altro, dipinge l’albero genealogico che ancora oggi fa bella mostra di sé nella sala del trono. C’è poi una curiosità: in castello c’è una decorazione opera di Battista Oppio, figlio di Manlio che segue le orme del padre e fin da giovanissimo compie il duro apprendistato passando da un cantiere all’altro. Il Manlio decoratore si distingue poi nell’Oltrepò Pavese, lavorando a chiese e cappelle funerarie.
A Pavia si occupa pure di alcuni collegi gestiti da ordini religiosi, decorando l’interno delle cappelle.
La mano dell’artista santangiolino è visibile anche in alcune parrocchiali al confine tra il Pavese e il Lodigiano. A Magherno uno studio avviato dal Comune negli scorsi mesi ha permesso di ritrovare alcuni progetti elaborati da Manlio. A Sant’Angelo esistono altre tracce del lavoro di Manlio, decorazioni di arte sacra o in stile liberty nelle case private e alcuni graffiti sull’esterno della Basilica.
La fama del decoratore si spinge anche nel Lazio e in Belgio, a Bruxelles, dove Manlio viene premiato ad un concorso.
Nobile d’animo, amante della musica, abilissimo con la penna nei contatti epistolari, Manlio è un uomo di vero stampo ottocentesco. Di Lui si ricorda la fitta corrispondenza con la moglie e le lettere scambiate con la contessa Bolognini durante il periodo dei lavori in castello, nelle quali la contessa si sofferma sulla decorazione delle varie stanze, con consigli e richieste. Manlio fonda anche una scuola di pittura, a Villanterio. I nipoti possiedono ancora fotografie del nonno attorniato da nugoli di giovani studenti ansiosi di apprendere nozioni di pittura, ma anche i rudimenti del disegno tecnico. Manlio muore il 16 marzo 1936. Sua moglie scompare invece nel 1953.

Battista Oppio, pittore moderno

L’ultimo dei quattro figli, Battista, segue le orme del padre. Prima di concentrarsi sulla sua esperienza, occorre fare un cenno al fratello Renzo, nato nel 1912. La sua storia è purtroppo simile a quella di molti altri giovani italiani dispersi sul fronte russo. La sua scomparsa rappresenterà un duro colpo per la mamma Giuseppina. Renzo si diploma ragioniere e inizia a lavorare alla società di assicurazioni Generali. Inviato per qualche tempo in Germania, presso l’alleato, conosce Gerda, ragazza proveniente da una famiglia altolocata. I due si fidanzano. Gli Oppio custodiscono ancora la lettera con la quale le due famiglie annunciano il fidanzamento. L’evento è racchiuso in poche righe, scritte su una carta lussuosa. La lettera oggi ha acquistato un significato non solo affettivo, ma anche storico. Sul dorso della busta infatti si riconoscono il timbro della Wehrmacht, l’aquila del regime e il simbolo nazista della croce uncinata. Con la seconda guerra mondiale, Renzo viene inviato sul fronte russo. Muore durante la ritirata del 1943. Qualche giorno prima la mamma riceve la sua ultima lettera. Il giovane cerca di tranquillizzare i familiari, ma racconta anche come in alcuni giorni la temperatura sia particolarmente “acuta”, arrivando a meno 35 gradi.
Se in gioventù Renzo si iscrive a ragioneria, il fratello Battista si appassiona invece all’attività del padre. Fin da ragazzo lo segue sul lavoro, facendosi valere per le proprie doti. Manlio è infatti un abilissimo decoratore, Battista è spigliato nel figurativo. Anche i due caratteri sono diversi. Battista è più moderno, non solo per ragioni anagrafiche. Rispetto alle peculiarità ottocentesche del padre, il figlio dimostra una preparazione non solo artistica ma anche tecnica. Oltre che sui cantieri, apprende l’arte della decorazione alla scuola di pittura di Pavia. Il professore che la gestisce è amico di Manlio.
La vita di Battista è segnata direttamente dall’esperienza della seconda guerra mondiale. Nel 1936 svolge servizio militare di 18 mesi a Milano. Poi torna a Sant’Angelo, ma già nel 1939 viene richiamato alle armi e inviato sul fronte francese, a Claviere. Successivamente affronta la campagna d’Albania e termina l’esperienza militare in Grecia, sull’isola di Kos, nel mar Egeo. La firma dell’armistizio, nel 1943, lo coglie ancora in Grecia. Con i suoi compagni, Battista viene fatto prigioniero dai tedeschi e deportato nei campi di lavoro in Germania. Approda nella Ruhr, dove si occupa di riparare gli aeroporti distrutti dai bombardamenti alleati.
Torna a Sant’Angelo alla fine del conflitto, il 30 agosto 1945. Nel 1946 si sposa con la santangiolina Gaetana Subinaghi. Da lei avrà tre figli, Renzo, Giuseppe e Adele. Riprende l’attività di pittore e decoratore.
Nei primi anni del dopoguerra lo segue in questa avventura un amico, Giovanni Quaini, che in precedenza aveva lavorato per quindici anni al suo fianco, alle dipendenze di Manlio. Giovanni ha un paio d’anni più di Battista: la loro società dura alcuni mesi, poi decidono di sciogliersi. Battista continua a fare il decoratore, occupandosi di chiese e cappelle. Ma nel dopoguerra la vera esigenza è la ricostruzione, così che i soldi da dedicare ad abbellire case sono sempre meno. Battista si specializza anche nell’imbiancatura e cura le attività dei clienti del negozio visitandone i cantieri. È la moglie Gaetana, dal 1946, a condurre in prima persona il negozio di famiglia in via Umberto I. Negozio che con gli anni crescerà. A soli 52 anni Battista muore.
È il 1968. L’attività viene portata avanti dalla moglie e dai suoi due figli maschi, Renzo e Giuseppe. Quest’ultimo esce dall’attività nel 1978. Al fianco di Renzo arriva la moglie Francesca.
Nel 1980 il negozio viene ristrutturato. Oggi continua ad occuparsi di pittura, smalti e prodotti per Belle Arti, con una scuola di pittura attiva già da qualche anno.
Lorenzo Rinaldi