Commedia barasina

Nel mezzo del cammin che porta in piazza
vi ritrovai un omino affaccendato
col badile, un secchiello e la ramazza.
Aveva, come compito affidato,
di coprire con catrame e con premura
ogni buca sull’asfalto rovinato.
Ahi quanto a dir qual’era è cosa dura
questa strada rotta, brutta e sporca,
se non bastasse, di immondizia e spazzatura;
ché ormai dalla Costa al Lazzaretto
Sant’Angelo è un po’ tutta diroccata
e a vederla non è certo un bel quadretto.
Io non so ben ridir com’è che è andata,
che camminavo forse un po’ distratto
e non ebbi la via ben rimirata.
Ma poi ch’i fui all’altezza della buca
che il buon uomo a badilate rattoppava
con sapienza ed eleganza di Granduca,
guardai in basso e la suola s’attaccava
al pietrame tutto attorno sparpagliato.
“Accidenti accidentaccio!” s’esclamava
col cipiglio di chi è certo un po’ seccato
di proceder con la scarpa impiastricciata,
“Ma si può che per tappar un buco solo
ci si debba ritrovar la carreggiata
tutta immonda di poltiglia e sudiciume?!”
Ed egli a me: “Oh animal senza acume,
che visitando vai per l’aere perso
noi che tignemmo il mondo di bitume,
come credi che io possa al giusto verso
qui da solo tra la pece ed il sudore
trattenere ciò che ho asperso
senza rullo compressore?”
Allor chinai’l capo, e tanto il tenni basso
non so se per protesta o per pudore
allontanandomi senza far chiasso.
E lasciando la sua domanda sanza responsa
mi volsi a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai una scarpa intonsa.

Il poeta di redazione