Mestieri di una volta

I commercianti di bestiame

All’inizio del 1900, a Sant’Angelo, si contavano almeno
quindici grandi famiglie che si dedicavano a questa attività

A partire dal 1700 la proprietà delle terre e la fisionomia dell’agricoltura della bassa pianura Padana furono oggetto di profondi mutamenti. Con il periodo napoleonico la requisizione delle proprietà ecclesiastiche aprì la strada alla nascita di una borghesia attiva in agricoltura e nell’allevamento, che agiva con spirito marcatamente imprenditoriale, investendo grandi risorse economiche. Risorse che andarono aumentando nella prima metà dell’Ottocento con l’impulso dato alla bachicoltura. Autorevoli storici hanno sostenuto che alla base del precoce sviluppo dell’economia lombarda vi fu la grande accumulazione di capitali resa possibile dall’elevato valore delle sete semilavorate.
Tra gli elementi più significativi che contribuirono alla variazione della struttura della produzione agricola, occorre sottolineare l’espansione dell’allevamento. Il numero dei capi di bestiame ospitati nelle stalle crebbe in maniera esponenziale e di conseguenza si ingrossarono le fila di coloro che lavoravano nel settore. Tra questi i commercianti di bestiame, una categoria molto sviluppata nella bassa Padana e che aveva dei punti di riferimento territoriali. Città e grandi borgate nelle quali operavano decine di commercianti, potenti importatori di mucche svizzere e olandesi, abili a trattare sui mercati e nelle fiere e a strappare prezzi vantaggiosi ai vari fittavoli.
A Sant’Angelo, all’inizio del 1900 si contavano almeno quindici grandi famiglie attive in questo tipo di commercio. Ognuna con una propria stalla nella quale tenere gli animali nel periodo necessario alla compravendita.
Molti commercianti abitavano e lavoravano nella zona di borgo San Rocco, basti pensare ai fratelli Fratti (Sante, Giuseppe ed Ernesto) e ai loro cugini Guido e Luigi, impegnati questi ultimi però come sensali. Sempre a San Rocco erano attive la famiglia Rozza e la famiglia Senna. In borgo Santa Maria abitavano Gino Corbellini e il cugino Antonio, che vantavano un traffico di bovini molto consistente soprattutto verso il Pavese. Le stalle della famiglia Dornini erano invece nel rione di San Martino, a lato della chiesa di San Bartolomeo. A condurre l’attività erano Francesco, Giuseppe, Carlo e Virginio. Alla “Vignola” infine c’erano almeno due famiglie di commercianti. I Bianchi avevano una stalla al termine di via Morzenti.



Antonio e Gino Bertolotti ritratti nel cortile di casa nell’inverno del 1945

I Bertolotti erano tra i più importanti commercianti di Sant’Angelo, molto conosciuti in tutta la Lombardia. Una tradizione di famiglia tramandata di padre in figlio, iniziata con Pietro, continuata con Giovanni e terminata solo con il figlio Ettore, classe 1900, che a soli 49 anni muore senza che ci siano figli abbastanza grandi per portare avanti il commercio. La famiglia Bertolotti aveva la sede operativa in un grande cortile lungo via Morzenti, in cui tuttora sono visibili due ampie stalle datate 1837 e 1932. I Bertolotti, so-prattutto con Giovanni ed Ettore, allargarono il commercio alla Svizzera e all’Olanda, diventando importatori molto stimati di bovini da latte. Erano poche le famiglie di Sant’Angelo che avevano un volume di importazioni così elevato e che andavano oltreconfine per acquistare i capi. Tra queste si ricordano pure i Fratti.
Altre storiche famiglie di commercianti erano i Sali, con i cugini Ennio e Pietro, i fratelli Maggi, molto esperti con i cavalli, i fratelli Molinari, i Cova, i Parazzini e i Calderara. Commerciante era pure Vittorio Bellani, conosciuto come “Turù”, che frequentava abitualmente il mercato di Cremona e il cui figlio ha continuato sulle sue orme.
I capi di bestiame oggetto di compravendita erano soprattutto mucche da latte, da macello, manzette, cui seguivano i cavalli, i buoi e gli asini usati per i lavori agricoli. I commercianti li importavano dalla Svizzera e dall’Olanda oppure li acquistavano nei territori attorno al Lodigiano. I mercati in cui rivendere ai fittavoli erano poi lo stesso Lodigiano, il Pavese e il Piacentino.
Fino agli anni Trenta la maggior parte dei bovini importati arrivava dalla Svizzera. I Bertolotti ad esempio acquistavano la razza bruna alpina: mucche corte e tozze, che producevano un latte molto ricco ma che, anche a causa degli sbalzi di temperatura, erano soggette alle malattie. Molto più resistenti erano invece le mucche olandesi che, per una serie di motivi, iniziarono ad imporsi con decisione all’inizio degli anni Trenta. A partire dal 1927 alla Fiera di Milano e negli altri importanti mercati agricoli era iniziato a soffiare il vento della crisi economica, e così le mucche olandesi diventarono le più convenienti. Un bovino si importava a 700-800 lire e si rivendeva in Italia ad un prezzo tra le 2.000 e le 3.000 lire. Le olandesi, più alte e affusolate, producevano più latte anche se meno concentrato.
A Sant’Angelo furono soprattutto i Bertolotti a puntare su questo mercato. Alla fine degli anni Venti, Ettore e un olandese di Nijmegen, tale Ciriel Pauwels, strinsero un accordo per inviare in Italia i primi due vagoni di mucche da latte. Dopo un viaggio di una decina di giorni le bestie arrivavano a Lodi e da lì, dopo essere state scaricate, venivano condotte alle stalle santangioline dei Bertolotti.


Immagine pubblicitaria della ditta F.lli Bertolotti


Erano gli anni in cui le famiglie che operavano nel commercio si evolvevano e si trasmettevano saperi all’interno dei mercati di bestiame. Anche a Sant’Angelo c’era una Fiera agricola, il tradizionale Festòn della prima domenica di luglio. Per due giorni via Morzenti e la “piazza nuova” (oggi piazza duca degli Abruzzi) erano trasformate in un grande mercato di bovini, con centinaia di capi in esposizione. Non mancavano neppure ca-valli e asini. Gli espositori erano una dozzina che con il passare degli anni andarono però riducendosi, fino al momento in cui la Fiera dei bovini si estinse. Oggi il Festòn è un mero giorno di festa segnato in rosso sul calendario dei santangiolini, senza che nessuno più si curi di spiegare alle giovani generazioni la sua storia.
Dopo l’evoluzione dei primi anni Trenta il commercio attraversò il periodo dell’embargo, deciso dalla Società delle Nazioni (una organizzazione simile all’odierna Onu) ai danni dell’Italia per le campagne d’Africa di Mussolini. Non mancarono gli stratagemmi per importare comunque dall’estero. I bovini figuravano come venduti in Germania, ma in realtà arrivavano in Italia. Un sistema per aggirare l’embargo, dal momento che il traffico tra Italia e Olanda era bloccato, ma non quello tra Italia e Germania, destinate ad allearsi in vista della seconda guerra mondiale.
Achille Corbellini, figlio del commerciante Gino, ricorda ancora oggi un viaggio fatto in treno ad accudire le mucche olandesi che il padre aveva appena acquistato.
Dopo la campagna d’Africa e il patto con la Germania nazista, anche l’Italia entrò nella seconda guerra mondiale. Durante il conflitto l’arrivo dei bovini si era diradato e allora Ettore Bertolotti cercò strade alternative. Conobbe Beniamino Gigli, il famoso cantante lirico, il quale a Recanati aveva grandi tenute con decine tra buoi maremmani e cavalli. Gigli decise di vendere tutto il parco animali e sostituirlo con trattori. Bertolotti non si lasciò sfuggire l’occasione e tornò a Sant’Angelo con una quarantina di grandi buoi dalle lunghe corna, che arrivavano anche ad un metro di estensione.
Passata la guerra il commercio subì un nuovo impulso. I Bertolotti vinsero tra il 1947 e il 1949 il primo premio alla Fiera agricola di Milano per i bovini e i cavalli. Ettore lavorava con Giovanni Bertolotti, detto Nino.


Giovanni Bertolotti padre di Ettore


E tra il 1947 e il 1948 arrivò un affare sensazionale: l’acquisto di 5.000 mucche olandesi, all’interno di un progetto di scambio tra l’Italia e i Paesi Bassi. Erano anni di forti tensioni politiche. Bertolotti decise di andare fino in fondo all’affare, convinto di poter dividere l’enorme carico di bovini con altri commercianti. Pochi giorni prima del voto del 1948, con il timore che i comunisti salissero al potere, molti commercianti frenarono l’idea di Ettore. Lui però decise di andare avanti. Alle elezioni vinse la Democrazia Cristiana, il successo fu enorme. L’affare con gli olandesi si concretizzò senza più lo spauracchio russo.
Il grosso colpo segnò però il culmine dell’esperienza della famiglia Bertolotti. Ettore nel 1949 morì, lasciando tre figli piccoli. Gli animali furono venduti. Le stalle, vuote ma intatte, resistono ancora oggi nel centro di Sant’Angelo.
A partire dalla fine degli anni Cinquanta e con maggior forza nei decenni successivi, si estinse l’epopea dei commercianti di bestiame che trattavano nei mercati, facevano le stime ad occhio e capivano l’età di una mucca dalla sua dentatura. I fittavoli iniziarono a far riprodurre nelle loro stalle i bovini e l’avvento dei grandi macelli creò pochi e concentrati luoghi di produzione.
Lorenzo Rinaldi

(Hanno collaborato Achille Corbellini e i fratelli Antonio e Gianni Bertolotti)