A sessant'anni dalla Liberazione
Per non dimenticare
chi ha sofferto e lottato
per una società migliore

Lapide posta sulla facciata dell'ex palazzo comunale di Sant'Angelo, all'indomani del 25 aprile 1945

La data del 25 aprile rappresenta un giorno fondamentale per la storia della giovane Repubblica Italiana. E' l'anniversario della rivolta armata partigiana e popolare contro le truppe di occupazione naziste e contro i loro fiancheggiatori fascisti della Repubblica Sociale Italiana.
Alla liberazione dell'Italia dalla dittatura si arrivò grazie al sacrificio di tanti giovani che, pur appartenendo ad un ampio ed eterogeneo schieramento politico (dai comunisti ai militari monarchici, passando per i gruppi cattolici, socialisti ed azionisti), si chiamavano con un solo nome: partigiani. Furono loro a combattere al fianco di molti soldati provenienti da paesi diversi e lontani (dagli Stati Uniti all'Australia, senza dimenticare inglesi e francesi), ma tutti accolti come alleati. La Resistenza coinvolse solo gli abitanti delle aree centro-settentrionali occupate dai nazisti.
Essa non fu affatto una guerra di italiani contro italiani, non fu una guerra civile, ma al contrario fu lo scontro tra soldati e combattenti italiani contro gli invasori tedeschi ed i collaboratori repubblichini. Il 25 aprile 1945 (di cui quest'anno ricade il sessantesimo anniversario), l'ordine di insurrezione generale venne impartito dal Clnai (Comitato di Liberazione Alta Italia), che in qualità di organo delegato dal governo di Roma assunse i pieni poteri civili e militari. Milano fu una delle capitali della rivolta: lo stesso giorno infatti iniziò lo sciopero generale e l'occupazione delle fabbriche. La Guardia di Finanza, in nome del Comitato di Liberazione Nazionale, prese possesso della Prefettura. Si concentrarono sulla città i reparti partigiani delle campagne circostanti. Gli alleati entrarono in una Milano ormai liberata il 30 aprile.
La storia dell'Italia repubblicana fonda interamente le proprie basi sull'esperienza dell'antifascismo, motore della lotta di Resistenza partigiana. Il 25 aprile 1945 resta una data storica per gli italiani, la data della liberazione dai nazifascisti. Segna un punto di svolta radicale: il passaggio da una dittatura ventennale ad uno stato democratico.
Con il referendum del 2 giugno 1946 inoltre, gli italiani decidono una nuova forma di organizzazione statale, abbandonando la monarchia e scegliendo la repubblica. La libertà e il benessere di cui l'Italia ha potuto godere a partire dalla fine della seconda guerra mondiale traggono origine da una data: il 25 aprile 1945.
Per ricordare il sacrificio di molti giovani, che scelsero di lottare per una patria migliore, a pagina 3 proponiamo le storie di due partigiani: Giovanni Subinaghi e Luigi Castellotti.

L. R.

Giovanni Subinaghi

Giovanni Subinaghi è nato a Sant'Angelo il 17 ottobre del 1925, ed è morto il 14 marzo 2005, poche settimane fa. E' stato tra i protagonisti della Resistenza, avendo operato durante il 1944 nelle file del movimento di liberazione "Giustizia e Libertà".
Il partigiano Subinaghi arriva a Romagnese nell'estate del 1944, ed entra nella sesta brigata di "Giustizia e Libertà", formazione in cui affluirono anche molti altri santangiolini. Romagnese è un piccolo centro collinare dell'Oltrepò pavese, distante circa 6 chilometri da Zavattarello. All'interno della sesta brigata, viene assegnato al distaccamento che agisce nella zona di Volpara, Golferenzo e del passo del Carmine, e si occupa delle normali attività partigiane, come la vigilanza e l'individuazione di infiltrazioni fasciste.
Sul finire della sua esperienza però, affronta anche la battaglia del Lagone, uno degli snodi fondamentali, nei monti sopra la cittadina di Bobbio, nello scontro tra i partigiani di GeL e i nazi fascisti. Con Subinaghi, nel distaccamento della sesta brigata, ci sono anche altri due giovani santangiolini: Franco Mondini e Davide Muzzani.
La scelta di entrare a fare parte del movimento partigiano di "Giustizia e Libertà", per Subinaghi come per altri suoi concittadini, ai tempi nemmeno ventenni, è dettata dal fatto che, non avendo aderito alla Repubblica Sociale di Salò, sarebbero stati destinati con tutta probabilità ad essere internati in Germania. E in fondo, il no attribuito alla realtà repubblichina, è la costante che accomuna l'intera lotta partigiana italiana, aldilà delle radici politiche di fondo.

Giovanni Subinaghi, partigiano di "Giustizia e Libertà"

Alcuni partigiani santangiolini, che entrano a far parte della sesta brigata di GeL, partecipano, il 28 novembre 1944, alla battaglia del Lagone, combattuta tra i monti della Val Trebbia, nei pressi di Peli, in comune di Coli (638 metri di altitudine), sopra l'abitato di Bobbio. Tra questi c'è anche Giovanni Subinaghi. Lo scontro vede coinvolti i partigiani di cinque brigate di "Giustizia e Libertà" che cercano di fermare l'avanzata dei rastrellamenti nazifascisti.
Tra le particolarità di questa battaglia, la composizione delle divisioni tedesche, formate da ufficiali originari della Germania e da truppe chiamate dai partigiani "calmucche " o "mongole", perché composte da militari della Russia orientale, fatti prigionieri dai tedeschi nelle loro campagne militari d'occupazione. La battaglia del Lagone si risolve a favore dei partigiani, e consente quindi alle formazioni di GeL di effettuare spostamenti su posizioni migliori dal punto di vista difensivo e ritardare in questo modo la risalita dei nazifascisti. Subito dopo lo scontro, la sesta brigata si sposta fino a Santo Stefano d'Aveto (GE) e per quella via rientra a Romagnese (sede di comando) nel me-se di dicembre.
Dall'esperienza partigiana, Subinaghi riporta una ferita alla gamba, procuratosi però non in attività di guerriglia, ma nelle operazioni di pulizia dell'arma. La ferita, fortunatamente, non gli procura particolari conseguenze. La sesta brigata di GeL contava circa 200 partigiani, anche se i numeri variavano in continuazione. Parte di questi erano alpini della divisione Monterosa (divisione della Repubblica di Salò) che si erano ravveduti dopo la scelta iniziale di combattere per i nazifascisti e avevano scelto di lottare per la libertà della patria.
"Giustizia e Libertà" è un'organizzazione antifascista fondata a Parigi nel 1929 da alcuni fuoriusciti italiani tra cui Carlo Rosselli, Emilio Lussu, Alberto Cianca e Ernesto Rossi, che riprendevano i temi del socialismo liberale. Il movimento si pose immediatamente il compito di organizzare la Resistenza contro il fascismo, costituendo gruppi clandestini in Italia e promovendo un'intensa attività di propaganda. Allo scoppio della guerra civile spagnola organizzò proprie brigate di volontari a sostegno della repubblica. Si sciolse di fatto quando le truppe tedesche occuparono la Francia nel 1940. Nella Resistenza i suoi militanti aderirono al Partito d'Azione, le cui brigate partigiane conservarono tuttavia il nome di Giustizia e Libertà.

Lorenzo Rinaldi

Luigi Castellotti

Luigi Castellotti nasce il 30 ottobre 1910 a Lodi, al civico 10 di via Solferino. La sua vita è segnata dalla passione per la musica. Si diploma in contrabbasso presso l'Istituto Musicale "Franchino Gaffurio", e, tra le altre cose, costituisce e dirige per trent'anni, dal 1955 al 1985, il "Circolo Mandolinistico" di Lodi. Tramite l'insegnamento del padre Gaetano, Castellotti intraprende l'arte del liutaio e accordatore di pianoforti e strumenti musicali, per la quale sarà poi apprezzato in tutta la Lombardia. Durante la seconda guerra mondiale, è partigiano, protagonista della lotta di resistenza a Sant'Angelo, comune di sua residenza dal 1940 al 1952, in seguito al matrimonio con Anna Zaina (soprannominata "la singer"). Dal 1943 è vicino alla quarta brigata di "Giustizia e Li-bertà" operante a Romagnese, con lo pseudonimo di battaglia "il musicista".
L'esperienza partigiana di Castellotti è raccontata, come il resto della sua vita, in due volumi, intitolati Le mie memorie, scritti all'età di novant'anni. Il legame tra il cittadino lodigiano e la realtà di Sant'Angelo coincide dunque con la Resistenza.
La decisione di operare al fianco della quarta brigata "Giustizia e Libertà" è spiegata dal "musicista" nel primo dei due volumi. "La mattina dell'otto settembre 1943 -scrive Castellotti- in una caserma di Piacenza, c'è un certo subbuglio. Il colonnello ha radunato tutti i soldati e ufficiali nel cortile e si appresta a tenere loro un lungo e strano discorso al termine del quale esorta i soldati a consegnare le armi ai militari tedeschi che sarebbero arrivati sul posto qualche ora dopo. Fra gli ufficiali che assistevano a questo sproloquio, vi era anche il sottotenente Sandro Tonolli, che, appena udì l'ordine di resa, balzò fuori dalla fila e corse davanti al colonnello, accusandolo di non essere un soldato italiano ma un vigliacco graduato venduto al nemico. Poi, rivoltosi ai soldati, ordinò loro di rendere innocue tutte le armi che esistevano in caserma meno naturalmente quelle che i militari dovevano portare con loro se lo avessero seguito. Il sottotenente disse ai soldati che avrebbe raggiunto una brigata partigiana dislocata sulle colline intorno al Monte Penice. Un bel gruppo di soldati si unì a lui. Dopo pochi mesi, la quarta brigata "Giustizia e Libertà" Oltrepò pavese, comandata da un certo capitano Giovanni, si arricchì di un bel numero di volontari santangiolini, che però, rimasero sotto la direzione del sottotenente Tonolli. In seguito si aggiunsero il sottotenente Piero Speziani e il tenente Gino Castellotti (omonimo del "musicista")".

Luigi Castellotti, partigiano "musicista"

Tra i fatti di vita partigiana che Castellotti ricorda nelle sue memorie, c'è una spedizione da Romagnese a Sant'Angelo, per far rifornimento di armi leggere. "Il sottotenente Speziani, il sottotenente Tonolli e il tenente Castellotti -scrive- ricevettero la nomina a tenente e capitano mentre erano già in montagna. L'inverno del '43 fu rigidissimo e i partigiani privi di indumenti pesanti soffrivano il freddo pungente. A Sant'Angelo era di stanza la brigata San Marco (formazione militare repubblichina), i cui soldati vendevano, intascandosi il guadagno, le coperte di lana. Dovevano averne una buona scorta, così che i nostri amici pensarono di alleggerirli un poco. Una notte, con un camioncino chiuso, vennero a Sant'Angelo, bloccarono la sentinella e il capoposto e, dopo averli disarmati e legati alle loro brandine, minacciandoli con un mitra, sequestrarono tutte le armi leggere con le loro munizioni, tutte le bombe a mano e portarono via tutte le coperte di lana che trovarono, comprese quelle delle loro brande".
Una descrizione del clima che si respira a Sant'Angelo dopo l'otto settembre, il "musicista" la propone quando racconta di un fatto avvenuto nell'autunno 1944: "Un giorno venne a Sant'Angelo uno sconosciuto. Vestiva elegantemente, guidava una fuoriserie e sosteneva di essere incaricato dal Governo Italiano di rifondere le spese sostenute per il mantenimento dei prigionieri nascosti sia dai privati che dai sacerdoti. Un ingenuo giovane sacerdote ci cascò, non valutò neanche come mai quello potesse viaggiare su una fuoriserie mentre a tutti gli italiani erano state sequestrate auto e moto. Così diede, in buona fede, l'indirizzo di un parroco di una paese vicino. Il giorno dopo un manipolo di camicie nere arrestò il parroco e portò via ancora quei pochi prigionieri che teneva nascosti".
Castellotti muore a Lodi il 18 aprile 2003.

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