Matteo Fratti e la sua opera prima

La libertà dentro un jukebox



Matteo Fratti a colloquio con LeRoi Jones editore, poeta e scrittore della Beat Generation

Mettiti seduto, voglio raccontarti una storia… è un po’ questo il tono con cui Matteo Fratti invita alla lettura della sua opera prima Il jukebox della libertà – Suoni e rumori della Beat Generation. E al lettore che accetta l’invito si snocciola davanti agli occhi una storia cominciata alla fine degli anni ’30 nei locali fumosi di Harlem, maturata nel cuore dell’Europa e proseguita on the road lungo tutto il nord America, per arrivare fino a noi.
Matteo Fratti è insegnante alle scuole superiori, si è laureato con una tesi sulla geografia del blues e attualmente collabora con riviste specializzate quali “Il Blues” e “Buscadero”, con il webmagazine www.rootshighway.it e con il quotidiano “Il Cittadino”, oltre ad essere firma del nostro giornale.
Il jukebox della libertà è l’ultimo tassello della collana “Distorsioni”, diretta da Marco Denti per le edizioni Selene.
È un saggio che marca un percorso musicale, dal brodo primordiale del be-bop alle esplosioni del punk e dell’heavy metal, e lo fa con un’attenzione particolare agli interscambi avvenuti tra musica e letteratura, ai contatti ravvicinati che fecero da ponte tra la cultura della cosiddetta Beat Generation e tutte le ondate rivoluzionarie giovanili che ad essa in qualche modo si sono appoggiate o ispirate. In particolare è la vicenda umana ed artistica di Jack Kerouac, Allen Ginsberg e William Burroughs, le tre colonne del mito e della letteratura beat, a fare da minimo comune denominatore in un puzzle altrimenti difficile da interpretare.
I puristi dei generi (musicali e letterari) non storcano il naso: nella ricostruzione di Fratti nulla è arbitrario ed ogni passaggio è documentato da un minuzioso lavoro filologico. Leggendo il libro si ha la sensazione di seguire passo passo l’evoluzione di un telefono senza fili, che dal saxofono di Charlie Parker fa uscire la new wave dei Tal-king Heads.
Il jukebox della libertà non è un libro di facile lettura e, proprio per via del tono colloquiale, esige dal lettore una base di conoscenze acquisite. Se si ignora chi sia “il vecchio Dean” è ben difficile non perdersi lungo il cammino. Per chi, invece, ha sognato almeno una volta di trovarsi sulla strada verso Frisco, il volume rintraccia una miniera di connessioni perse nel tempo e negli eventi, svelando l’importanza, per citare l’autore, “di una poetica del rock e di un rock della poesia, in un’incredibile interscambiabilità dei ruoli”.
Naturalmente tante domande continueranno a restare senza risposta, perché è in quelle domande che la letteratura beat ha trovato il contatto con i ritmi selvaggi del jazz; è lì che il folk nordamericano ha raccolto il testimone della poesia inglese attraverso gli storici blues ed è sempre in quelle domande, eternamente aperte, che ogni poetica presente darà slancio a quella futura. The answer, my friend, is blowin’ in the wind.
Giuseppe Sommariva
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Ps: se avete sorriso all’ultima battuta, leggetevi il libro:
Il jukebox della libertà – Suoni e rumori della Beat Generation, Matteo Fratti, Selene edizioni, pp. 115, 11 euro.