La passione di Giuseppe Mascheroni per il paracadutismo sportivo

L’emozione e il coraggio di un salto tra le nuvole

Giuseppe Mascheroni atterra in piazza della Vittoria a Lodi, in occasione della Festa dello Sport, il 5 settembre 1999

Volare a corpo libero è senz’altro uno dei sogni che accompagnano l’uomo fin dagli albori della civiltà. Ci sono persone che si avvicinano a realizzare quel sogno, nell’emozione di un salto da 4.000 metri: tra questi c’è Giuseppe Mascheroni, santangiolino appassionato di paracadutismo sportivo.
Mascheroni, in realtà, iniziava la sua avventura nell’esercito, che per molti anni ha rappresentato l’occasione migliore per mettersi sulla strada, o sulla pista di volo che porta al paracadutismo. Nel 1961 Mascheroni partiva per il servizio di leva, chiamato presso Merano ad entrare in Cavalleria.
Da bravo santangiolino si rendeva subito conto che un lancio da cavallo non può portargli grandi risultati; chiedeva quindi il trasferimento e veniva dislocato a Pisa, alla scuola di volo, dove otteneva il brevetto.
“Ho sempre desiderato praticare questo sport – dice Mascheroni – e dopo il militare non ho mai smesso di fare lanci, quindi sono passato dal brevetto militare alla licenza sportiva”.
Negli anni ’70, il periodo di maggiore attività, Mascheroni è arrivato a superare i 100 lanci all’anno, sfruttando tutti i fine settimana e saltando più volte nello stesso giorno: “Si andava a Reggio Emilia, poi io e la mia squadra siamo passati al centro volo di Cremona, tra gli anni ’80 e ’90, e dagli anni ‘90 Montichiari e Verona. Oggi non mi lancio più spesso come una volta, vado un paio di volte al mese…” insomma, se non sono tutte le settimane, comunque una sì e una no.
La squadra a cui fa riferimento Mascheroni è formata, oltre a lui, da altri sette paracadutisti provenienti da Bre-scia, Cremona, Vaiano Cremasco e Lodi.


Giuseppe Mascheroni


“La specialità che ci impegna di più – racconta – è quella di lavoro relativo: in pratica consiste nell’uscita in quattro per andare a realizzare le varie trasformazioni”. Le trasformazioni sono le figure prestabilite che i componenti della squadra devono comporre in caduta libera. In sede agonistica il punteggio è dato dal numero di figure correttamente eseguite in tempo utile.
“Ci sono poi altre specialità, come il free-fly – spiega Mascheroni – che si differenzia dal lavoro relativo perché è basato sul volo verticale. Per capirci: quando si effettuano le trasformazioni nelle formazioni di lavoro relativo, la posizione in caduta è con la pancia rivolta al terreno, in volo piatto. Nel free-fly, che è una disciplina individuale, si cade a testa in giù e la difficoltà sta nel mantenere il controllo in tutte le posizioni di volo. Negli ultimi anni questa tecnica si è sviluppata differenziando la caduta a testa in giù dalla caduta in piedi” (head-down o stand-up, ndr).
“C’è anche la tecnica canopy – continua Masche-roni – che si distingue perché la parte agonistica non si svolge in caduta libera ma a vele aperte”.
Il canopy piloting (o swooping) comprende gli atterraggi di precisione, in cui si deve centrare un bersaglio e la composizione di figure in squadra: “È una delle specialità più faticose, perché impegna tantissimo le braccia nello sforzo di frenare e direzionare le vele”.
Oggi giorno, per chi si vuole avvicinare a questo affascinante sport, ci sono altre alternative rispetto all’arruolamento nella Folgore: “Se uno è in buone condizioni fisiche e si impegna a se-guire assiduamente il corso in uno dei tanti centri volo sportivi, nel giro di tre mesi può completare la formazione teorica e pratica e ottenere la licenza rilasciata dal-l’Enac (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, ndr), valida otto anni con controllo medico annuale”.
Il corso di formazione (i cui costi si aggirano intorno ai 1.200 euro) prevede lanci in tandem, vale a dire agganciati all’istruttore, per capire se si ha la stoffa.
Per poi passare attraverso una lunga serie di lanci affiancati da due istruttori, poi uno solo che aziona il paracadute dell’allievo, poi ancora un istruttore che rimane a fianco dell’allievo in tutte le fasi della caduta insomma, com’è prevedibile, niente è lasciato al puro coraggio né tanto meno all’incoscienza.
“Con una buona vela – spiega Mascheroni – si possono effettuare circa tremila lanci. Quella che sto utilizzando adesso è senz’altro l’ultima della mia carriera, perché poi sarò troppo vecchio per continuare. Purtroppo il costo dell’attrezzatura è l’ostacolo maggiore, oggi, alla diffusione del paracadutismo. Ma di sicuro è meglio non risparmiare sulla sicurezza di una persona, è quella che conta: lo dice uno che si è rotto tutte e due le gambe, ma poi ha ricominciato a saltare”.
Giuseppe Sommariva