Il castello Bolognini,
storia, risorsa e anima di pietra della città

Questo articolo, redatto dall'architetto Giovanni Campus, consulente della Fondazione Morando Bolognini, fa parte di in più ampio studio di fattibilità sul recupero del nostro castello. Il progetto si prefigge l'obiettivo di rompere l'isolamento del maniero e restituirlo al suo territorio recuperando il legame con l'abitato

Il castello Bolognini in una foto, un poco sbiadita, di fine Ottocento

C'è una fotografia del nostro castello, scattata alla fine dell'Ottocento, che ce ne restituisce un'immagine per noi insolita; precedente al restauro novecentesco. Si tratta di una foto preziosa, realizzata scegliendo con cura il punto d'osservazione, su una posizione elevata al di là dal fiume. Ci fa vedere insieme il ponte, il castello, la strada che conduce alla piazza e, sullo sfondo, la torre principale.
Purtroppo di quest'immagine possediamo soltanto la fotocopia di una riproduzione sbiadita, con dettagli poco chiari e bordi sfumati. Chissà se da qualche parte, forse fra le carte dei nostri lettori, si può trovare ancora una stampa di prima mano.
Le antiche fotografie sono diventate importanti per lo studio del monumento, non sono soltanto curiosità del passato. Esse ci mostrano i dettagli come nessun documento scritto saprebbe fare; ci restituiscono l'opera nel suo aspetto lontano e, in un certo senso, più autentico.
Sant'Angelo possiede un ricco patrimonio d'immagini del castello, disperso però in tante raccolte private, spesso ignorate o dimenticate. Sarebbe utile provare a raccogliere queste antiche riproduzioni, che oramai possiamo chiamare storiche, ed organizzare un archivio, aperto a coloro che vogliano studiarle; magari con sede nel castello stesso o divulgate attraverso il suo sito internet.
Torniamo però alla nostra foto. Questa, nonostante sia poco nitida, ci lascia scorgere il volume compatto della costruzione, così come supponiamo fosse alle origini. Soltanto l'ampiezza della facciata è leggermente più ridotta. E' verosimile che la fortezza, nei primi tempi della sua esistenza, fosse più estesa sul versante occidentale, oggi occupato dalla via Bolognini.
Per il resto, l'altezza originaria era quella che vediamo attualmente. Le torri angolari erano tutte simili a quella che scorgiamo al centro della foto. Insomma la fortezza degli inizi si presentava in modo non molto dissimile da com'è ritratta qui, una massa solida ed imponente, primitiva e rude, circondata da un fossato.
La torre sullo sfondo, separata dal castello, è una ricostruzione o, più facilmente, una sopraelevazione di un torrione preesistente, posto a guardia dell'ingresso urbano. E' probabile che il sopralzo, più che rafforzare realmente le difese della città, avesse il solo scopo di esaltare l'aspetto imponente della torre stessa. Caduto questo proposito, nel corso dei lavori, la torre rimase incompiuta. Fu il restauro del 1904 ad includere la merlatura attuale.
Insieme al castello fu innalzata una cinta muraria a difesa del borgo. Non sappiamo se questa percorresse tutto il perimetro dell'abitato, ma, certamente, comprendeva la sponda verso il giardinone.
Qui le case hanno invaso il muraglione, distruggendolo o incorporandolo negli spazi domestici. Dell'antico confine fortificato è tuttora visibile, di fronte al giardinone, solamente un tratto di pochi metri. Probabilmente alcune delle case vicine conservano ancora pareti di spessore insolito o stanze imponenti, ultimo avanzo di qualche torre insediata lungo le antiche difese.
Castello e cerchia urbana quindi costituivano, in epoca medievale, un sistema protettivo unitario e massiccio; insolito per un borgo di piccole dimensioni. Circa l'epoca della fondazione, le prove raccolte finora sono incerte. Bisogna tornare indietro nel tempo, fino al 1200 o forse alla fine del 1100. Molte risposte sono conservate nelle mura della fortezza. Quando dovessero prendere avvio le opere di recupero, esaminando l'edificio più a fondo, sarà possibile decifrarne la storia con qualche certezza in più.
Indubbiamente si tratta di una storia aspra. La fortezza è sorta per ragioni militari, in un'epoca lunga e tragica durante la quale la campagna del lodigiano è stata attraversata da guerre e saccheggi. Vi furono scontri violenti che dilaniarono l'intera regione, schierando le città, una contro l'altra, in alleanze spesso occasionali. La posta in gioco era il controllo delle vie di comunicazione, dei fiumi, dei passi alpini e delle risorse naturali. Alla fine prevalse Milano. Fu nel corso di questa secolare contesa, tra il 1100 ed il 1300, che il nostro castello venne costruito, abbattuto e ricostruito, divenendo oggetto di ripetute dispute.
In seguito, come altri fortilizi scampati alla rovina, fu impiegato per usi pacifici. A differenza di altri, però, la sua immagine non ha subito grandi cambiamenti, non è mai stata, per così dire, ingentilita. Non possiede i loggiati raffinati del castello di Pavia né gli affreschi d'Angera. E' rimasto a metà strada, senza riuscire ad assumere un aspetto adeguato ai nuovi impieghi civili. Ha conservato fino a tutto l'Ottocento la forma dimessa di un corpulento castellone di campagna.
Questo era e, in certa misura, è rimasto il suo carattere più particolare, spoglio e primitivo, ancora così evidente nella nostra fotografia. Soltanto il restauro del Novecento ne ha, in parte, nobilitato i tratti. Tuttavia, nonostante quest'apparenza disadorna o forse proprio per questo, nelle sue forme costruttive restano impressi i caratteri eloquenti delle origini.
Il nostro castello possiede, in ogni caso, la solidità dei grandi monumenti. Questo gli ha permesso di spingersi fino alla nostra epoca, a dispetto del trascorrere del tempo, nel guscio fragile e tranquillizzante del borgo santangiolino. Eppure oggi il gigante è irrequieto, mostra segni di sofferenza. La sua stabilità è divenuta più precaria e richiede rilevanti opere di consolidamento. Il suo utilizzo appare inadeguato, povero di prospettive. I musei, che pure custodiscono storie pregevoli, manifestano una palese difficoltà a comunicare, ad attirare nuove attenzioni. Si va allargando lo scarto tra le grandi potenzialità racchiuse nel monumento ed il suo utilizzo corrente.
Un periodo storico sembra essersi definitivamente chiuso. Dall'ultimo restauro ci separano precisamente cento anni. Forse è maturo il tempo per pensare a nuovi progetti che sappiano rigenerare il monumento.
Occorrerebbe, insieme al consolidamento delle mura, ridefinire le destinazioni del castello stesso, i modi per superarne l'isolamento, per recuperarlo ed insieme rivitalizzarlo. Oggi le questioni sembrano approdare a questo nodo cruciale, tutto potrebbe essere rimesso in gioco: il suo concreto uso, la sua natura proprietaria, il suo stesso aspetto fisico.
Questo stato di cose potrebbe offrire un'importante occasione per Sant'Angelo, se si trovasse la capacità di raccogliere la sfida e dare risposte adeguate. Il castello è il suo pezzo più pregiato; storia, risorsa ed anima di pietra della città. Il rilancio del monumento, un suo uso complessivo e sistematico potrebbe anche richiamare nuove attività, oltre che rinnovare la faccia stessa del centro abitato.
Due questioni andrebbero, prima d'ogni altra cosa, affrontate: la prima riguarda proprio l'immagine fisica d'isolamento e d'abbandono che offre il castello. E' fatta di muri che ne occultano la vista, di edifici inutilizzati che deprimono l'aspetto urbano, di spazi aperti impraticabili e vuoti, come la corte centrale, di spazi aperti trascurati, come il giardinone. La seconda questione è meno immediata ma forse più rilevante, riguarda ancora la solitudine del castello, ma questa volta nei confronti del territorio.
La fortezza non è soltanto patrimonio di Sant'Angelo. Il suo rilancio è attuabile soltanto fuori della cerchia urbana, entrando nel sistema delle risorse del territorio lodigiano e della regione lombarda, della quale esso è uno dei monumenti più imponenti e trascurati.
Certo un intervento di recupero, che richieda ingenti investimenti di risorse tecniche e finanziarie, è spesso valutato come operazione rischiosa ed antieconomica, da lasciare in carico alla sola mano pubblica.
In realtà non è così, diverse esperienze, proprio nel riuso di antichi castelli, dimostrano il contrario.
Nel nostro caso l'unica strada praticabile è la combinazione di investimenti pubblici e privati.
Sarà necessario, in ogni caso, considerare la complessità dei problemi sapendo che qualsiasi soluzione può essere presa in considerazione, tranne la rinuncia ad intervenire.
Abbiamo iniziato parlando di una storia secolare, che ora fatica a trovare nuove strade. Se mai quest'avventura dovesse avere un seguito potrebbe accadere che, fra molti anni, le future generazioni guardino le immagini del castello attuale con lo stesso stupore che noi manifestiamo, oggi, per le foto dell'ottocento.

Giovanni Campus

Per chi volesse approfondire l'argomento, presso gli uffici della Fondazione siti in Castello, è disponibile l'elegante cartella contenente l'intero studio.

CHIUDI ARTICOLO