Dentro le sue pagine la cronaca si tramuta nella storia

Sono un accanito lettore dei giornaletti di paese, dei fogli fotocopiati messi insieme con la cucitrice, dei notiziari comunali e dei bollettini parrocchiali. Dentro ad essi c’è tutta l’anima di un popolo.
Se vuoi comprendere l’aria che tira in una piccola comunità e l’identità del suo passato, se vuoi ascoltare dove batte il suo cuore e assaporare lo spirito della sua gente, non hai che una cosa da fare: sfogliare i piccoli giornali che vi sono pubblicati.
Poi, a distanza di anni, quando lo storico cercherà di ricostruire le vicende che hanno caratterizzato il cammino di un centro abitato, benedetti quei paesi che possono vantare, sopra gli scaffali delle biblioteche, le annate rilegate dei piccoli giornali, perché essi diventano una fonte succulenta e ineguagliabile di notizie.
Dentro a quelle pagine la cronaca giornalistica si tramuta nella storia, le fotografie diventano testimonianza del passato, anche le minuscole annotazioni assumono la sembianza di una fonte da citare nelle note.
Tutte queste cose mi affiorano nella mente mentre brindo al decimo compleanno de “Il Ponte” di Sant’Angelo Lodigiano.
L’importanza che “Il Ponte” ha ricoperto in questi dieci anni è già tangibile: per capirlo è sufficiente sfogliare le sue pagine, far correre velocemente lo sguardo sui titoli, scendere nei contenuti di articoli che sono ormai entrati nella storia di una delle più originali e belle città del Lodigiano.


IL NUMERO UNO DE "IL PONTE"

Come sarebbe stata Sant’Angelo se non avesse avuto “Il Ponte”? Come si sarebbero mossi i suoi abitanti, gli esponenti della società civile, il popolo del volontariato, i gruppi e le associazioni, le personalità delle istituzioni e gli amministratori comunali, se non ci fossero state le punzecchiature, le riflessioni, le critiche costruttive e le mille idee che “Il Ponte” di anno in anno ha scaraventato nello stagno del nostro più tranquillo e benpensante provincialismo?
Confezionare un giornale locale non è un lavoro facile. Ti dà più tranquillità scrivere, in una grande città, di un astronauta che sgambetta sulla Luna o di un politico che legifera a mille chilometri di distanza.
Provate a criticare, dalle pagine del vostro giornaletto, l’operato del sciur Peder che abita nella porta accanto o di un assessore che quattro volte al giorno incrociate sulla strada. Tutto diventa più difficile, ci vuole coraggio. Ma è molto più gratificante, perché si finisce per incidere nella vita della propria terra.
Da 33 anni scrivo su un minuscolo giornalino mensile di paese dove faccio di tutto: editore e direttore, prete, secrista e campanaro. Conosco le fatiche immense a cui ci si deve sottoporre per mandare avanti un foglio come “Il Ponte”, però ogni numero è diverso da quello precedente, e quando finalmente l’hai dato alle stampe e ne avvii la distribuzione, vivi una soddisfazione che non è in grado di darti qualsiasi giornalone di questo mondo.
È quindi con onore e trepidazione che alzo in alto il calice per brindare ai dieci anni de “Il Ponte”.
Siete stati veramente bravi. Il numero uno erano capaci tutti di farlo, forse anche il numero due. La sfida in questo campo è durare, e a lungo, e “Il Ponte” prosegue imperterrito la sua strada, da dieci anni.
Auguri, dunque. E - scusate per la sfrontatezza - mi prenoto per il prossimo articolo. Tra dieci anni.
Ferruccio Pallavera
direttore de “Il Cittadino”